Foto di classe senza ebrei: quando le classi cambiarono volto

Libri

di Esterina Dana

È un messaggio potente quello trasmesso dalle fotografie di classe. Evocano la dolce nostalgia di un passato felice fatto di complici marachelle, appassionate amicizie e inesauste curiosità. Ma quando due foto della stessa classe sono associate sulla copertina di un libro, come in Foto di classe senza ebrei. Archivi scolasti e persecuzione a Milano (1938-1943) (curatela di Patrizia Baldi, Enrico Palumbo e Gianguido Piazza,  Biblion, 2022) i sentimenti dominanti sono il dolore e l’indignazione.

 

Perché quelle due foto, risalenti agli anni scolastici 1937/38 e 1938/39 e provenienti dall’archivio del Liceo classico Giovanni Berchet, denunciano un’offesa ancor oggi incomprensibile e rivelano una ferita insanabile:  da quella classe sono state cacciate 7 alunne colpevoli di essere ebree, un’immagine paradigmatica di ciò che successe allora in tutte le scuole del Regno.

 

Il volume collettaneo, presentato dai curatori alla Casa della Memoria giovedì 26 gennaio 2023, affronta il tema della persecuzione antiebraica iniziata giuridicamente con la promulgazione del regio decreto-legge  5 settembre 1938 n. 1390 – Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista firmato da Vittorio Emanuele III. Vi si sancisce l’espulsione degli alunni di “razza ebraica” dalle scuole di ogni ordine e grado e, con essi, i docenti e i tecnici amministrativi.

 

Per la prima volta in un unico testo, sono state raccolte e aggiornate ricerche effettuate dagli autori negli archivi scolastici di importanti scuole di Milano, dalle elementari alle superiori. È così che sappiamo come reagirono alle imposizioni della legislazione fascista i dirigenti dei vari istituti coinvolti nello studio: i Licei Ginnasio Cesare Beccaria, Giovanni Berchet, Giosuè Carducci, Giuseppe Parini, Alessandro Manzoni, l’Istituto Tecnico Commerciale Nicola Moreschi, la Scuola Elementare Antonio Stoppani e le scuole elementari del centro storico, nonché le scuole comunitarie di via Eupili e la sezione israelitica statale di via della Spiga, istituite con regio decreto-legge 23 settembre 1938 XVI n. 1630-Istituzioni di scuole elementari per fanciulli di razza ebraica.

 

L’adesione variò per intensità e convinzione: dall’entusiastico zelo di Guido Parazzoli del “Beccaria” al vanto per l’aumento degli iscritti, nonostante l’espulsione degli studenti ebrei, del “burocratico” Giuseppe Pochettino del “Manzoni”, a quella più sofferta di Virginio Garavoglia del “Parini”. Al “Moreschi” il preside Arturo Loria, anch’egli ebreo, è costretto a firmare l’allontanamento dei docenti per seguirne, poi, lo stesso destino.

Una considerazione particolare merita la vicenda delle scuole comunitarie di via Eupili e della sezione israelitica statale di via della Spiga, esempio di innovazione e resilienza di fronte alle direttive ministeriali che riguardavano la scuola e al disorientamento delle famiglie ebraiche, ineluttabilmente discriminate e all’affannosa ricerca di soluzioni. L’allora presidente della Comunità israelita di Milano Federico Jarach, insieme all’Unione delle Comunità Israelitiche Italiane, riuscì a ottenere dal governo fascista l’autorizzazione a istituire  scuole private di istruzione media, da parte delle Comunità o di “persone di razza ebraica”, parificate nei programmi, con valore legale degli studi (regio decreto-legge 15 novembre 1938 n. 1779 art.6).

 

Quella di via Eupili, sereno rifugio degli studenti e dei docenti cacciati, fu diretta da Yoseph Colombo, futuro preside del Liceo Giovanni Berchet. Contemporaneamente, poiché il regio-decreto legge 1630/1938 consentiva il finanziamento statale a scuole elementari appositamente dedicate a bambini ebrei di almeno 10 alunni per classe, la Comunità israelitica di Milano organizzò in via della Spiga una scuola in orario pomeridiano per i bambini italiani e stranieri esclusi dalle scuole statali. In entrambi i casi furono assunti i docenti allontanati dagli istituti statali. Da tutto ciò è emerso un quadro articolato e illuminante sull’effetto traumatico della discriminazione antisemita fascista, che colpiva l’infanzia e l’adolescenza, e sull’accanimento della persecuzione, evidente dall’incalzare di decreti-legge quasi quotidiani volti a precisare, aggiungere, specificare e ampliare lo spettro erosivo dei diritti degli ebrei italiani e stranieri e che, a partire dalla scuola, si estese a tutti i settori della vita civile e sociale fino a trasformarsi in “persecuzione delle vite”.

 

Vengono confermate le responsabilità del Fascismo riguardo alla campagna razzista che, in Italia, inizia in modo marginale negli anni Trenta, ma si concretizza nel 1937 (regio decreto-legge n.880/1937 – Sanzioni per i rapporti d’indole coniugale fra cittadini e sudditi). Con il regio decreto – legge 1390 del 5 settembre 1938 riguardante l’esclusione generalizzata degli studenti, l’Italia “precedette la Germania nazista, che solo dopo il pogrom del 9-10 novembre 1938 […] abbandonò il sistema di numerus clausus istituito nel 1933 e adottò un provvedimento di esclusione generalizzata” (Sarfatti).

Cominciare l’epurazione della minoranza ebraica dalla scuola, che coinvolse anche gli insegnanti fino all’Università, aveva per Mussolini una doppia valenza: sul piano biologico, salvaguardare la “pura razza italiana”, sul piano politico formare il consenso partendo dall’educazione all’antisemitismo delle fasce sociali più giovani e malleabili per plasmare l’uomo nuovo a immagine e somiglianza del Duce.

L’indagine dei ricercatori negli archivi scolastici (e non solo), taluni ancora “disorganizzati e diffusi”(Badini), è iniziata negli anni Novanta-Duemila, in molti casi avviata da singoli e intraprendenti docenti insieme ai loro studenti i quali, desiderosi di colmare le lacune sulle leggi razziste contro i loro “compagni di scuola” degli anni del regime, si sono impegnati a riordinare gli archivi dei rispettivi istituti. Il libro è quindi anche il racconto pregevole di un’esperienza didattica. Da quest’ultima è emerso uno spazio di riflessione sul valore di laboratorio storico degli archivi, sulla loro conservazione e sul loro utilizzo come strumento pedagogico in nome di una Memoria attiva sia riguardo ai segni di razzismo e antisemitismo a tutt’oggi persistenti, sia ai meccanismi che attentano ai diritti fondativi di una società civile. È sorta, inoltre, l’esigenza di un approfondimento delle tracce visive della persecuzione anche attraverso fotografie di classe. Perché, come dimostra questo prezioso studio, “ogni vera storia è storia contemporanea” e ogni “ricerca sul passato è mossa da bisogni e valori del presente”(Piazza, Romani).

 

Foto di classe senza ebrei. Archivi scolasti e persecuzione a Milano (1938-1943) a cura di P. Baldi, E. Palumbo, G. Piazza, Biblion edizioni, 1923, €25 (realizzato grazie al contributo della Fondazione CDEC e dell’Anpi Milano).