Ricordati dei giorni del mondo

Libri

di Roberto Zadik

Libro LarasRiassumere la vastità e la complessità del pensiero ebraico nei secoli è un’impresa a dir poco ardua, se si pensa alla sua storia millenaria, alla normativa (halakhà) e alla filosofia, antica, moderna e contemporanea che l’hanno attraversato nei secoli e a tutte le tematiche, i dubbi e le contraddizioni che lo caratterizzano. Per questo il nuovissimo libro “Ricordati dei giorni del mondo” scritto da Rav Giuseppe Laras, autorevole rabbino, docente universitario e presidente del Tribunale rabbinico del Centro Nord Italia, costituisce un’opera unica nel suo genere. Pubblicato in due volumi  dalla casa editrice EdB  e curato dal suo direttore, Monsignor e Professore Luigi Nason e realizzato con la preziosa collaborazione di Vittorio Bendaud, assistente di Rav Laras, il testo, introdotto da un’importante prefazione del Cardinal Martini, è stato presentato lunedì 9 marzo  nella Sala Grande del Teatro Franco Parenti.

Relatori dell’incontro sono stati, oltre al moderatore Vittorio Bendaud e a Monsignor Nason, il Rabbino Capo di Milano, Rav Alfonso Arbib, il direttore del Corriere della sera, Ferruccio De Bortoli, lo studioso, scrittore e storico dell’ebraismo italiano ed europeo e presidente del Meis, Riccardo Calimani e ovviamente l’autore del libro, Rav Giuseppe Laras. Presenti in sala varie personalità di spicco del mondo ebraico ma non solo. Infatti oltre al vicepresidente Ucei, Roberto Jarach, al vicepresidente comunitario Daniele Cohen e al consigliere e giornalista Stefano Jesurum, al Rabbino, Rav David Sciunnach, hanno assistito all’incontro appartenenti all’islam milanese come lo Shaykh Abd al Wahid Pallavicini presidente e fondatore della Coreis, Comunità religiosa islamica e Mustafa Roma, membro della Coreis.

La serata è cominciata con il saluto della direttrice del Teatro, la regista  Andreè Ruth Shammah che ha definito questa iniziativa come «un’occasione di pensiero “alto” che ci porta al di sopra della nostra quotidianità con questo libro; sono molto felice per le persone che sono venute qui per un testo fondamentale specialmente in un momento molto difficile come quello che stiamo vivendo». Subito dopo è intervenuto il moderatore dell’evento, Bendaud, che ha ringraziato la Shammah per “il coraggio e la disponibilità” e tutti i presenti. «Siamo qui fra amici, ci conosciamo quasi tutti, ebrei, religiosi e no, cattolici, musulmani». Bendaud ha poi presentato i relatori, ringraziando calorosamente Monsignor Nason per il suo contributo nella realizzazione dei due volumi e l’affermato saggista Calimani facendo sapere che «fra poco uscirà il suo terzo volume edito da Mondadori della sua Storia degli ebrei d’Italia».

Ma di cosa parlano questi due volumi? Di tantissimi argomenti che vanno dal Monoteismo, al pensiero biblico e profetico, alla filosofia ebraico-ellenistica, momento di fondamentale importanza e delicatezza per l’ebraismo, come ha sottolineato anche Rav Arbib, fino al pensiero talmudico e alla filosofia medievale e alle contaminazioni col mondo arabo. Insomma un incredibile misto di analisi teologica e storica, di filosofia, religione e etica e di molti altri temi, compreso un capitolo molto sofferto sul Novecento e le ferite della Shoah e le contraddizioni della contemporaneità.

