Cultura in prima linea

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Cultura in prima linea. Il calendario degli impegni culturali milanesi va aumentando di spessore di momento in momento e la Comunità si trova a fare fronte ad appuntamenti di grande rilievo e di grande responsabilità. Dalle iniziative culturali organizzate direttamente in Comunità a quelle cui la Comunità partecipa con diversi gradi di coinvolgimento, emerge chiaramente che l’iniziativa culturale costituisce un forte fattore di coesione e di coinvolgimento rispetto alla realtà interna, ma soprattutto il modo più corretto e costruttivo per gestire i rapporti con il mondo esterno.

“Il successo della giornata della cultura che ci siamo appena lasciati alle spalle – commenta Sara Modena, l’assessore alla Cultura della Comunità ebraica milanese – dimostra certo l’importanza del lavoro, ma soprattutto, sulla base dell’interesse raccolto, quanto ancora ci sia da investire e da costruire in questo campo”.

Milano è stata la città italiana che ha fatto registrare il più alto tasso di partecipazione alla Giornata europea della cultura ebraica. Quali i motivi di questo successo?
“A Milano abbiamo visto la presenza di diverse migliaia di cittadini (la stampa locale ha parlato di 5.000 presenze, anche se probabilmente il numero reale era un poco inferiore), che si sono messi in fila per accedere alla sinagoga di via Guastalla e partecipare alle visite guidate, ascoltare le diverse conferenze in programma e accedere ai banchi che offrivano prodotti e materiali di interesse ebraico. Il rabbino capo Alfonso Arbib, in particolare, ha tenuto un intervento molto significativo e profondo, che è stato seguito con la massima attenzione non solo dagli ebrei che erano presenti, ma da tutta la cittadinanza che era riuscita a trovare posto nella sala. Sui banchi si potevano notare numerose autorità in rappresentanza degli enti locali e delle realtà religiose, culturali e imprenditoriali. Si è trattato di un successo importante, di un grado di partecipazione crescente rispetto ai risultati già significativi che erano stati raggiunti negli scorsi anni”.

Ma le lunghe file di cittadini che si mettevano in attesa per poter accedere alla sinagoga non consiglierebbero di aprire il tempio anche in altri giorni dell’anno e di curare meglio le relazioni con il mondo esterno?
“Sicuramente si potrebbe fare di più. La sinagoga è già visitata nel corso dell’anno dalle numerose scolaresche che ne fanno richiesta. Ma l’accesso al tempio del pubblico esterno pone problemi organizzativi di non poco conto che non possono essere affrontati in ogni momento dell’anno. Da parte della Comunità, in ogni caso, è esplicito il desiderio di aprirsi con sempre maggiore attenzione agli amici non ebrei che abitano la città”.

Come?
“In occasione della giornata di quest’anno, per esempio, abbiamo lanciato l’iniziativa di raccogliere adesioni e dati di cittadini interessati a mantenersi in contatto con la comunità. La formazione di questo indirizzario è partita con un’adesione entusiastica di alcune centinaia di cittadini, che non hanno esitato in segno di amicizia ad autorizzare la Comunità al trattamento dei dati personali, così come prescrive la legge, e hanno dichiarato di voler essere tenuti al corrente delle iniziative che la Comunità assumerà prossimamente. Ma al di là della funzione pratica di questo canale aperto, mi sembra che questa piccola iniziativa possa contribuire a creare un clima di maggiore apertura e di confronto continuativo fra la Comunità e la realtà che ci circonda”.

Quali sono i momenti che più hanno caratterizzato la Giornata della cultura?

“La giornata offre per definizione una quantità di spunti innumerevoli. La lezione aperta a tutti del rav Arbib è stata unanimemente apprezzata. La rievocazione storica sulla base di testimonianze dirette sugli anni della ricostruzione e della sede di via Unione ha suscitato un grande interesse su fatti ormai lontani, ma che ci aiutano a capire e a far capire le nostre origini e la nostra storia. Ma quello che mi ha più colpito è stata la spontaneità e l’originalità delle domande che venivano da molti semplici cittadini, anche durante le visite del tempio e il discorso introduttivo rivolto a tutti da Daniela Di Veroli, che ha curato questo primo contatto, molto importante, della giornata. Molte di queste domande (una, solo per citare un esempio, riguardava un confronto fra mondo ebraico e mondo cristiano riguardo alla cosiddetta “crisi delle vocazioni”) avrebbero meritato approfondimenti specifici che durante la giornata ovviamente non erano possibili a causa del grande afflusso di pubblico”.

E gli avvenimenti satellite della Giornata?
“Mi sembra sia il caso di citare le esperienze teatrali che hanno avuto luogo al teatro dell’Olmetto e sono state molto apprezzate. Con due spettacoli, dedicati alla realtà ebraica romana e veneziana, fra le più radicate storicamente in territorio italiano, si è trattato di offrire ai milanesi un’occasione di approfondimento e di apertura alle altre comunità del nostro Paese”.
E guardando oltre alla giornata, cosa altro c’è in programma?
“Vorrei innanzitutto ricordare i corsi di lingua ebraica organizzati nei locali della Scuola a cura di Ruth Keret. Si tratta ormai di un punto di ritrovo molto importante per persone di condizioni e di età differenti, che si rendono conto come la costruzione di un’identità ebraica compiuta non possa prescindere da una buona conoscenza della lingua ebraica. I corsi sono aperti anche ai non iscritti alla Comunità”.

La realtà della Scuola, che la Comunità continua a considerare centrale per il proprio futuro e la propria vita, si sta dimostrando utile anche a chi non è iscritto direttamente all’istituto?
“Certo, e così deve essere. Il progetto Atid realizzato a giugno, per esempio, ha costituito un esperimento importante per riunire e fornire formazione e approfondimenti proprio ai giovani che non frequentano la Scuola e che la Comunità non deve dimenticare”.

Cosa altro c’è in programma?
“La stagione culturale di Milano, e non solo quella della Comunità, sarà ovviamente contrassegnata dalla grande mostra dedicata da Palazzo Reale alle arti israeliane. Israele Arte e vita 1906-2006, Omanut, questo il titolo della manifestazione, aprirà come è noto i battenti a metà ottobre. Oltre alla grande esposizione, che costituirà un’occasione eccezionale di approfondimento e di conoscenza della straordinaria produzione culturale di Israele, si svolgeranno molte manifestazioni collaterali. Si tratterà di un’esperienza straordinaria e di un’occasione importante, in cui la Comunità, assieme a tanti altri enti che hanno voluto partecipare all’organizzazione, fornirà una presenza tangibile e importante”.

Per esempio?

Sotto la guida del curatore Amnon Barzel e degli altri organizzatori, fra cui Andrea Jarach, Nelly Weissy, Paola Sereni, Florence Castiglioni, Delia Weissy e Daniele Liberanome si svolgeranno cicli di conferenze con interventi prestigiosi che consentiranno di comprendere al meglio lo straordinario patrimonio culturale, dal design al cinema, messo assieme dall’esperienza sionista in 100 anni di storia. Ma c’è dell’altro”.

Cosa?
“A dicembre è atteso un importante concerto che sarà ospitato nelle sale dell’Istituto dei ciechi di via Vivaio. Arriverà a Milano l’Orchestra da camera di Rostov per eseguire composizioni contemporanee israeliane. Poi dibattiti su grandi tempi d’attualità, come per esempio il delicato rapporto con la realtà islamica presente in Italia e altri temi di scottante attualità”.