L’impatto del 1948 (e delle due guerre) sulla letteratura israeliana: la generazione del Palmach

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di Cyril Aslanov

[Ebraica. Letteratura come vita]  La proclamazione ufficiale dello Stato di Israele nel pomeriggio del venerdì 14 maggio 1948 (5 Iyar 5708), a poche ore dalla fine del Mandato britannico in Palestina, scatenò manifestazioni di gioia in tutto lo yishuv, ormai diventato Stato di Israele. Ma poche ore dopo i balli improvvisati, dove si esprimeva la gioia di veder rinascere una sovranità ebraica nella terra ancestrale, il paese appena creato rischiò di essere brutalmente cancellato dalla carta quando la mattina del sabato 15 maggio, gli eserciti di 7 paesi arabi (Egitto; Siria; Libano; Transgiordania; Iraq; Arabia Saudita; Yemen) attaccarono Israele dal sud, dall’est e dal nord.

Quest’insieme di gioia e di angoscia viene ancora percepito dalla contiguità che unisce il giorno in cui si commemorano i caduti delle guerre di Israele alle festività del Giorno dell’Indipendenza con la sola differenza che nel 1948, i lutti interruppero la gioia invece di precederla. La guerra israelo-araba del 1948-1949 che si terminò con la vittoria di Israele contro la coalizione araba informalmente sostenuta dalla Gran Bretagna, marcò profondamente la letteratura ebraica. A dire il vero, il poema Vassoio d’argento (Magash Ha-Kesef) di Nathan Alterman, strettamente associato alla memoria dei giovani caduti per rendere possibile la creazione di uno Stato ebraico e per difenderlo dai suoi numerosi nemici, venne composto prima del 1948. Infatti, fu pubblicato nel quotidiano Davar (ormai estinto) il 19 dicembre 1947 quando già si accaniva la guerra civile fra formazioni paramilitari arabe ed ebraiche durante gli ultimi mesi del Mandato britannico sulla Palestina.

Anche il romanzo Il ragazzo e la colomba di Meir Shalev (Yonah va-na‘ar) (‘Am ‘Oved, 2006), tradotto da Elena Loewenthal e pubblicato nel 2008, finisce con la morte del giovane eroe durante la battaglia di San Simon nel quartiere Katamon di Gerusalemme, a due settimane della proclamazione dello Stato. Al di là del riferimento puntuale agli avvenimenti storici nella letteratura ebraica, va sottolineato che le guerre del 1948 (sia la Guerra civile del 1947-1948 che la Guerra israelo-araba del 1948-1949) furono associate con una generazione intera di scrittori israeliani chiamati con il nome collettivo di “generazione del Palmach”.

Uno dei rappresentanti tra i più famosi di questa generazione è S. Yizhar (Yizhar Smilansky), conosciuto in Italia attraverso il suo racconto La rabbia del vento (Khirbet Khiz‘eh) che descrive l’espulsione degli abitanti di un villaggio palestinese. Questo breve romanzo scritto immediatamente dopo la fine della guerra israelo-araba del 1948 fu tradotto da Dalia Padoa e pubblicato da Einaudi nel 2005. Allo stesso S. Yizhar si deve un libro di maggior levatura, Yemei Tsiklag (“I giorni di Tsiklag”), un romanzo di guerra pubblicato nel 1958 che descrive in tutti i particolari una settimana intensa durante la battaglia di Horvat Ma’ahaz (Hirbet Ma’aHaz) che nell’autunno di 1948 oppose la brigata Yiftah a delle forze egiziane numericamente superiori nel nord del Neghev.

La forza di questo lungo racconto di un periodo breve ma intenso deriva del fatto che permette al lettore di entrare nella soggettività dei sei combattenti principali della brigata e di sperimentare per procura tutto il vissuto autentico di una vera battaglia. L’espulsione narrata nella Rabbia del vento è un testo coraggioso che affronta la realtà senza guanti. Va sottolineato che, in quegli anni, il fatto di raccontare l’espulsione di arabi dal loro villaggio non faceva parte di una posizione pro-araba ma piuttosto della volontà di testimoniare lucidamente al di là del discorso perbenista di propaganda o di auto-giustificazione. Questa ambiguità riflette la situazione di Israele appena nato: costretto a combattere una guerra dalle prime ore della sua esistenza, il giovane Stato di Israele non ha potuto offrirsi il lusso di perdere tempo prezioso in sofisticati esami di coscienza. Questo impegno toccò alle generazioni successive per le quali l’esistenza dello Stato di Israele era percepita già come un fatto evidente e non più come il miracolo paradossale del maggio 1948 o ancora di più, della prima metà del 1949 quando furono firmati gli accordi di cessate il fuoco con gli aggressori arabi.