I beni culturali ebraici in Italia: tutela e prospettive

Arte

La Fondazione per i Beni Culturali Ebraici in Italia che qui rappresento è stata costituita nel 1986 dall’Unione delle Comunità per occuparsi del patrimonio culturale ebraico del Paese. Si tratta di beni di interesse archeologico, architettonico, storico-artistico, archivistico, bibliografico e musicale e di tradizioni, usi e riti che si sono tramandati attraverso i secoli. Essi sono le tracce di una presenza ebraica nella nostra Penisola che dura ininterrottamente da oltre duemila anni e che fa della comunità ebraica italiana la più antica del Mondo dopo quella di Terrasanta.

Fra tali tracce, la sinagoga di Ostia Antica e quella meno conosciuta di Bova Marina in Calabria, casualmente ritrovata nel corso dell’esecuzione di movimenti di terra per la costruzione di una strada, sono soltanto due esempi di quanto antica e radicata sia la partecipazione della collettività ebraica alla vita della società civile del Paese.

Ma spingendosi un po’ nel campo delle ipotesi, peraltro attendibili, si può assegnare all’Italia una ulteriore peculiarità: osserva infatti Giacomo Saban che nei primi secoli dopo la distruzione del Tempio di Gerusalemme, cioè nei primi secoli della Diaspora, l’Italia potrebbe essere stata il punto di riferimento della migrazione degli ebrei che lasciavano la Giudea. In altri termini la penisola italica avrebbe costituito un punto d’approdo per la stragrande maggioranza degli ebrei che si allontanavano dalla Gerusalemme distrutta e dai territori gestiti da un proconsole romano, per poi spargersi in tutta l’Europa e, molto tempo dopo, dall’Europa nel Nuovo Mondo. Le sepolture dei primi secoli dell’era cristiana che troviamo sul territorio nazionale sarebbero dunque sepolture non soltanto degli antenati di alcuni degli ebrei che abitano ora questa penisola, ma anche l’ultima dimora di antenati di coloro che, secoli più tardi, varcando le Alpi e andando oltre i Pirenei alla ricerca di una nuova vita, o seguendo i monarchi carolingi verso l’Europa del Nord, hanno dato luogo a comunità ebraiche sparse un po’ ovunque nel Mondo.

I più significativi esempi di siti sepolcrali ebraici dei primi secoli dell’era volgare tuttora conservati in Italia sono senz’altro le catacombe ebraiche ed in particolare quelle di Roma e di Venosa. Esse rappresentano una delle prime affermazioni dell’Arte Monoteistica in Europa e sono di enorme rilevanza sia per l’Ebraismo Europeo che per il Cristianesimo. Il fatto che le iscrizioni funerarie non siano quasi mai in ebraico bensì in greco o latino mostra l’alto grado di integrazione degli Ebrei nella società mediterranea dell’epoca e che essi, lungi dall’essere un’entità emarginata nella società di quel periodo, ne rappresentavano invece una componente significativa. Si osservi ancora che in tutte le catacombe ebraiche le iscrizioni sepolcrali sono accompagnate da simboli ebraici quali il candelabro a sette bracci (la menorah), il lulav, l’etrog e lo shofar. Osserva infine la Sed–Rajna che alcuni “monumenti mostrano due candelabri posti dalle due parti dell’arca, attraverso le cui porte aperte si vedono i Rotoli della Torah. Questa composizione è il più vecchio esempio di un gruppo di simboli che in un periodo successivo venne ad avere un ruolo importante nella decorazione delle Sinagoghe in Galilea. Il fatto che ciò avvenga inizialmente nella Diaspora ed inoltre in un contesto funerario, conclude la ricercatrice, pone molte domande sul suo significato”.

La comunità ebraica è sempre stata in Italia decisamente minoritaria, ma – come si diceva – ha interagito con grande intensità con il più generale contesto sociale e ciò non soltanto nell’epoca delle catacombe, ma permanentemente attraverso i secoli, partecipando all’evoluzione dei valori umani, contribuendo al formarsi dei capisaldi della cultura, assumendo parte attiva nell’avanzare del progresso scientifico e ricoprendo un importante ruolo anche nel processo dello sviluppo economico. I nostri beni culturali sono dunque i testimoni di una convivenza che ha attraversato venti secoli e più, esempio al tempo stesso di integrazione e di valorizzazione delle diversità. E’ una presenza, quella degli Ebrei, che ha sempre generato valore aggiunto nella vita e soprattutto nella cultura del Paese, lasciando un segno assai più evidente di quanto sia stata, nel tempo, la loro incidenza numerica rispetto alla generalità della popolazione.

