di Roberto Zadik
Comunità
Viaggio in Polonia con l’Hashomer Hatzair: un inno alla libertà
Pubblichiamo una lettera di Elena Foà, madrichà dell‘Hashomer Hatzair dopo il viaggio in Polonia.
Dopo l’esperienza del viaggio in Polonia, realizzato con i miei scout, vorrei discutere con voi di questa meravigliosa libertà che caratterizza la nostra vita.
Forse una parola così nota acquista ancora più senso quando noi parliamo del suo contrario. Questo ci porta a vedere il risultato della realizzazione della negazione quotidiana dei diritti dell’altro. Cosa intendo dire? Una persona è libera quando l’altro può godere di tutti i suoi diritti.
Quando c’è qualcuno che non gode dei propri diritti noi non possiamo sentirci liberi. Banalmente i tedeschi ariani,che a differenza degli ebrei, erano cittadini a pieno titolo, erano comunque sottomessi al nazismo.
Il mio primo giorno in Polonia ho visitato il campo di lavoro/concentramento di Plaszow.
Lì, davanti ai miei occhi, vedevo solo una distesa di erba, un parco dove famiglie serene trascorrono il loro tempo.
Dove prima c’era una fossa comune ,nella quale venivano bruciati dei corpi, ora ci sono dei bambini che imparano ad andare in bicicletta.
Queste piccole azioni sono circondate da monumenti che ricordano quei corpi ammassati ,svuotati della loro identità.
Ma anche analizzando quel modo istituzionale di fare memoria c’è qualcosa che ci lascia attoniti; ognuno ha cercato di sottolineare soltanto la propria parte di sofferenza.
Erano infatti presenti più monumenti, riferiti alle differenti tipologie di deportati, quasi a tramandare la maledizione dei triangoli che i nazisti avevano imposto sulle loro vesti , dimenticandosi del valore “UOMO”.
C’è bisogno di fare memoria per mantenere la libertà, ma come?
Per cominciare bisogna ricordare tutti i campi, anche quelli che non hanno avuto vittime italiane ma che hanno rappresentato la condanna del genere umano, effettuata dal nazismo.
Penso alla distesa di Treblinka, una piccola frazione rispetto alla vastità di Auschwitz, ma nella quale hanno perso vita ben 800’000 ebrei e con loro 2’000 Rom.
Qui, dove non venivano effettuate selezioni per il lavoro forzato, come nel più noto Auschwitz Birkenau, la vita diventava cenere dopo pochi passi.
Passi che risuonano nella mente dei visitatori di Majdanek davanti alle montagne di scarpe, un tempo appartenute ai deportati e oggi donate allo sguardo di chi ha bisogno di vedere per credere.
Chi è il visitatore di oggi? Una persona che ha bisogno di rabbrividire davanti ai capelli recisi delle vittime, mostrati in una teca ad Auschwitz? Oppure è una persona che vuole riflettere su come tutto ciò sia stato
possibile?
Banalmente questa domanda è più scomoda, perché ci porta a riflettere sulla quotidianità e quindi sull’attualità, che ancora oggi vede morire dei bambini nei giochi politici della guerra dei grandi.
I campi ci mostrano, in modo macroscopico, fino a dove possano condurre l’egoismo e la volonta di sopraffazione. Trovo assurdo il fatto che l’essere umano, di sua natura, debba pravalicare qualcuno, e questo succede tutti i giorni ed in ogni luogo, banalmente (qui), a scuola.
Si, il viaggio nella memoria mi fa riflettere sul sui giorni nostri. Forse è per questo spaventa.
A volte tutto il mondo di informazioni che ci circondano , sembra ricomporsi attraverso delle chiavi di lettura. Così, anche se può sembrare strano, all’ombra della Shoà si può pensare al messaggio di un cartone animato; Il re leone.
Questo ha accompagnato la mia infanzia con le sue parole
:” il ciclo della vita, si nasce per donare vita ad altri”… Un po’ mi consola perché quello che una volta è stato ucciso ha lasciato posto per donare un’ altra vita.