Successivamente, dopo Bendaud, ha preso la parola il direttore del Corriere, De Bortoli che ha da subito sottolineato alcuni punti importanti. «Promuovere il dialogo in questo momento storico è più che mai necessario anche se assolutamente complesso e per questo è doveroso evidenziare la centralità del contributo che hanno dato in questo senso Rav Laras e il Cardinal Martini e il ruolo di primo piano che Milano ha avuto in questi anni nel diventare centro di accoglienza e di convivenza di tutte le religioni. La lettura di questi libri – ha continuato il giornalista – può illuminarci sulla difficoltà della condizione contemporanea, sulle domande importanti che ognuno di noi si pone sul mistero e sull’ignoto. In questo libro ho imparato molte cose e trovato molte risposte e si tratta di una grande opera e di una efficace mappatura del pensiero ebraico, che comunque non spetta a me riassumere».

Nelle pagine dei due volumi, Rav Laras approfondisce concetti importanti come trascendenza e immanenza di Dio, (pp. 28 e 29 del primo volume). A questo proposito, De Bortoli, sottolinea come «non siamo mai soli perché Dio è contemporaneamente lontano da noi e immerso nella quotidianità. Infatti Egli si incarna in noi e sta con noi e questo è contenuto sia nel pensiero ebraico che cristiano». Oltre a questo, il direttore del Corriere ha messo in luce un altro “passaggio molto significativo del libro” come il rapporto fra cultura ebraica e cultura greca e circostante e la complessità del tema dell’identità che come ha rimarcato «chi non è ebreo non capisce quanto sia problematico e contraddittorio. Questo scritto fa capire la profondità dei vari problemi identitari ebraici e affronta le difficoltà del dialogo interreligioso che sta passando un momento molto doloroso. Il dialogo deve restare una priorità, non si può cambiare la storia e negare sé stessi in nome del quieto vivere. Le tre religioni devono confrontarsi fra loro senza inutili paure e falsificazioni e appiattimenti della verità».

La serata ha riunito una serie di interventi importanti e di alto livello che hanno attinto tutti dal libro di Rav Laras per poi esplorare una serie di tematiche e di spunti di riflessione sul passato e sul presente. È il caso del Rabbino Capo, Rav Arbib, invitato dal moderatore Bendaud a esprimere, come autorevole rabbino, un parere sul libro di Rav Laras e sul suo approccio al pensiero ebraico.

«Si tratta di un’opera molto importante – ha detto subito Rav Arbib – estremamente coraggiosa che in certi passaggi fa tremare le vene dei polsi e veramente kol ha kavod e complimenti». Nella sua analisi il Rav si è soffermato su alcuni elementi testuali come il difficile confronto fra cultura ebraica e greca e sul rapporto fra ebraismo e altre culture. Citando la famosa traduzione della Bibbia dei 70 saggi, voluta dal Re Tolomeo in epoca ellenistica essa, secondo il Rav, «È un vero e proprio miracolo nella diffusione e nella trasmissione dell’ebraismo, come dice il Talmud nel trattato di Meghillà e tutte le traduzioni furono uniformi e concordi, anche esse presentano vari problemi perché il testo in diversi punti è stato modificato e snaturato».

«Bisogna saper parlare bene di ebraismo e la comunicazione di messaggi ebraici verso il mondo esterno è estremamente complessa perché – come ha ricordato il Rav, – siamo sempre chiamati a difenderci e il rischio di equivoci e di fraintendimenti è una costante. Ogni volta dobbiamo adattare la tradizione ebraica al pubblico che la recepisce, sia nell’ambiente ebraico che specialmente all’esterno e a seconda delle epoche, delle mentalità e dei contesti». Tornando al testo di Rav Laras, Rav Arbib ha da subito notato «il tocco rabbinico, già dal modo di trattare la cultura ebraica e il non scontato spazio che il testo riserva alla filosofia circostante». Rav Arbib sottolinea che nel testo «si vede una profonda conoscenza dell’Halakhà e tutti i grandi pensatori ebrei occidentali si sono confrontati su queste tematiche halachiche. La sfida di Rav Laras – ha concluso il Rabbino Capo, – è dunque presentare il pensiero ebraico in tutti i suoi aspetti senza dover riadattarlo».