Se la metà del patrimonio artistico del mondo è concentrato in Italia il patrimonio artistico ebraico ne rappresenta una parte non certo trascurabile. Basti pensare che esistono in Italia una settantina di sinagoghe costruite tra il Medioevo e il XIX secolo, oltre alle due che addirittura risalgono, come ho già accennato, al periodo romano. Una dozzina di musei (Asti, Bologna, Casale, Soragna, Firenze, Genova, Livorno, Merano, Pitigliano, Roma, Trieste, Venezia) offre in esposizione oggetti legati al culto e alla vita quotidiana, arredi, tessuti, libri, documenti, alcuni dei quali di particolare importanza per le loro preziose decorazioni. Si tratta di un patrimonio che sta assumendo un valore sempre maggiore e che il grande pubblico non ebraico sta scoprendo, per considerarlo sempre più parte integrante del patrimonio artistico del Paese.

Sinagoghe, musei e siti ebraici sono sparsi in tutta la penisola, con maggiori concentrazioni nell’Italia centro-settentrionale. Gli ebrei furono infatti espulsi in gran numero dall’Italia meridionale nel 1492 e da allora, a parte Napoli, non si sono più formate comunità organizzate. Nel Sud e nelle isole esistono però tracce e ricordi di grande valore (e sui quali sarebbe interessante compiere studi approfonditi). A Napoli gli ebrei sono rientrati alla fine dell’Ottocento e fanno riferimento ad una sinagoga funzionante. Nell’ambito della competenza territoriale della Comunità di Napoli è venuta recentemente ad aggregarsi a Trani una piccola collettività ebraica. Ai componenti di questo gruppo si deve il recupero al culto originario della sinagoga quattrocentesca di Scola Nova che, nel tempo, era passata a diversa destinazione.

Un breve quadro regionale potrebbe essere utile per comprendere l’entità del fenomeno artistico ebraico italiano e delle sue necessità; ma per l’elencazione dei diversi siti si può rimandare chi fosse interessato alla lettura degli appunti disponibili sulla materia.

In sintesi, ne risulta un quadro che mostra due distinte situazioni: quella dei beni di proprietà delle Comunità ebraiche, che sono in buona parte in uso ma che richiedono una continua manutenzione e, in molti casi, importanti lavori di restauro, e quella dei siti che vengono via via scoperti, in particolare nell’Italia Meridionale ed Insulare, che debbono essere recuperati ad una destinazione appropriata, acquisendone il possesso per affidarli a chi li può opportunamente gestire.

Il contesto legislativo che, soprattutto negli ultimi anni, ha posto l’accento sulla promozione del bene culturale, oltre che sulla sua preservazione, suggerisce nuovi obiettivi alle Istituzioni come la Fondazione che rappresento, e le indirizza ad un’attività assai più dinamica rispetto a quella del passato. Il tutto in un’ottica che orienta la valorizzazione dei beni culturali, puntando sulla capacità degli stessi di generare non solo valore intellettuale attraverso la conoscenza, ma anche valore economico attraverso il turismo. Sempre più spesso il bene culturale diventa, per l’individuo e per il gruppo, lo strumento attraverso il quale consolidare la propria identità ed il proprio senso di appartenenza ad una comunità omogenea che, nei propri monumenti e nel proprio paesaggio, ritrova il significato di ciò che è stata e di ciò che ancora oggi è. Si sta insomma sviluppando una nuova domanda da parte di un pubblico che dedica una percentuale sempre maggiore del proprio tempo libero alla fruizione culturale; una domanda che rimane talvolta insoddisfatta perché le corrisponde un’offerta culturale ancora carente.

Le agevolazioni fiscali di cui possono beneficiare le varie forme di mecenatismo culturale, ampiamente estese dalle normative degli ultimi anni, hanno determinato un rinnovato interesse da parte delle imprese nei confronti delle Istituzioni che, come la nostra, si dedicano alla tutela ed alla valorizzazione dei beni culturali; e ciò apre nuove prospettive sulle quali confidiamo. Facendo leva su queste opportunità, la nostra Fondazione si propone oggi come punto di riferimento per le Comunità ebraiche italiane, e soprattutto per le piccole Comunità, pronta a fornire ogni possibile supporto, anche nel rafforzare la loro voce nel dialogo con le istituzioni locali e nella raccolta fondi da donatori di ogni ipotizzabile natura.

