Esilio e fuga a Qumran, una realtà misteriosa generatrice di finzioni e di miti

Libri

di Cyril Aslanov

[Ebraica. Letteratura come vita] Dal 1947, quando sono stati scoperti quasi mille manoscritti arrotolati in giare nascoste nelle grotte del monte che domina il sito di Qumran, sembra che la conoscenza dell’ebraismo alla fine del periodo del Secondo Tempio si sia complicata piuttosto che chiarita. Non è del tutto sicuro che i membri della setta di Qumran a cui dobbiamo i manoscritti del Mar Morto siano identici agli Esseni menzionati da Giuseppe Flavio (Guerra Giudaica 2.119-161).
Oggi si pensa invece che questo gruppo ossessionato da questioni di purezza sacerdotale fosse probabilmente composto da sadducei dissidenti che potrebbero essersi esiliati da Gerusalemme trovando rifugio in quel posto isolato sulle sponde nord-occidentali del Mar Morto.

Si è anche supposto che i Manoscritti del Mar Morto costituissero una parte della biblioteca del Tempio, evacuata da sadducei dissidenti quando fuggirono da Gerusalemme verso il Mar Morto.
Del resto ai tempi in cui i primi settari si stabilirono a Qumran, probabilmente sotto il pontificato del sommo sacerdote Giovanni Ircano che dirigeva la Giudea da etnarca (e non ancora da re) dal 134 prima dell’era comune, la regione desolata del Negev e del Mar Morto aveva una grande importanza economica. Era un’asse essenziale nel trasporto carovaniero dell’incenso e dei profumi provenienti dall’attuale Yemen. Si pensi alla sontuosità della città nabatea di Petra (Raqmu), anch’essa localizzata in un luogo oggigiorno inospitale. Per illustrare la centralità di questi posti desertici si noti per esempio che la stessa madre di Erode il Grande era una principessa nabatea di Petra.

Eppure la tradizione farisea continuata dall’ebraismo rabbinico sembra opposta non solo ai sadducei e agli Asmonei (si ricordino i massacri perpetrati contro i farisei da Alessandro Ianneo, il figlio di Giovanni Ircano, all’inizio del primo secolo prima dell’era comune) ma anche ai settari di Qumran.

Nel trattato Avot della Mishnà (Pirqei Avot/Massime dei Padri, capitolo 1, mishnà 11) che si legge nelle sinagoghe in questo periodo dell’Omer, si trova un ammonimento enigmatico da parte di Abtalion, un famoso fariseo del primo secolo AEC (avanti era comune): O sapienti, state attenti alle vostre parole; potreste incorrere nella pena dell’esilio ed essere deportati in luogo di acque cattive, di cui i discepoli, che verranno dopo di voi, potrebbero bere e poi morirne, ed il nome del Cielo sarebbe così profanato.

Una teoria recente che ho sentito dal grande studioso della lingua ebraica Moshe Bar-Asher vede in questo avvertimento un’allusione al destino dei settari di Qumran che, forse per causa della zizzania scaturita dal pettegolezzo e dalla calunnia, si sarebbero trasferiti da Gerusalemme e dal suo Tempio a quella valle un po’ sinistra del Wadi Qumran, il cui flusso intermittente si perde nelle acque imbevibili del Mar Morto.

Da questo vuoto sulla vera storia dei settari di Qumran si sono immaginate tante fantasmagorie al di là del lavoro paziente e prudente degli studiosi. Una delle più famose rielaborazioni letterarie del mistero di Qumran è il libro della scrittrice francese Éliette Abécassis che si intitola precisamente Qumran (1996; 2000 in traduzione italiana). Prendendo sul serio l’equivalenza probabilmente sbagliata fra gli esseni e i settari di Qumran, Abécassis racconta che gli esseni sono sopravvissuti alle grandi catastrofi seguite alla Prima guerra giudaica (66-73 dell’era comune) e che sopravvivono in modo nascosto sotto le vesti di un’identità greca-ortodossa fasulla, nella Città vecchia di Gerusalemme. In questo modo romanzesco, Abécassis suggerisce che gli esseni, i settari di Qumran (i quali, come accennato prima, non erano esseni bensì sadducei declassati) i protocristiani e i membri della setta di Giovanni Battista partecipavano della stessa effervescenza apocalittica nei decenni che precedono la distruzione del Tempio e la nascita del Cristianesimo.

A quanto pare, il protocristianesimo deriva dal farisaismo piuttosto che dalla setta di Qumran. Gesù fu probabilmente un fariseo. L’ironia vuole che uno dei pensatori di questa teoria sull’origine farisea di Gesù e del protocristianesimo sia precisamente il grande studioso Armand Abécassis, il padre stesso dell’autrice di Qumran.

Eppure le due opinioni non sono inconciliabili. Anzi concordano perfettamente: Armand Abécassis ha rigettato la teoria di Renan sull’identità essena di Gesù; sua figlia Éliette ha espresso in modo immaginario una continuazione dei settari di Qumran sotto forma di una società segreta che non ha niente di cristiano poiché usa l’identità greca-ortodossa solo come una facciata in trompe l’œil.