n° 7/8 - Lug/Ago 2012

Basta divisioni, governare uniti si può

2012
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n° 7/8 – Lug/Ago 2012
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Cari lettori, care lettrici,

“Il passato è una terra straniera: fanno le cose in modo diverso laggiù”, scriveva Leslie P. Hartley in quel bellissimo romanzo, appena ristampato, che è Messaggero d’amore (Nutrimenti editore). Una terra straniera nel senso che a volte facciamo fatica, voltandoci indietro, a riconoscere le persone che eravamo e le circostanze che ci hanno portato dove siamo ora. Perché, se così non fosse, se non ci fossero l’oblio e il sentimento del distacco, non sarebbe possibile cambiare, e non avremmo modo di attraversare le stagioni della vita in modo differente rispetto alle premesse e adattarci così alle alterne fortune.

Questa celeberrima frase che ben si attaglia al destino individuale delle persone andrebbe allargata anche al destino storico delle Nazioni quando accade, ad esempio, che un’intera generazione si volti indietro, e con molta fatica riesca a riconoscere se stessa. Mi soffermo su questo aspetto perché ho incontrato pochi giorni fa un gruppo di signore della Comunità, di origine greca e egiziana. Si parlava di attualità, delle elezioni in Grecia e in Egitto e di come l’esito dei due confronti avrebbe influenzato la porzione di mondo nella quale viviamo. Queste signore si chinavano incredule sull’attuale presente delle loro antiche terre d’origine: le greche per ricordarne l’opulenza confrontandola con lo sbando della crisi politico-economica odierna; le egiziane per rievocare la tolleranza passata e l’attuale involuzione dei costumi, e quanto distante fosse l’Egitto cosmopolita di allora. E così, improvvisamente, il passato è sembrato a loro lontanissimo, una terra straniera dove tutto era diverso. Un vissuto irriconoscibile, in cui l’identità di adesso fa fatica a specchiarsi. Lo stesso rischia di accadere a tutti noi oggi, in un’Italia che ha perso le sue certezze, una Grecia sul lastrico e un’Europa che rischia di trasformarsi in un parco a tema o in un museo, marginale rispetto a ciò che avviene nel resto del pianeta, inabissandosi in una crisi irreversibile -crollo demografico, dell’euro, dell’egemonia politica- (vedi il bel reportage sulla Grecia a pag. 6).

E invece si dovrebbe tornare all’amore per la polis, alla nobiltà della politica, all’idea di restituire alla comunità quello che la vita ci ha dato in termini di pienezza: un plauso va quindi al nuovo Consiglio della Comunità appena eletto. L’amore per la polis è anche nelle parole del Ministro del Lavoro Elsa Fornero in recente visita all’ADEI e ospite dell’UGEI di Milano (pag. 34). Che ci ricorda così una verità ammaccata e da tempo dimenticata: che chi governa, dopotutto, dovrebbe farlo anche in nome di qualche ideale.

Fiona Diwan