È giusto pubblicare gli scritti inediti di un grande scrittore dopo la sua morte? Quale libertà possono prendersi i posteri? Il caso di Singer e Kafka

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di Cyril Aslanov

[Ebraica. Letteratura come vita] Recentemente la scena letteraria ebraica è stata sconvolta da un caso che ha rimesso in questione le prerogative degli eredi universali delle opere di celebri scrittori, e quale libertà sia possibile prendersi nel pubblicare testi lasciati inediti dopo la scomparsa dell’autore.

Si tratta della traduzione di due romanzi di Isaac Bashevis Singer, pubblicati a puntate nel giornale yiddish newyorkese Forverts e mai pubblicati in libro dall’autore stesso: Der sharlatan che usciva negli anni 1967-68 e Yarme un Keyle, pubblicato sempre sul Forverts negli anni 1976-1977. Der sharlatan è stato tradotto in italiano da Elena Loewenthal e pubblicato con il titolo Il ciarlatano da Adelphi nel 2019 mentre il più tardivo Yarme un Keyle era già stato pubblicato due anni prima dalla stessa casa editrice nella traduzione di Marina Morpurgo con il titolo di Keyla la Rossa.

La violazione della volontà dell’autore scomparso scatenò una polemica. È vero che Singer non autorizzava la traduzione delle sue opere a partire dall’originale yiddish e consentiva di farle tradurre a partire da ciò che chiamava il mio secondo originale, ovvero la traduzione inglese effettuata sotto la sua supervisione. Ma in questo caso, Singer non ultimò mai la propria revisione, abbandonando il manoscritto a data da destinarsi, sebbene già tradotto in inglese dal nipote Joseph Singer.

Il fatto di avere oggi pubblicato Keyla La Rossa rappresenta quindi un palese contravvenire della volontà dell’autore? Del resto Yarme un Keyle era già stato pubblicato nel 2011 nella traduzione in ebraico, effettuata direttamente dallo yiddish, da Bilha Rubinstein nella casa editrice Yediyot Sefarim con il titolo Yarme ve-Keile. Eppure nella traduzione francese di Yarme un Keyle pubblicata nel 2018 dalla casa editrice Stock si legge nel frontespizio che il libro viene proposto al pubblico francese con l’accordo dell’agente letteraria di Singer, Susan Schulman, e che la traduzione è stata fatta dall’inglese, proprio come avrebbe voluto Singer.

D’altronde, secondo testimonianze di persone che frequentavano Singer verso la fine della sua vita, avvenuta nel 1991, sembra che lo scrittore pensasse davvero di far pubblicare una traduzione inglese di Yarme un Keyle, un romanzo truculento che racconta la malavita della Varsavia ebraica nei primi decenni del Novecento.

La questione si complica ancora di più quando si pensa che una parte delle bozze e dei manoscritti di Singer sono conservati in un archivio vietato all’accesso, nel fondo yiddish dell’Università di Austin, Texas. Questa parte oscura e misteriosa dell’opera di Singer ha ispirato The Hidden Isaac Bashevis Singer, una raccolta di studi a cura di Seth Wolitz del 2001 della Texas University Press a Austin, il posto dove precisamente si trova l’archivio impenetrabile del fondo Singer.

La lettura degli inediti Keyla la Rossa e Il ciarlatano rivela che non c’è una differenza essenziale fra queste due opere “nascoste” (ma non così nascoste visto che erano state pubblicate in yiddish) e la parte emersa dell’opera di Singer. Il premio Nobel per la letteratura 1978 non ha mai avuto paura di descrivere comportamenti anomali o anormali nel contesto spesso crudele nel quale gli ebrei polacchi cercavano di sopravvivere, a prescindere dalla miseria, dalle persecuzioni antisemitiche e dalle gerarchie sclerotizzate dentro il mondo ebraico tradizionale.

In altre parole, la pubblicazione di Keyla la Rossa e Il ciarlatano si trova al limite fra il rispetto letterale delle volontà (forse mutevoli) dell’autore e una reinterpretazione più aperta ed elastica delle stesse. Più profondamente, ci si può domandare se l’erede universale di un autore non abbia il diritto, in certe circostanze, di non rispettare le volontà di un autore scomparso: si pensi che l’opera di Kafka sarebbe stata persa se Max Brod, suo erede universale, avesse obbedito alla sua ultima volontà di bruciare tutte le bozze inedite! Gran parte dell’opera di Kafka non era mai stata pubblicata al momento della sua morte nel 1924.