Il pugile Jake La Motta

Ko finale per Jake LaMotta, morto il grande pugile di madre ebrea a 96 anni

di Roberto Zadik

Lo scorso 19 settembre, il mondo della boxe ha perso una delle sue leggende, il grande pugile Giacobbe, detto “Jake”, LaMotta deceduto a 95 anni a causa di una grave polmonite.

Famoso per le sue sfide sul ring e per la vita tempestosa, visse varie traversie, come la prigione, in seguito a diverse accuse di violenza sessuale. Fece inoltre sei matrimoni burrascosi (con cinque mogli) dai quali nacquero sei figli, e vide morire due di loro – Jake LaMotta Jr di cancro al fegato e Joseph, a causa di un incidente aereo con la Swissair nel 1998 -.

Ma il campione nascondeva diversi segreti. Nato da padre siciliano che lo spinse a battersi con guantoni e grinta, fin dall’adolescenza, non tutti sanno che sua madre era ebrea, forse di origini triestine. Difatti si chiamava Jakob, tipico nome biblico, ma dato che molti americani non ebrei si chiamano Samuel, Jonathan o David, nessuno si accorse di questo importante particolare, e quindi secondo la legge ebraica, LaMotta sarebbe stato ebreo a tutti gli effetti.

Ma qual era il rapporto  di questo tormentato campione di pugilato con le sue radici ebraiche? Nato il 10 luglio 1922 a New York, la sua vita è stata oggetto di un capolavoro come “Toro Scatenato” diretto dal grande Martin Scorsese e interpretato da un Robert De Niro in forma smagliante, ma non vi è nessun riferimento sul suo lato ebraico. Asso della boxe, combattivo, grintoso, lunatico e spesso taciturno, secondo quanto riportano i siti  Dailymail e The Guardian, l’ultima delle sue mogli, Denise Baker – sposata solo nel 2013 dopo un lunghissimo fidanzamento – lo ricorda come una persona che “sapeva essere dolce, sensibile e dotata di un forte senso dell’umorismo”. Molto si sa dei suoi combattimenti, delle sfide con grandi campioni come Sugar Ray Robinson , suo acerrimo rivale, del folgorante successo fra gli anni ’40 e il decennio successivo e del ritiro nel 1954 a 33 anni, dandosi a vari interessi, dalla ristorazione al cinema, come attore di documentari e film,  ma il mistero resta fitto su sua madre e i legami con l’ebraismo.

Secondo alcune indiscrezioni, LaMotta aveva un rapporto complesso con questo elemento, non a caso quattro delle sue cinque mogli erano ebree.

Carattere difficile, come ben si vede nel film di Scorsese, la sua carriera durò solo 14 anni, dal 1940 al 1954, in cui collezionò una serie incredibile di vittorie, divenendo Campione del Mondo, ma riportando seri traumi cranici come nel celebre “Massacro di San Valentino” dove il 14 febbraio 1951 Sugar Ray Robinson lo massacrò di pugni i primi due round. Poi però come sempre LaMotta si rialzò esanime e vinse il match con una spettacolosa rimonta. Fu un incontro molto violento che suscitò molte critiche e polemiche ma di eccezionale tensione e adrenalina.

Con LaMotta scompare un personaggio dotato di forza e carisma invidiabili, che restò una star anche molto dopo il suo ritiro, come Cassius Clay o Mike Tyson, e che visse intensamente fra trionfi e problemi.