La nostra Scuola ai tempi del Covid-19: parlano i ragazzi

di Ilaria Myr

Lezioni a distanza, timori e rimpianti, ma anche più tempo  a disposizione per ampliare gli interessi e per responsabilizzarsi: l’avvento della pandemia ha significato questo e molto altro per gli studenti di tutti gli ordini, dalle elementari ai licei

Da un giorno all’altro non sono più potuti andare a scuola, a causa della diffusione del Covid-19. Un’interruzione che inizialmente doveva essere breve, ma che, dopo poco, si è capito sarebbe stata invece molto più lunga. Gli studenti di tutta Italia e di tutti gli ordini sono stati scaraventati in brevissimo tempo in una realtà totalmente nuova per loro, ma anche per gli adulti a cui fanno riferimento: i genitori, gli insegnanti e anche le istituzioni che sono a capo della gestione della didattica. Come tutti i bambini e ragazzi italiani, anche gli studenti della Scuola della Comunità ebraica di Milano hanno dovuto fare i conti con questo stop improvviso nella loro vita quotidiana e tuttora si trovano a doverne gestire le conseguenze.
Le reazioni variano ovviamente da persona a persona, e anche a seconda dell’età. Sui più piccoli l’impatto per alcuni è stato inevitabilmente di natura emotiva. «All’inizio mio figlio era molto spaventato – spiega la mamma di Ben, 9 anni -. Mi chiedeva: “Cosa ci succederà se tu e papà vi ammalate?”. Ne abbiamo parlato, abbiamo guardato dei video che spiegavano ai bambini, con il loro linguaggio, cos’è il virus, e ci siamo confrontati molto. La ripresa delle lezioni online gli ha dato un ritmo e ha avuto un forte effetto calmante su di lui. Ora sta meglio, apprezza molto il tempo che passiamo tutti in casa insieme, ma ha ancora difficoltà ad avere un sonno tranquillo di notte».
Manuela, madre dei due gemelli Aaron e Yael di 8 anni, parla di una loro reazione cosciente. «Hanno capito che c’era un problema e reagito con molta consapevolezza, prestando attenzione ai limiti per difendersi dalla malattia – spiega -. Ma certo cambiare così repentinamente e drasticamente il ritmo di vita ha creato molto nervosismo, in particolare nel maschietto».
L’isolamento in quarantena ha soprattutto comportato l’assenza di una vita sociale fisica. «Della scuola mi mancano i compagni e anche il luogo, perché di fatto è la mia seconda casa – spiega David di 3° tecnico -. E poi andare al tempio ogni venerdì sera e sabato, come ho sempre fatto nella mia vita normale… Con gli amici facciamo incontri su Zoom e ci sentiamo per telefono, ma certo non è la stessa cosa che vedersi fisicamente».
Stare con gli amici e giocare con loro è quello che manca più di tutto ai bambini della primaria, che hanno dovuto trovare attività alternative. «Yael continua a giocare come faceva prima con le Barbie e spesso lo fa anche, con Zoom, con le sue amiche, oppure fa lavoretti di bricolage e di fantasia – spiega Manuela -. Per Aaron, più “fisico”, è più complesso: gli manca molto il contatto con gli amici, che ora ritrova con i videogiochi».
Allo stesso tempo, però, il fatto di avere più tempo libero ha permesso a bambini e ragazzi di dedicarsi alle attività in modo nuovo e diverso. «Aaron si sta appassionando alla chitarra, che aveva iniziato a studiare prima della pandemia, e appena può si esercita – continua la mamma dei gemelli -. Mentre Yael ha da sola imparato a fare presentazioni in Power Point e appena il computer è libero ci si mette. E poi ha iniziato fin da subito a scrivere un bellissimo diario della quarantena, con suoi pensieri e disegni. Stanno, insomma, tirando fuori cose che non avrebbero fatto in altri momenti». Anche Daniel, 1° media, passa molto tempo sui videogame con i compagni, ma impara anche cose nuove. «Purtroppo, stando sempre connesso, si sta disabituando al gioco fisico – spiega la madre Claudia -. Ma, allo stesso tempo, è diventato il nostro consulente informatico: è lui che ci spiega come usare Zoom». «E poi ho imparato a fare la challà e la pasta», aggiunge Daniel.

