Harmony of Northern Flora di Paul Klee

“L’arte del XX secolo fa schifo? È tutta colpa degli ebrei”

Arte

di Massimo Kaufmann
E’ uscito un libercolo qualche settimana fa, di cui si parla e si straparla nel mondo dell’arte italiana. Riviste d’arte in rete, come Artribune, e siti specializzati riportano le opinioni di un professore di Torre Annunziata, già – per grazia di Dio – ex ordinario di filosofia presso l’Università di Salerno, che ha pubblicato un “saggio” dal titolo Ebraismo e Arte Contemporanea (Mimesis).

La tesi di fondo è che se l’arte contemporanea è orrenda il merito è tutto degli ebrei. 

Il nostro ex cattedratico e autore, ci informa che l’inizio dell’arte contemporanea è segnato da uno spartiacque storico, che vede una nuova generazione di ebrei assimilati giungere a Parigi da ogni angolo d’Europa per – in accordo con il nascente movimento sionista-, trasformare il Mondo, a cominciare dall’Arte, secondo i dettami della religione ebraica! A partire poi dal 1945, sostiene sempre l’autore, le fila di questo complotto verranno tirate direttamente dalla CIA e dai grandi Musei Americani, dal Jewish Museum innanzitutto.

Facciamo ordine: Vassilij Kandinsky, Paul Klee, Piet Mondrian, Kasimir Malevic, Marcel Duchamp, Willem De Kooning, Jackson Pollock, Lucio Fontana… Nessuno di costoro era ebreo; molto semplicemente, i principali artisti che hanno inventato la pittura astratta e l’arte concettuale non erano affatto ebrei. Certo, tra i grandi artisti degli ultimi 120 anni circa non mancano eminenti figure di origine e cultura ebraica: Amedeo Modigliani, Chaim Soutine, Mark Rothko… Ma che dire allora della Musica, della Letteratura, della Scienza?

Eppure c’è ancora chi, pur di prendersela con i “giudei”, pur di incolparli di qualcosa, rispolvera tesi in voga negli Anni Trenta, riesce a deformare il racconto della realtà storica imputando il processo degenerativo dell’estetica occidentale – a partire dalla nascita dell’arte astratta -, a coloro i quali avendo ricevuto da Mosè la proibizione di adorare idoli e quindi di produrre immagini, avrebbero deliberatamente condotto una guerra segreta contro la tradizione greco-romana dell’arte.

Arduo trovare qualcosa di più grottesco che non faccia venire alla mente i Protocolli dei Savi di Sion. Peccato che invece di un Umberto Eco dobbiate accontentarvi di leggere le mie povere riflessioni. Questo libro, sciocco e disonesto, afferma che poiché l’arte contemporanea è approdata – nell’ultimo secolo – alle soglie concettuali della sua stessa definizione e del suo statuto filosofico, il risultato di questa decadenza estetica e morale è imputabile a un vero e proprio complotto che nasce nelle segrete delle Sinagoghe d’Europa e, successivamente, di quelle di New York. Dove per “sinagoga” si intendono il MOMA (Museum of Modern Art) o il Guggenheim Museum.

Questa è, in parole semplici, la tesi di un testo, pubblicato dalle edizioni Mimesis, di un tale Mario Costa, sconosciuto teorico di una teoria sulla morte dell’arte a opera di un ‘sublime tecnologico’, di cui naturalmente complici sarebbero stati Rockfeller e Leo Castelli, oltre al grande critico dell’Action Painting Clement Greenberg, e ancora Peggy Guggenheim; e chissà, forse nel complotto c’è posto pure per Charlie Chaplin, Danny Kaye e la mamma di Woody Allen, tutti insieme a ordire una occulta congiura di cui sarebbe vittima l’Occidente. Un pasticcio indigeribile di quella tipica pseudocultura di destra in cui si mescolano Spiritualismo e Nazionalismo, Roma e Atene, Heidegger e un po’ di superstizioni, degne dei più mediocri pseudo-intellettuali dei ginnasi gesuitici.

Mi sono domandato per qualche giorno, se valesse la pena perdere del tempo a segnalare questo ennesimo, rivoltante, conclamato esempio di antisemitismo in salsa di pomodoro, per dare visibilità a qualcosa che davvero non merita – su un piano puramente intellettuale -, nessuna seria attenzione. E tuttavia mi domando come abbia potuto una casa editrice sempre seria e attenta, pubblicare con tanta leggerezza un testo così pieno di errori storici, penosamente superficiale, che sembra uscito dal cassetto della scrivania della Commissione Azzariti (il cosiddetto tribunale della razza del 1939). Sorge quasi il dubbio che in casa editrice nessuno abbia letto queste farneticazioni non solo prima di stamparle, ma nemmeno prima di distribuirle. Vergogna.

Massimo Kaufmann, artista, professore di pittura all’Accademia di Belle Arti di Urbino.

(Paul Klee, Harmony of Northern Flora, fonte Pixabay)