Se il “fuoco amico” uccide un arabo è sempre colpa di Israele

Taccuino

di Paolo Salom

Una bambina palestinese di tre anni è rimasta uccisa quando un missile kassam lanciato da Gaza con l’intenzione di colpire Israele è caduto prima del tempo (o semplicemente la mira era sbagliata), colpendo una bambina col “fuoco amico”, uccisa per errore della sua stessa gente. Un’altra vittima innocente, una morte atroce. Riporto qui oggi l’episodio semplicemente per sottolineare come questa sia stata una vicenda che non ha trovato eco sui media occidentali: la notizia è girata brevemente nei social network, ma non ha lasciato strascichi, né polemiche. O meglio, una polemica in realtà c’è stata e tutta interna a quel movimento che si definisce “pacifista” e in realtà è per lo più formato da attivisti occidentali che hanno sposato la causa palestinese, senza se e senza ma.

Dunque, cosa è successo?
Permettetemi di non nominare qui le protagoniste della peraltro tragicomica questione. I loro nomi non meritano di essere ricordati. Ecco però i fatti. All’indomani dell’incidente di Gaza, la seconda attivista, meno nota della prima, sul proprio diario Facebook ha attribuito la morte della bambina ai “sionisti” (tattica frequente). La prima, più famosa e da tempo celebrata per la sua opera in difesa dei palestinesi, ha corretto la “collega” scrivendo, testuale, che si era trattato di “un incidente interno”, scatenando però l’ira incontenibile dell’interlocutrice, furiosa per un’affermazione così favorevole agli odiati sionisti (e magari piccata per essere stata smascherata da una compagna di lotta): “Infanghi la resistenza!”. La lite è stata furiosa, con promesse di reciproca scomunica: un esempio di due partigiane della stessa “causa” l’una contro l’altra armate per la primogenitura. Ma, quel che a noi interessa, è stata anche la cartina di tornasole di come un conflitto che perdura da oltre un secolo – quello tra ebrei e arabi – abbia sempre più assunto una parvenza metafisica. Non esiste la realtà, non esistono torti e ragioni, come accade nelle cose umane, suddivisi tra i contendenti, titolari entrambi di diritti (compatibili?) sulla terra. Soprattutto, non esiste altro: che in Eretz Israel lo scontro, a volte durissimo, produca un minimo di vittime se paragonato a quanto accade a poca distanza (Siria, Iraq, Egitto, Libia e quanti ancora?) non ha alcuna importanza. Tutto si tiene nella trasformazione di una parte (Israele) nel mostro sadico e sanguinario, l’altra (gli arabi palestinesi) nella vittima (sempre) innocente che cerca di evitare l’annientamento. Questa, nel lontano Occidente, è la chiave di lettura che riporta i termini della questione nella tradizione antica. Gli ebrei sono dalla parte sbagliata della Storia. E se i fatti parlano di una realtà differente, be’, al diavolo i fatti: se ne può fare a meno. O cambiarli a piacere.