La didattica a distanza
Un salto nel buio è stata anche l’adozione della didattica a distanza, gestita fin dall’inizio dalla nostra scuola in modo serio e corretto. «Sia alla primaria che alle medie è stata gestita molto bene – spiega Manuela, madre anche di un ragazzo di 1° media -. I bambini non sono mai stati lasciati soli, e i ragazzi delle medie fin da subito hanno avuto lezioni online».
«Ben si è subito organizzato molto bene da solo – spiega Ester – e gestisce le lezioni e i compiti in modo molto autonomo». «Alle medie lo studio è programmato nelle ore del mattino – spiega Claudia -. Questo significa che da un lato si concentra bene, ma dall’altro c’è poi tutto il pomeriggio libero, e la giornata diventa lunga… L’essere online permette però ai ragazzi di fare insieme i compiti e di condividere le ricerche. Sicuramente questa nuova modalità lo sta aiutando a responsabilizzarsi e diventare più autonomo».
Non dovendo spostarsi fisicamente per andare a scuola e avendo le attività extrascolastiche ridotte, i ragazzi più grandi possono dedicare più tempo ai libri. «Studio più di quanto pensassi e sono molto migliorato – spiega David (3° tecnico) -. Ho meno distrazioni e mi concentro di più, e questo è senz’altro positivo».
«Stare però tutto il giorno davanti al computer è stancante», commenta Joel, di 5° scientifico. E poi stare sempre in casa con tutta la famiglia non è facile. «Anche noi genitori, che dobbiamo continuare a lavorare, spesso diventiamo nervosi e i bambini ne risentono», spiega Ester.
Per chi deve fare gli esami di fine ciclo la nuova modalità è ancora piena di interrogativi e anche di rimpianti. «L’esame di 3° media è la conclusione di un cerchio di tre anni di studio, il primo vero ciclo in cui cominciamo a essere autonomi – spiega Léa, che sta preparando la tesina -. Ma fatto in questo modo non ho l’impressione che il cerchio si chiuda: fino all’ultimo siamo stati tenuti nel dubbio di come si sarebbe svolto, non avremo un ‘vero esame’ e, soprattutto, non potremo fare una festa di fine anno con tutti i compagni e i professori. Un vero peccato».
«Senza saperlo, il mio ultimo giorno di scuola è stato il 21 febbraio. Quanto invece avrei voluto festeggiarlo in modo normale con i miei compagni, nella mia scuola! E fare la notte prima degli esami con gli amici. La nostra sarà una maturità molto diversa…». Le parole di Jonathan, studente della 5° scientifico, raccontano da sole quello che l’emergenza coronavirus significa per un ragazzo che deve fare quest’anno la maturità. Tristezza, mista a rabbia «perché fino all’ultimo non sappevamo quali materie avremmo dovuto preparare. Il Ministero non può lasciarci così fino all’ultimo!». La pensa così anche il suo compagno Joel, che dice: «Abbiamo smesso la scuola un giorno qualunque: non eravamo consapevoli che quella sarebbe stata l’ultima campanella della nostra carriera scolastica, che avremmo sentito con i nostri compagni… Molti di loro dopo la maturità andranno all’estero e sarebbe stato bello concludere il liceo tutti insieme».

Eventi culturali per i giovani – Parla l’Assessore Olympia Foà

«Stavamo organizzando un evento in stile Ted Talks, con tanti giovani ebrei sul palco, con l’obiettivo di conoscerci meglio all’interno della comunità. Ma, con l’avvento della pandemia, abbiamo dovuto ripensare al format; il risultato? Dodici incontri online, dedicati ai temi più diversi, seguiti in media dai 50 agli 80 partecipanti». Olympia Foà, assessore ai giovani della Comunità ebraica di Milano, è molto soddisfatta dell’iniziativa che l’assessorato ha organizzato insieme a JOI e che ha riscontrato un grande apprezzamento sia per il format sia per la diversità dei temi trattati: da “Think different” con Gheula Cannarutto a “L’arte fra matematica e Cabala” con Tobia Ravà, da “Ironia e pregiudizi” con Aberto Caviglia a “Economia ai tempi del Coronavirus” con Alberto Foà, fino a “Da Siracusa al Negev, sole, specchio ed energia”. Un altro motivo di orgoglio per l’Assessorato Giovani è il lavoro di volontariato fatto coinvolgendo molti ragazzi nella consegna della spesa alle persone anziane e a chi ne aveva bisogno durante la quarantena. «I giovani, di tutte le edot, hanno reso un ottimo servizio alla Comunità, dimostrando che, se vogliamo, possiamo anche fare Comunità. Grazie a tutti».