di Roberto Zadik
Solitamente si parla di amore nelle canzoni, al bar fra amici oppure nei film ma è difficile immaginarsi questo argomento in relazione a Dio e alle tre grandi religioni monoteiste. Come affrontano il tema, sicuramente molto complesso anche per gli innamorati, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam e quali sono i testi e le fonti da cui trarre importanti insegnamenti specialmente rivolti alle giovani generazioni?
Questa e tante altre domande e tematiche sono state al centro dell’interessante incontro tenutosi mercoledì 23 ottobre nell’aula 400 dell’Università Statale. Organizzato da Fuci (Federazione Universitaria Cattolica Italiana ), dall’Unione Giovani Ebrei Italiani, Ugei, Coreis, Comunità Religiosa Islamica, ospiti dell’incontro che si è svolto in un clima decisamente sereno erano Gheula Canarutto Nemni, scrittrice, Abd Al Ghafur Masotti, Comunità religiosa islamica (Coreis), Padre Silvano Fausti, della Comunità di Villa Pizzone. Presente in sala, in prima fila, lo Shaykh, Abdel Wahid Pallavicini, presidente della Coreis, che alla fine della serata ha preso la parola stimolato dal pubblico.
L’incontro è cominciato con una breve introduzione di Gabriele Scotti, membro della Fuci, che ha sottolineato l’importanza del dialogo interreligioso “non potendo prescindere dalla conoscenza e dal rispetto delle altre religioni specialmente in una società come la nostra che deve essere il più possibile democratica e pluralista”. Scotti ha fatto sapere che questo è il primo di una serie di incontri in Statale, e che il prossimo si terrà il 21 novembre, sul delicato tema della giustizia.
A cominciare il dibattito è stata Gheula Canarutto Nemni, autrice del libro “(Non) si può avere tutto”, che ha cominciato citando il grande Woody Allen e parlando del rapporto fra Dio e la creazione del mondo in relazione alla Cabala e al sentimento amoroso. Nella sua esposizione la Canarutto ha illustrato i concetti importanti di Hokhmà, saggezza, Binà, intelligenza, Chesed, bontà, amore e Ghevurà, forza, che stanno alla base del mondo, sottolineando il legame fra amore e forza e la necessità per l’ebraismo di unire, dalle mitzvot al sentimento amoroso nel matrimonio, il mondo materiale e la spiritualità. “Tutto si basa su regole molto precise e nella nostra religione è molto importante il corpo, le azioni concrete. Per questo, nell’amore come nella fede, l’uomo deve cercare una totale unità con Dio; così nella coppia, marito e moglie devono fondersi assieme. Del resto, prosegue la Canarutto “Amore in ebraico si dice Ahavà, che secondo la Ghematrià, la numerologia ebraica, ha lo stesso numero di Echad che significa uno, unità e unicità”. “Per questo anche sentimentalmente” continua “si dice che si è in cerca della propria dolce metà, alludendo al senso di completamento”. La Canarutto nel suo intervento, parlando dell’amore nell’ebraismo, ha citato una serie di fonti dalla Torà, la parashà di Chaye Sarah e l’amore incondizionato di Abramo per la moglie scomparsa; da Rambam, al Cantico dei Cantici (lo Shir ha Shirim) “bellissima poesia” di Re Salomone dove si parla del rapporto fra l’uomo, la sposa e Dio che è il marito e “in questo componimento egli aspetta pazientemente che questa sposa un po’ birichina torni finalmente da lui”.
“L’amore” ha continuato la studiosa “è una delle mitzvot più alte” riassumendo alcune delle 613 mitzvot, dai tefillin alla kasherut, che “anche se sembrano molto materiali hanno alla base l’avvicinamento e la dedizione verso Dio”. Soffermandosi sull’importanza della materialità e della concretezza delle mitzvot, ha precisato che “il difficile è trovare la spiritualità nella quotidianità”. Del resto quando si ama Dio o il proprio coniuge “si ama per far felice l’altro e non per noi stessi. Bisogna mettere da parte il proprio ego per mettere l’altro al centro”.
