Ad Arona posate le prime pietre d’inciampo

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di Ilaria Ester Ramazzotti

All’imbarcadero in piazza Gorizia, ricordano Victor Cantoni Mamiani e la madre Irma Finzi

Aggiungere un segno fisico, emotivo e simbolico al lungo percorso di conservazione della memoria di un evento tragico che ha segnato loro, insieme a molte altre famiglie di origine ebraica. Con questo intento sono state posate lo scorso 15 settembre le prime pietre d’inciampo ad Arona, all’imbarcadero di Villa Cantoni in piazza Gorizia, in memoria di Victor Cantoni Mamiani e di sua madre Irma Finzi, con la collaborazione dell’amministrazione comunale di Arona e alla presenza del sindaco Federico Monti.

Alla cerimonia sono intervenuti i figli Camilla e Andrea Cantoni Mamiani e la nipote Valeria Cantoni Mamiani, promotrice dell’iniziativa.
«È andata davvero bene, c’è stata una grande presenza della città di Arona, affettuosa nei confronti della nostra famiglia, che in passato era stata un po’ dimenticata per varie ragioni – ha spiegato a Bet Magazine/Mosaico Valeria Cantoni Mamiani -. Mio nonno era anche stato sindaco di Arona nei primi decenni del Novecento, promuovendo la realizzazione del lungolago. L’attuale amministrazione comunale è stata vicino alla nostra famiglia anche aiutandoci a rivalorizzare la tomba metà ebraica e metà cattolica che abbiamo nel cimitero locale, dove da alcuni anni il 27 gennaio viene celebrato il Giorno della Memoria – ha aggiunto -. Alla cerimonia del 15 settembre, lo storico Gianni di Bella ha inquadrato storicamente le vicende dell’eccidio del Lago Maggiore e della mia famiglia, descrivendo e dando carattere alle persone. Hanno partecipato anche sessanta ragazzi delle scuole medie con il loro coro, cantando e suonando melodie del film La vita è bella. Importante è stata inoltre la presenza di Milo Hasbani vicepresidente dell’UCEI e della Comunità Ebraica di Milano e di Roberto Jarach, presidente della Fondazione Memoriale della Shoah di Milano, ai quali sono molto grata. Di questo giorno, ricorderò infine e sempre l’intervento di mia zia Camilla di 83 anni, che commossa ha detto: ‘Sono sicura che i due passi che farò oggi tra le due pietre saranno i due passi più importanti della mia vita’».

Dagli anni Novanta, Villa Cantoni è stata suddivisa in differenti appartamenti e proprietà, ma il Comune di Arona ha contribuito alla sistemazione delle darsene. «Oggi, quando usciamo di casa, ci troviamo davanti le pietre in memoria del nonno e della nonna – sottolinea la nipote -. Si trovano in uno slargo di fronte all’imbarcadero dove le persone che passeggiano si fermano tutte a guardarle. Tutte. È abbastanza toccante perché non è come in una grande città come Milano dove tutti corrono. Mi piacerebbe esporre un piccolo cartello con un QR code cosicché chi si ferma possa ricevere più informazioni. Su questo vorrei coordinarmi con il gruppo che ha posato le pietre d’inciampo a Meina. Ho in testa altre iniziative per il futuro – sottolinea -. Con la presidente della Comunità Ebraica di Vercelli, Biella e Novara, Rossella Bottini Treves, presente alla cerimonia, vorrei creare una rete delle pietre d’inciampo posate su tutto il Lago Maggiore, un percorso conoscitivo sulla vita ebraica che su queste sponde è stata molto viva. Molte famiglie ebraiche o di origine ebraica, anche convertitesi al cattolicesimo, vi hanno soggiornato in case e ville, oltre che all’Hotel Victoria a Meina, che però era un luogo di passaggio».

Durante la Shoah, molte si sono salvate, alcune attraversando il lago per rifugiarsi in Svizzera, altre no. «Sono in contatto anche con Aldo Ottolenghi, un signore di 94 anni che mi ha raccontato la storia dei suoi genitori quando avevano la loro azienda a Meina e i loro uffici nella nostra Villa Cantoni, in affitto da mio nonno. Le SS arrivarono a Meina e sua madre corse ad Arona per avvisare suo marito, con cui si salvò nonostante i tedeschi, arrivati nella villa, li avessero trovati in una stanza. Lei baciò e abbracciò il marito imbarazzando i soldati che non entrarono nella camera, ma proseguirono e poi presero mio nonno».

Marco Nozza, nel suo libro Hotel Meina (edizioni Il Saggiatore), illustra come la colonia di ebrei sfollati da città lombarde, che gravitava attorno all’albergo, reagì di fronte all’arrivo delle SS, «ma ci sono altre storie di cui sarebbe importante avere memoria – sottolinea Valeria Cantoni Mamiani -, anche con l’aiuto della Fondazione CDEC di Milano che ha raccolto la documentazione sulle persone e le famiglie che furono catturate sul lago».
Obiettivo, ricostruire e raccogliere tutte le vicende accadute sul Lago Maggiore durante la Shoah.