Fondamentale per la tutela del patrimonio culturale ebraico è oggi la legge 175 del 2005. Con la sua emanazione per la prima volta lo Stato italiano ha stabilito degli stanziamenti sistematici per il settore, mostrando la propria volontà di assumere direttamente un impegno concreto e tangibile per il raggiungimento degli obiettivi. Sono molti i progetti già avviati ed altri si prevede possano presto partire, mano a mano che i fondi si renderanno disponibili nei prossimi esercizi finanziari.

Nell’ambito della promozione dei beni culturali, merita rammentare la Giornata europea della cultura ebraica, una iniziativa internazionale che, avviata nel 2000, si tiene annualmente la prima domenica di settembre. Le Comunità Ebraiche Italiane vi hanno aderito con impegno ed entusiasmo e ogni anno dànno luogo ad un complesso di eventi conosciuti con il nome “porte aperte” che raccoglie sempre da parte del pubblico una risposta molto positiva. In un solo giorno, 20-30 mila persone visitano sinagoghe, musei e luoghi ebraici. E ciò pone il nostro Paese al primo posto fra gli Stati aderenti, per proposte culturali e numero di visitatori.

Vorrei concludere facendo cenno ad alcune delle iniziative nelle quali la mia Fondazione è impegnata. Si è recentemente conclusa la mostra “il prezzo della libertà”, organizzata per il Senato della Repubblica per commemorare la Giornata della Memoria 2008 ricordando due Senatori, entrambi esponenti del mondo della cultura, entrambi antifascisti e per questo perseguitati dal regime: Vito Volterra, il matematico, e Carlo Levi, lo scrittore e pittore. L’iniziativa è stata incentrata su un evento di ampio respiro comprendente, oltre alla mostra, anche una giornata di studi tenutasi nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani che ha avuto una partecipazione particolarmente alta.
Fra le attività recentemente concluse si può segnalare il recupero del cimitero ebraico di Vercelli, nel quale la Fondazione ha fornito assistenza alla Comunità ebraica del luogo, proprietaria del sito. Analoga assistenza viene prestata per i lavori in corso nella Sinagoga, lavori che, sviluppati in diversi lotti, ne stanno consentendo un graduale recupero.
E’ stato da poco avviato un progetto tessuti con il quale la nostra Fondazione prevede di affiancare le Comunità che posseggono un patrimonio di tessuti antichi e di organizzare con loro un piano organico poliennale di restauro per i materiali esistenti. Si tratta soprattutto di oggetti a destinazione cultuale, che, rimessi in condizione di essere esposti e studiati, si mostreranno in tutta la loro bellezza e daranno testimonianza delle presenze e dei riti nel tempo e nello spazio.
Nel settore bibliografico si sta concludendo in queste settimane un progetto per l’indicizzazione della rivista “Rassegna mensile di Israel” per tutto il suo periodo di vita di oltre 80 anni. E’ in corso di redazione un volume che metterà a disposizione dei ricercatori tale importante strumento di ricerca. Un altro progetto attualmente in corso riguarda la catalogazione degli antichi rotoli della Torah (Sefarim) appartenenti alle Comunità delle Marche.

Ci proponiamo di aderire al più presto al progetto Michael per la digitalizzazione dei Beni Culturali, un progetto internazionale coordinato in Italia dal Ministero per i Beni e le Attività culturali. Infine sta partendo lo studio di un progetto per una rete della ricerca in materia di cultura ebraica, in particolare per quanto riguarda i beni culturali. Attraverso un apposito sito informatico seguito da un esperto, ci si propone di tenere in collegamento i soggetti che fanno ricerca, consentendo il loro continuo reciproco aggiornamento e creando le condizioni perché possano coordinarsi nello sviluppo delle rispettive attività e per mettere a disposizione del pubblico gli opportuni elementi di conoscenza. Il risultato di tutto ciò potrebbe anche essere, in prospettiva, la creazione di una rivista on-line sulla quale pubblicare i risultati delle ricerche o degli abstract delle medesime.

Lavoro da fare ne abbiamo molto. Ma anche l’interesse per il settore dei Beni Culturali Ebraici è assai elevato ed è sempre in crescita; questo convegno e gli interventi che si stanno succedendo ne sono una evidente prova. Tante più sinergie riusciremo a stabilire fra di noi, tanto meglio svolgeremo il nostro compito di studio, tutela e valorizzazione.