La didattica della Shoah è una scienza necessaria

Eventi

di Diana E. Segre

Si è tenuto a Roma nei giorni 16 e 17 gennaio, il terzo livello di aggiornamento sulla didattica della Shoah, a cura del centro Pedagogico del DEC -UCEI. in una collaborazione ormai consolidata e attiva con Yad Vashem. Ad oggi sono 50 i docenti formati alla nuova didattica della Shoah, che ha come base fondante il riconoscimento e l’analisi dei ruoli delle persone coinvolte: il persecutore, la vittima, lo spettatore indifferente, il Giusto.

Leah Roshkowsky, responsabile per la didattica della Shoah del Ministero dell’Educazione israeliano, ha condotto i docenti nella storia e nei nuovi metodi didattici, pensati dal team di storici e pedagogisti che preparano materiali per le diverse tappe di approccio e approfondimento a seconda dei gradi di scuola.

Quest’anno lo studio era rivolto alle classi più alte.

Se insegnare significa dare agli alunni gli strumenti per operare delle scelte, la storia dei ghetti e dei passaggi che hanno portato alla soluzione finale è un paradigma all’interno del paradigma “Shoah”, inteso come storia dell’uomo nella sua più agghiacciante aberrazione.

Nel disegno nazista la creazione dei ghetti e l’ideazione delle camere a gas si inserisce a tappe a seguito del solerte lavoro di chi effettivamente operava sul campo durante l’occupazione della Polonia e nel prosieguo della guerra. Come afferma lo storico Ian Kershaw si è verificata in quei momenti una sollecitazione locale da parte degli ufficiali e dei soldati dell’esercito nazista indirizzata verso la volontà del Furher, del “padre”, “l’incarnazione della legge”.

È partita dal basso la richiesta di rinchiudere gli ebrei nei ghetti, per controllarli meglio, è partita dall’esperienza delle uccisioni di massa nei boschi russi la richiesta di poter procedere ad uccisioni più silenziose, più efficienti, gasando nei camion i membri delle comunità.

In un’abitudine a non porsi domande, un’abitudine a solo svolgere meccanicamente il proprio lavoro, un’abitudine e tendere verso l’idea del capo, un’abitudine all’abitudine che dobbiamo tutti imparare a rompere, in ogni momento della vita dell’uomo, ogni momento della nostra vita.

I Giusti ce lo insegnano.