Problemi, opportunità e sfide per i giovani ebrei al centro dell’ultima #RavRock@Night

Giovani

di Naomi Stern

ravrockContinua il ciclo di lezioni tenute da Rav Della Rocca, rinominato Rav Rock per l’occasione, ai giovani della Comunità ebraica, che lezione dopo lezione raccoglie sempre più partecipanti.

Problemi, opportunità e sfide per un giovane ebreo oggi: questo il titolo della serata di #RavRock@Night che ha riunito un numeroso gruppo di ragazzi a casa Amrami.

“C’è una corrente di persone che vuole andare in Israele per scelte ideologiche o religiose. E, se è vero che tutte le scelte che facciamo nella vita possono essere confessabili come inconfessabili, questa è una scelta che rientra in quelle che si fanno anche per disperazione o per scappare dalla realtà in cui ci si trova.

Nella Comunità di Roma, per esempio, partono molti giovani per Israele. C’è chi invece sceglie consapevolmente di restare qui in Italia. Ma è inevitabile notare come oggi il trend delle migrazioni stia crescendo in maniera impressionante e tutto ciò priva le Comunità italiane di risorse intellettuali e di energie”.

Ha proseguito Rav Della Rocca: “È bene chiedersi, ora che l’antisemitismo è incalzante e che le Comunità sono in crisi, quali siano effettivamente le possibilità per un giovane. Non dimentichiamoci che in ballo possono esserci anche scelte professionali o matrimoniali. Ci sono gli amici e la famiglia a cui pensare. Tutto questo crea una certa inquietudine e conflittualità. La società in cui viviamo però non ci fa stare tranquilli come ebrei e come cittadini italiani. Ovviamente neanche in Israele si vive serenamente, la vita è sempre appesa a un filo e si è contornati da una tensione pazzesca. C’è però una grande energia, una società giovane, dinamica e un’immensa voglia di fare e costruire. Un’energia che scongiura la morte in quest’atmosfera di tensione”.

Rav Rock ha poi intrecciato un racconto biblico con questi temi spinosi.

Si narra che, dopo sette giorni dall’uscita dall’Egitto, gli ebrei si resero conto che gli egiziani li stavano inseguendo per riportarli schiavi in Egitto.  Il popolo ebraico si schierò così in quattro partiti: il primo credeva che fosse meglio combattere gli egiziani e piuttosto morire combattendo rispetto a tornare in Egitto.
C’erano poi coloro che volevano arrendersi, pensando di non avere nessuna speranza di vincere gli egiziani.
Un terzo partito voleva invece suicidarsi annegandosi nel Mar Rosso con l’idea che fosse meglio morire che vivere da schiavi. Un’idea di comportamento simile a quella degli ebrei di Masada che si suicidarono per non cadere in mano ai romani.

Il quarto partito, invece, vedeva nella preghiera la soluzione a tutto. La preghiera collettiva di una comunità di fede come quella ebraica avrebbe reso possibile un aiuto divino.

“Voi cosa avreste fatto?” ha domandato Rav Della Rocca ai giovani partecipanti.

“Mosè, visto il suo popolo spaccato in quattro fazioni, si rivolse a D-o per sapere cosa doveva fare. D-o gli rispose di dire ai Figli di Israele di avanzare senza paura, di muoversi. Un ebreo, allora si è buttò in mare ed iniziò ad avanzare, con la fiducia che qualcosa sarebbe successo. Fu così che il Mar Rosso si aprì consentendo il passaggio a tutto il popolo ebraico”.

Ha proseguito Rav Della Rocca spiegando come, in qualsiasi situazione di angoscia, costipata o occlusa che viviamo, le soluzioni siano sempre queste quattro. La soluzione migliore è sempre combattere piuttosto che arrendersi ma a volte capita di doversi affidare ad una quinta soluzione, quella dell’impossibile. C’è chi la vive perché ha fiducia e emunà. Ma chi non ne ha, come fa?

Israele, per esempio, con tutto quello che sta vivendo, è come se stesse attraversando una situazione impossibile da risolvere sulla carta. I giovani vivono i loro migliori anni della vita in una maniera impossibile, restando anni interi nell’esercito. Ma, nonostante questa realtà impossibile, questa sfida quotidiana, rispondono con la vita e con la quotidianità.

Noi siamo il popolo del nonostante tutto, dell’andiamo avanti! Dobbiamo essere noi a fare il primo passo, dobbiamo essere noi a spezzare qualche meccanismo. Essere ebrei presuppone di sognare, di avere un progetto, una vision! Senza nulla di questo rischiamo di impazzire e di restare ancorati a una piattezza e ad uno squallore infinito.”

A questo punto la domanda sorge spontanea: cosa bisogna fare oggi?

“Nessuno ha una ricetta perfetta da consigliare a tutti; l’importante è che ognuno deve credere fortemente nella strada che decide di intraprendere. Se, per esempio, una persona decide di restare in Italia, è importante che partecipi alla costruzione della società in cui vive. È innegabile che tutti noi facciamo parte di una società più ampia a cui dobbiamo dare un contributo e più sviluppiamo la nostra specificità e più possiamo contribuire alla costruzione della società in cui viviamo. Ed è proprio in un contesto come questo che la Comunità a cui si appartiene diventa un’opportunità per conoscere persone con cui si condividono dei valori comuni”.

Rav Della Rocca ha poi ipotizzato cosa succederebbe se tutti i liceali ebrei italiani decidessero di non scrivere a scuola il sabato. Ogni settimana 500 ragazzi sparsi per le città italiane potrebbero dimostrare che esiste il diritto alla diversità, e potrebbero farlo attraverso dei fatti concreti, andando così a creare la forza per il rispetto del diverso.

Ha poi concluso: “Se le persone si abituano a fare troppi compromessi, poi la vita diventa un compromesso unico. Andare a vivere in Israele è una scelta che comporta una serie di compromessi che si devono fare. Prima di fare una scelta del genere è importante mettere sul piatto della bilancia quali sono le priorità della propria vita, capendo bene cosa è irrinunciabile e cosa invece non è proprio indispensabile.

Non dimentichiamoci che Mosè chiamò il suo primo figlio Gershom, che tradotto significa “straniero là”. Il nome indica una condizione esistenziale di estraneità che contraddistingue sempre l’azione dell’abitare nell’ebreo”.