Passando invece agli altri due ospiti, Masotti, esponente della Coreis, e don Fausti, essi hanno affrontato il tema dell’amore nell’islam e nel cristianesimo mostrando notevoli punti di contatto e di vicinanza fra le tre grandi fedi. Per quanto riguarda Masotti egli ha citato varie fonti antiche appartenenti alla tradizione religiosa islamica. Leggendo e commentando il testo “L’amore secondo l’islam” egli ha introdotto il suo intervento con la poesia di Rumi, poeta persiano vissuto quasi contemporaneamente a Dante, che si chiedeva “Cos’è l’amore?” affrontando il tema attraverso vari autori, come il maestro Ibn Arabi e Ibn Al Arif o i riferimenti nel Corano. L’amore per l’islam “non ha bisogno della mente per essere compreso, è un dono di Dio, una grazia della quale l’uomo non può prendere iniziativa da sé, in particolare imitando il comportamento del profeta dell’Islam”. Passando dall’amore per il prossimo, alla misericordia di Dio, “Se amate Dio seguitemi che Iddio vi amerà. Egli è misericordioso” (Corano), Masotti ha identificato importanti punti in comune con cristianesimo e ebraismo, come l’amore per il Dio unico e l’attenzione verso gli altri. Questo amore divino, deve trasferirsi, come ha sottolineato, anche nel matrimonio e nei rapporti fra coniugi che “devono essere improntati sull’amore reciproco, riflesso di quello divino, al di là dei clichè e degli stereotipi molto diffusi dai media quando si parla di Islam”. Per l’Islam dunque “il coniuge diventa lo specchio di Dio e l’amore il riflesso dell’amore per Lui”. Quando si dice che “Dio è amore il significato più elevato di tale espressione” ha continuato Masotti “è che l’archetipo di tutte le relazioni positive, coniugali, parentali, filiali e fraterne è indivisibilmente l’Uno”. Anche qui torna dunque il concetto del Dio e dell’amore e dell’Unicità. Masotti ha concluso leggendo un passo della Common Word “Parola Comune” documento redatto da 138 guide religiose musulmane, fra cui l’imam Yahya Pallavicini, della Coreis, e citazione dal maestro Ibn Arabi: “L’amore è il mio credo e qualunque strada prendano i suoi cammelli, esso è la mia religione e la mia fede”.
Per ultimo, Padre Fausti, gesuita, ha parlato dell’amore nella fede cristiana, sottolineando l’importanza dei principi di solidarietà, rispetto e del ringraziamento a Dio, l’eucaristia, che “se non si dice grazie è già una disgrazia”, e l’importanza di “servire Dio non solo con l’amore , con dei sentimenti ma anche con delle azioni concrete”. Durante il suo discorso pacato ma incisivo, Padre Fausti ha citato varie fonti, da Ignazio di Loyola, fondatore dell’ordine dei gesuiti, fino alla lettera dell’apostolo Paolo ai Corinzi, ha sottolineato dunque il fatto che senza l’amore non siamo nulla, elencando alcuni caratteri dell’amore che “non serba rancore, non gioisce dell’ingiustizia, lascia spazio all’altro, che spera sempre e non tiene la contabilità del male”.
Alla fine dell’incontro dopo qualche domanda, ha parlato anche Pallavicini, che si è soffermato sul concetto comune alle tre religioni di contemplazione del cielo e ricerca della luce che “illumina i credenti di ogni tempo alla ricerca del Dio Unico”.
È stato, come si è detto, solo il primo di una serie di incontri a carattere interreligioso organizzati in collaborazione tra FUCI – Federazione Universitaria Cattolica Italiana, COREIS – Comunità Religiosa Islamica italiana e UGEI – Unione Giovani Ebrei d’Italia.
I rappresentanti delle tre associazioni, ritenendo fondamentale sviluppare il già esistente dialogo interreligioso e promuovere la convivenza e la coesione sociale nella nostra città che sempre più diventa multietnica e multireligiosa, hanno deciso di dare luogo ad una rinnovata collaborazione. La volontà e l’impegno in questo senso nascono con l’intento di dissipare la diffidenza e sviluppare collaborazione e solidarietà.
La diversità religiosa e culturale deve essere valorizzata come risorsa e ricchezza inestimabile per superare la diffidenza e i conflitti, verso la costruzione di una società pluralista in particolare per i giovani, fondamentali attori dell’educazione interculturale.