La Grotta dei patriarchi

L’Unesco, la Tomba dei Patriarchi e l’incessante delegittimazione di Israele

Taccuino

di Paolo Salom

Dunque ci risiamo. L’Unesco si è pronunciata di nuovo a scrutinio segreto. La maggioranza automatica (12 voti a favore, 3 contro e 6 astenuti) ha decretato che la Città Vecchia di Hebron, con la Grotta dei Patriarchi, è un “patrimonio palestinese in pericolo”. La risoluzione segue di un anno una analoga che aveva addirittura negato ogni relazione del popolo ebraico con il Monte del Tempio e il Muro Occidentale. Ridicolo? Tragico. Intanto perché dall’inopinata accettazione dei palestinesi nell’organismo dell’Onu che dovrebbe occuparsi di cultura, l’agenzia con sede a Parigi è diventata un’arma politica. E in secondo luogo perché queste decisioni, che nulla cambiano sul terreno, hanno però l’effetto di spingere i palestinesi a un’intransigenza sempre maggiore: a che serve trattare – e magari dover concedere qualcosa – quando così facendo ottengono sempre quanto si propongono?

E qui è bene togliersi ogni illusione. Quanto avviene sulla scena internazionale non è un susseguirsi casuale di atti anti-israeliani. Al contrario è tutto parte di una precisa strategia per mantenere l’iniziativa nel conflitto “con gli ebrei”, mettere Israele con le spalle al muro di fronte all’opinione pubblica internazionale, delegittimare gradualmente il senso della presenza ebraica nella Madrepatria storica. Per ottenere tutto questo si può mentire senza timori di sfiorare il ridicolo (nessuna relazione degli ebrei con la tomba di Abramo e Isacco?), tanto a nessuno nel mondo importa qualcosa.

Tutto questo mi ricorda gli anni precedenti la tragedia della Seconda guerra mondiale, quando nazisti e fascisti hanno piano piano spinto gli ebrei ai margini della società prima con leggi e decreti (in Germania le leggi di Norimberga del 1935; in Italia le leggi razziali del 1938) che toglievano tutti i diritti di cittadinanza, poi con azioni violente, pogrom, la riapertura dei ghetti, la persecuzione. Tutte cose che hanno preparato il terreno alla Shoah, avvenuta in un’Europa cieca e sorda di fronte allo sterminio di sei milioni di ebrei.

E in Medio Oriente? Certo le due vicende non possono essere messe sullo stesso piano. Tuttavia le azioni dei palestinesi non hanno lo scopo di costringere Israele a trattare. Tutt’altro: il senso è quello di delegittimare lo Stato ebraico in vista di una possibile prossima rivolta che, anche se non porterà vittorie “militari”, spingerà lo Stato ebraico sul lato sbagliato della Storia. Non perché sia davvero così, ma perché questo è quanto il lontano Occidente vuole vedere. Prepariamoci.