“Madame Bovary, c’est moi” la scrittura empatica di André Aciman

Libri

di Cyril Aslanov

[Ebraica. Letteratura come vita]

Sembra che Gustave Flaubert non abbia mai pronunciato questa frase, “Madame Bovary, c’est moi”, che gli è stata attribuita da tutti coloro che ammiravano il modo in cui era capace di immaginare la vita interiore di Emma Bovary. D’altronde, nel 1868, dodici anni dopo la pubblicazione di Madame Bovary, lo scrittore francese scrisse a Hippolyte Taine: “Quando scrivevo l’auto-avvelenamento di Emma Bovary, sentivo così fortemente il gusto dell’arsenico in bocca, avevo così tanto avvelenato me stesso che mi sono venute due indigestioni … realissime. Infatti, ho vomitato tutta la mia cena”. Questa descrizione metaletteraria della capacità di empatia che un autore maschile può sentire nei confronti di una protagonista femminile potrebbe adattarsi al romanzo Mariana di André Aciman, grande conoscitore della letteratura francese che ha insegnato e continua ad insegnare in varie università americane (attualmente CUNY). Il filone francese è sicuramente importante per capire la genesi di Mariana, attualizzazione contemporanea (la storia si svolge in una città indefinita dell’odierna Italia) delle Lettere di una monaca portoghese (Lettres portugaises), misteriosa opera pubblicata a Parigi nel 1669. Gabriel de Guilleragues, l’autore presunto di questo romanzo epistolare a senso unico, si presenta come il traduttore delle lettere scritte da una monaca chiamata Mariana (come la protagonista eponimica del romanzo di Aciman) al Marchese Noël Bouton de Chamilly, ufficiale francese venuto in Portogallo per aiutare i portoghesi a difendere la loro indipendenza contro gli spagnoli.

Chiunque sia l’autore di queste lettere – la novizia portoghese Mariana Alcoforado o il falso traduttore Guilleragues – Aciman, che del resto esprime dubbi sull’autenticità di queste lettere (p. 106 della traduzione italiana), è riuscito a dare una nuova vita a questo romanzo, adattandolo al nostro orizzonte postmoderno. In un certo modo Aciman è riuscito a conferire alla sua opera l’atmosfera di incertezza che accompagna le circostanze della pubblicazione delle Lettere di una monaca portoghese. Non si sa bene chi sia questa nuova Mariana, giovane studentessa americana che soffre di una passione ossessiva per un Casanova postmoderno che risponde al nome ebraico di Itamar, nome piuttosto israeliano che diasporico. Questo nome è l’unica nota ebraica in un romanzo postmoderno dai contorni deliberatamente sfumati. Si può del resto supporre che la scelta del nome Itamar sia dovuta a un gioco di parole. Questa idea è suggerita da Mariana stessa che verso la fine del libro (p. 94) si riferisce al suo amante con il soprannome di “Itamor/Itamore”, che combina il significante Italy/Italia con la parola amore, amor in latino.

Un’altra particolarità di questa opera è che la sua versione originale inglese non esiste in versione cartacea bensì come Audiobook con la voce di Mamie Gummer. Invece, la versione italiana dovuta alla traduttrice Valeria Bastia e pubblicata dalla casa editrice milanese Guanda, è l’unica traduzione disponibile al giorno d’oggi ed è una versione cartacea. Questo gioco fra la dimensione orale-udibile e la dimensione scritta riproduce nella nostra epoca l’ambiguità del romanzo probabilmente pseudepigrafo che Guilleragues pretende aver tradotto dal portoghese.
Tornando alla capacità di Aciman di identificarsi con le sofferenze di una giovane studentessa americana come Flaubert nei confronti di Madame Bovary, possiamo supporre che il vero doppio narrativo dell’autore sia Itamar piuttosto che Mariana. Come Itamar, Aciman è un creatore geniale (sebbene in un’altra arte) e come lui porta un nome un po’ desueto. A differenza di Andrea in Italia, il nome André non è più di moda negli orizzonti francofoni da dove proviene l’autore, nato ad Alessandria d’Egitto nel 1951. Nonostante la possibile identificazione dell’autore con Itamar, il romanzo non dà la parola a Itamar bensì alla sua vittima, la monaca portoghese rediviva Mariana.

Cortocircuitando il preromanticismo, il romanticismo e il neoromanticismo che hanno condizionato la nostra percezione dell’amore – o piuttosto dell’amore-passione, dell’amore come passione -, Aciman riesce a mettere la sua opera postmoderna e post-romantica in contatto quasi diretto con il suo modello seicentesco, scritto in un’epoca in cui gli eccessi barocchi cominciavano a essere disciplinati dall’incipiente classicismo francese.