Nella parte centrale dell’evento, Monsignor Nason ha espresso una critica alla Chiesa e alla tradizione cristiana attuale che «non conosce abbastanza i testi ebraici e la ricchezza concettuale dell’Antico Testamento e assistere alla nascita di questo testo di Rav Laras, per me è stata un’esperienza interessantissima». Analizzando il complesso la rapporto fra cristianesimo e ebraismo, il direttore della casa editrice del testo ha evidenziato come «non si possa conoscere il Nuovo Testamento se non lo si rapporta all’Antico o meglio al Primo Testamento. Gesù, Paolo e la prima generazione di cristiani avevano attinto in maniera sostanziale dalle Scritture» ha specificato. «Questo lo aveva capito molto bene il Cardinal Martini, soffermandosi sull’importanza dello studio del Talmud». Proprio riferendosi al Cardinale, scomparso il 31 agosto del 2012, Nason ha ricordato non solo la profonda amicizia con Rav Laras ma la grande vicinanza di Martini al popolo ebraico. Nel 1992 egli scrisse “Per comprendere noi stessi bisogna capire meglio la tradizione ebraica e i suoi insegnamenti e il valore effettivo delle sue Scritture. Non basta non essere contro gli ebrei, ma bisogna essere per il popolo ebraico”.

Ultimi due interventi sono stati quelli dello studioso, biblista e saggista ebreo veneziano Riccardo Calimani e la conclusione, molto emozionante, dell’autore dei due libri, Rav Giuseppe Laras. Nel suo discorso, Calimani è partito mettendo in luce la grande «profondità e originalità di pensiero di questi due testi che costituiscono una testimonianza preziosa e insostituibile». Nonostante questa premessa, Calimani analizza anche in maniera critica il testo, nella parte sul Monoteismo dove «sembra che sia stato creato dagli ebrei». E un altro punto segnalato da Calimani è che «il testo di Rav Laras è molto affascinante, ma ha liquidato in poche parole una figura importante come Baruch Spinoza».

In conclusione Rav Laras, che – come ha ricordato Vittorio Bendaud – il prossimo 8 aprile compie 80 anni, ha risposto con prontezza a Calimani per poi parlare del libro: «Mi è uscito insolitamente con molta fluidità e senza le solite cancellature». Ha poi ricordato i suoi maestri e gli anni giovanili della sua vita. Riguardo al Monoteismo e alle osservazioni di Calimani,  ha detto che in effetti il Monoteismo ebraico dipende sia ovviamente da Dio sia dalla scelta di Abramo che si oppose al politeismo e all’idolatria della sua città di Ur e del suo ambiente per aderire alla fede nel Dio unico. «Possiamo dire infatti, in modo provocatorio  – ha puntualizzato – che il Monoteismo l’abbiano creato sia Dio,  sia il popolo d’Israele».

Riguardo invece a Spinoza, Rav Laras ha detto che trattarlo in modo sintetico è stata una decisione molto sofferta: «I suoi testi teologici sono decisamente contraddittori dal punto di vista ebraico, in quanto si è ‘filosofi ebrei’ non solo se si è di religione ebraica ma se la propria percezione è in linea con l’ebraismo. Affermazioni come il fatto che ‘Dio è nella Natura’ non lo sono. Nonostante questo sono pentito di questa esclusione su Spinosa che nella sua vita ha parlato anche di Maimonide e di altri argomenti ebraici».

Concludendo la serata, Rav Laras ha ringraziato tutti i suoi maestri e le importanti personalità che l’hanno ispirato negli anni. Fra queste il Rav ha ricordato figure di primo piano, come Martin Buber, pensatore e filosofo, Nathan Rothenstein, insegnante ebreo austriaco conosciuto da lui in giovinezza, che parlando della contrapposizione fra ebrei religiosi e laici diceva “se non basta l’ebraicità bisogna guardare l’umanità delle persone” e il grande maestro Leon Ashkenazi che attirava i giovani facendoli divertire giocando con loro a calcio per poi insegnarli la Torah. «Tutte queste figure hanno contribuito alla nascita di questo libro e mi hanno influenzato molto».