Il giusto riposo della pace

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Non poteva essere scelto un momento più adatto per presentare quest’opera del grande romanziere israeliano Amos Oz ai lettori italiani. Scritto nel 1982, Una pace perfetta, è la storia, vera, attuale e struggente, dell’inevitabile fallimento degli ideali, della conseguente disillusione, dell’inesorabile degrado nell’ambiguità e nella paura di ammettere ciò che è reale. Centro del romanzo è il kibbutz Granat, luogo immaginario ma possibile, situato forse in Galilea e attorniato da quel deserto che spesso, nelle opere di Amos Oz, assume un significato profondo e trascendentale.

Immagine di un mito e simbolo di un’utopia, il kibbutz, quel luogo ideale dove regna l’uguaglianza assoluta e la perfetta armonia tra lavoro fisico e ricerca intellettuale, ha ormai lasciato il posto alle proprie rovine. Nel 1965, Yonathan, protagonista del romanzo, che ha 26 anni come ne aveva allora Amos Oz, è l’incarnazione stessa del fallimento. Insoddisfatto e annoiato, è un disadattato del sogno sionista, la sua vita con la moglie Rimona, priva di forza e di passione, appare insignificante come potrebbe esserlo quella di una coppia borghese in una città occidentale. In questa totale assenza di prospettive, l’unico sogno di Yonathan è il più ovvio e il più elevato: fuggire verso una libertà ugualmente simbolica e reale. Ma la sua rabbia è offuscata dall’ombra del padre Yolek, segretario del kibbutz ed eroe della nazione, ministro israeliano all’epoca di Ben Gurion, costretto ad assistere al crollo delle sue convinzioni e alla dispersione del suo popolo non a causa di un esilio, ma dell’incapacità di trasmettere alla generazione successiva le proprie convinzioni. Tormentato egli stesso dal dubbio che Yonathan non sia figlio suo ma di una transitoria relazione della moglie, Yolek passa il suo tempo a scrivere lettere al primo ministro Levi Eshkol dove rende nota la sua crisi di padre non solo del proprio figlio ma di un’intera generazione che, a conti fatti, ha imparato soltanto a sparare. Lettere che, peraltro, non spedisce mai.
In questo violento succedersi di sentimenti, raccontati a voci narranti alterne, compare la misteriosa e romantica figura di Azariah, un ragazzo dall’aspetto nomade e ribelle, poeta e seduttore al contempo e soprattutto ultimo idealista a cantare l’utopia del kibbutz.
La sua presenza scatenerà la decisione di Yonathan, sullo sfondo di un paese dove ormai incombe la guerra dei sei giorni.

Oggi, quando l’utopia del kibbutz è ormai solo un ricordo lontano, e minacce di altra natura incombono sulla Terra promessa, ma anche sul resto del mondo, quest’opera si rivela sorprendentemente attuale, con la sua storia di ansia e smarrimento. Il solo titolo originale, “giusto riposo” (Menuka nekhona), tratto da una delle più splendide e suggestive preghiere ebraiche per i defunti, ne rappresenta il grande significato.


Amos Oz, Una pace perfetta, Feltrinelli – Collana I Narratori, pp. 352, Euro 17,5