La missione di Israele in Nepal: “una luce per il mondo”

di Carlotta Jarach

israele-nepal a scuola
Sami Sisa, Elan Tal Or e Andrea Jarach

Nelle ultime settimane sono stati tanti i commenti sugli aiuti umanitari di Israele in Nepal, a volte – paradossalmente – anche con critiche molto aspre, come quella di Human Rights Watch (QUI il commento sulla vicenda, di Paolo Salom). «Sono invece iniziative che fanno inorgoglire» dice Andrea Jarach, in occasione dell’incontro del Keren Hayesod di giovedì 11 giugno “Una luce per il mondo”, tenuto nell’Aula Magna della Scuola ebraica.

Il nuovo Consiglio esecutivo del KH ha invitato infatti il medico Elan Tal Or  per parlare della vita nell’ospedale da campo allestito da Israele in Nepal.

Specializzato in medicina d’urgenza, Elan non era la prima volta che partiva: «A Katmandu la tragedia non è finita con il termine del terremoto, perché tante sono state le frane e i morti successivi, e molte le difficoltà per recuperare i corpi e le persone, per la geografia del Paese, in gran parte montagnoso. Fondamentali gli elicotteri, che raggiungevano la base ad ogni ora del giorno e della notte».

Duecentododici, questo il numero tra medici, volontari e soldati che, dopo le vaccinazioni del caso, hanno repentinamente risposto al bisogno: attraverso delle slide, Elan  mostra l’area su cui è stato allestito l’ospedale, le tende che facevano da alloggio e quelle sotto cui si svolgeva la vera attività medica.

In undici giorni sono stati curati oltre 1600 pazienti e fatti 55 interventi: infatti la base era stata segnalata dalle stesse Nazioni Unite come punto di raccolta per i feriti. Tutti venivano inviati all’ospedale temporaneo di Israele, fornito di tutte le attrezzature all’avanguardia.

Reparti di medicina intensiva, di emergenza, sale operatorie e sale parto: sono nati due bambini al campo e uno di loro è stato chiamato Israel. «Il nostro era un campo allegro gioioso e ricco di giocattoli: nelle scorse missioni abbiamo visto che distrarre i piccoli pazienti con palloncini, clown e colori li rende più sereni, e così tutti vivono un clima più disteso»: e si vede, dalle foto, una continua risata, tra canti e nasi rossi di pagliacci improvvisati.

«È la ‘nice Israel’ che combatte ogni negatività» conclude Elan.