di Malka Letwin
Al teatro Franco Parenti di Milano, lo scrittore israeliano Roy Chen parla del suo ultimo libro “Il grande frastuono” (Giuntina) e di come ha deciso di scegliere di dedicarsi all’arte del racconto.
Quando tornava da scuola la nonna gli chiedeva com’era andata la sua giornata, cosa aveva fatto, ma va detto che lei era piuttosto esigente in termine di particolari, specie da un bambino che aveva solo cinque anni! Così ad un certo punto, il piccolo Roy ha iniziato ad inventare, a dire bugie, pur di accontentarla. «È da quell’esperienza che avrei deciso di fare lo scrittore!». Quando, il 19 maggio, l’ha raccontato di fronte al pubblico del Teatro Franco Parenti di Milano, ha subito strappato un sorriso tra i presenti.
L’incontro di tre generazioni
Roy Chen, narratore e drammaturgo israeliano è venuto in Italia per parlare della sua ultima fortuna letteraria Il grande frastuono, una storia dove si susseguono le vite di tre donne: Gabriela, sua madre Noa e la nonna Tzipora. Tre storie differenti ognuna con uno scenario tutto suo, che alla fine troverà dei punti di contatto e le vedrà tutte assieme a deliziarsi con un ottimo gefilte fish. Le vicende sono ambientate fra Tel Aviv e Gerusalemme prima dell’inizio della pandemia. Il destino le renderà protagoniste di amori ritrovati, ma anche mancati, di un frastuono di silenzi e al tempo stesso di troppe parole.
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«C’è in Roy qualcosa di unico. Unisce la profondità con la leggerezza, aprendo degli orizzonti giganteschi con una battuta comica. È capace di farci comprendere la realtà israeliana in un modo assolutamente facile», ha detto Andrée Ruth Shammah.
Durante l’evento, i personaggi del suo nuovo libro si sono materializzati davanti ai presenti attraverso i monologhi di tre talentuose interpreti: Chiara Ferrara nel ruolo di Gabriella, Sara Bertelà in quello di Noa e Tzipora rappresentata da Ivana Monti. Un momento che è stato un po’ il preludio di uno spettacolo che potremmo vedere a teatro il prossimo anno, dopo l’ultimo di grande successo, andato in scena con più repliche, tratto dall’omonimo libro Chi come me.
Chen rivolgendosi ai cittadini milanesi, ha detto del Franco Parenti: «Voi avete una perla rara. Ho visto molti teatri nella mia vita, ma qui c’è un’energia unica, quella di Andrée Ruth Shammah».
I suoi scrittori (e scrittrici) che più ama
Ricorda poi, quando nel corso di un’intervista attorno al 2020, alla domanda su chi fossero i suoi scrittori preferiti, di avere menzionato tra i tanti: Primo Levi, Carlo Goldoni e Isaac Bashevis Singer. Ma non c’erano i nomi delle scrittrici. Gli viene in mente, ad esempio, Elsa Morante e Virginia Woolf. Eppure secondo lui non bastavano e voleva trovare subito una soluzione per rimediare: «Era il tempo del Covid, a Tel Aviv era più facile trovare narcotici che libri. Decido di andare dalla mia libraia e per tre anni leggo solo libri scritti da donne». Da quel momento la lista si arricchisce notevolmente, tra queste: la scrittrice giapponese Sayaka Murata, la danese Tove Ditlevsen, la sua connazionale Orly Castel Bloom e poi l’olandese Etty Hillesum, vittima della Shoah, «la prima che dovete assolutamente conoscere», dice Chen.
Dopo l’avventurosa scoperta di tutte queste scrittrici, Roy Chen si rende conto di essere praticamente cresciuto solo con donne. «Nella mia famiglia ci sono più donne che maschi. Ricordo il couscous di mia nonna di origini marocchine. Il vero couscous!», puntualizza. E da lì è nata anche la scintilla che gli ha fatto scrivere Il grande frastuono. «Amori, conflitti, guerre, bugie e tradimenti… È in questo modo che ho cominciato a scrivere e ancora oggi non ho finito».
Roy Chen, Il grande frastuono, Giuntina, trad. Silvia Pin, pp. 276, 20,00 euro