di Angelo Pezzana
[La domanda scomoda]
L’islamismo è un pericolo interno alle nostre società? Forse sì. Ce ne stiamo rendendo conto da almeno venticinque anni, ma i governi paiono ancora dormire. Ne avevamo avuto un’ennesima dimostrazione a gennaio, quando l’attivista Salwan Momika, iracheno, anti-islamista, per una sua protesta (per quanto estrema) è stato assassinato. Condannato a morte per blasfemia e ucciso in Svezia, non in Iraq, per aver bruciato copie del Corano. La Svezia non protegge i suoi rifugiati politici dall’islamismo, è bene ricordarlo come fa il napoletano Ciro Principe nei suoi ottimi video.
Non ci rendiamo conto che l’islamismo più feroce si sta impadronendo delle nostre città. A Mestre, non in una città mediorientale, islamici bengalesi si sono scontrati in una rissa violenta, perché appartenevano a correnti religiose diverse. Noi apriamo le porte all’islamizzazione. Come a Milano e a Torino, dove progetti di nuove moschee, con cupole e minareti, sono approvati da giunte di sinistra. Come nel Regno Unito, l’islamizzazione continua da più anni, addirittura si affida l’ente che ispeziona le scuole pubbliche a un imam di idee estremiste, Hamid Patel, come rivela Giulio Meotti nella sua informatissima newsletter. Il Regno Unito potrebbe diventare “uno Stato islamico con le bombe atomiche”, come ha dichiarato Suella Braverman, ex ministro degli Interni. L’islamizzazione è realtà e si può misurare con la fuga degli ebrei dall’Europa.
Continua il silenzio su Bouallem Sansal, lo scrittore algerino incarcerato a causa dei suoi libri in cui si denuncia la minaccia del totalitarismo islamico. In compenso, non si perde mai alcuna occasione per parlare male di Israele. Lo si fa a tutti i livelli: persino il Papa, appena uscito dall’ospedale, dopo una lunga malattia, è tornato ad attaccare Israele appena ha ritrovato il fiato per farlo, senza neanche una parola sugli ostaggi israeliani.
L’unico raggio di sole in queste tenebre arriva dall’America, dove Donald Trump ha finalmente deciso di espellere attivisti pro-Hamas dalle università. Ha revocato almeno 300 visti di studenti stranieri che si sono resi protagonisti di occupazioni e violenze antisemite, come fiancheggiatori di Hamas. I nostri giornalisti non l’hanno presa bene, soprattutto Massimo Gaggi, che sul Corriere della Sera, con il titolo “Il Pugno Duro di Trump sui Campus”, si lancia in una difesa sperticata degli espulsi, contro un governo che, a suo dire, “viola la libertà di espressione”. Argomenti che ribaltano la realtà, degni della propaganda iraniana.
Ma è purtroppo l’unica vera buona notizia. Perché per il resto Trump sta parlando lo stesso linguaggio di Putin, come rileva giustamente la giornalista Anna Zafesova. Trump vuole le risorse dell’Ucraina, mentre Putin non vuole cedere sul totale controllo di una “regione” che considera russa. In questo scenario in rapida evoluzione, Giorgia Meloni cerca di barcamenarsi, di tenere assieme Usa e Ue, aspettando dalla Russia un gesto di “buona volontà”. Auguri, davvero!