Questa oggi a Majdanek come a treblinka, a Birkenau come a Varsavia, risuona nel canto degli uccellini, nel canto dei grilli, nel gracidare delle rane e nei formicai che brulicano di frenetico lavorio.
Questo viaggio mi ha regalato euforia, voglia di pensare al nostro futuro e alla ricerca di una felicità condivisa.
Bilancio preventivo 2017: conti migliori, ma c’è bisogno della partecipazione degli iscritti
di Ilaria Myr
Mercoledì 3 maggio si è tenuta l’Assemblea della Comunità per la presentazione dei conti economici preventivi del 2017. Appello a una maggiore partecipazione.
Comunicato della Comunità ebraica su rapporti tra Consigliera Comunale Sumaya Abdel Qader e BDS Lombardia
di Comunità ebraica di Milano
Comunicato stampa
L’alimentazione nei ragazzi della Scuola ebraica: il 4 maggio i risultati della ricerca AME

A settembre del 2016 l’AME Milano aveva annunciato il lancio di un progetto di valutazione alimentare sulla popolazione scolastica, iniziando con i ragazzi iscritti al Maccabi.
A loro era stato consegnato un questionario contenente 12 domande sulle abitudini alimentari; le risposte, messe in relazione al peso e all’altezza del ragazzo, sono state poipoi elaborate da un computer da un team di dietologi dell’IRCCS Istituto Ortopedico Galeazzi.
Oggi i risultati sono pronti, ed emergono dati molto interessanti, che verranno presentati alla Scuola Ebraica il 4 Maggio. “La fascia adolescenziale tra gli 11 e i 17 anni è quella che necessita maggiormente di un intervento educativo, oltre il 20% (rosso) – spiegano Matteo Briguglio e Maurizio Turiel -. Il punteggio intermedio (giallo) prevede, seppur in misura minore, un intervento di educazione alimentare”.
La compilazione dei questionari ha permesso l’attribuzione di un punteggio suddiviso in tre fasce: ≤3, 4-7, e 8-12. Maggiore è il punteggio e migliore è l’aderenza ad una dieta equilibrata che prevenga l’obesità, disordini metabolici, e malattie cardio-vascolari.
Grazie a CEM, Curia e Coreis parte il progetto di prevenzione del terrorismo nelle carceri. Davide Romano: “Ce l’abbiamo fatta”

Dopo qualche anno di gestazione, diventa finalmente realtà il progetto di prevenzione del terrorismo a partire dalle carceri, fortemente voluto dall’assessore alla cultura della Comunità ebraica Davide Romano, insieme alla Curia e a Coreis. Fondamentale è il contributo della Fondazione Cariplo, che stanzierà i fondi per retribuire le persone che daranno il corso.
L’iniziativa parte da un dato di fatto ormai tristemente noto: tantissimi terroristi islamici entrano in carcere come criminali (laici) comuni, per poi radicalizzarsi e uscirne da jihadisti. Tutti i tecnici del settore hanno registrato questo dato, ma la politica è molto in ritardo e troppo poco si è fatto da parte delle istituzioni in termini di prevenzione.
“Questo è un tema che chi mi conosce sa bene essere una mia priorità da anni – dichiara Davide Romano -. Per questo da quando sono assessore alla Cultura (un paio d’anni) stiamo lavorando come Comunità Ebraica di Milano insieme alla Curia e il Coreis di Milano per entrare nelle carceri con dei corsi dedicati alla diversità e alla tolleranza reciproca. L’anno scorso il corso lo abbiamo tenuto solo agli agenti di custodia, grazie agli interventi di Rav Davide Sciunnach quest’anno finalmente arriveremo ai detenuti. Un esempio che dalla Lombardia potrebbe un domani essere preso a modello nazionale. Nel frattempo accontentiamoci del successo lombardo”.
L’appuntamento per la presentazione del progetto è giovedì 30 marzo 2017, ore 17.30, Sala Polivalente “Francesco Di Cataldo”, Casa Circondariale Milano San Vittore – Piazza Filangieri 2.
E’ necessario preiscriversi all’evento inviando i nominativi alla mail
educazionepluralismoip@gmail.com entro il giorno 27 marzo pv