Le risposte degli artisti israeliani al trauma del 7 ottobre

di Marina Gersony
Dirompenti, creative, coinvolgenti ed emozionanti: sono le opere d’arte create da pittori, illustratori, professionisti e dilettanti israeliani in risposta agli orrori del 7 ottobre. Alcune di esse rappresentano le reazioni di artisti professionisti che usano il loro talento come sfogo al proprio trauma, mentre altre sono espressioni amatoriali ma toccanti di dolore. Molte di queste opere vogliono documentare le atrocità affinché il mondo le veda. Si tratta di una nuova forma di espressione che nasce dal trauma e dal dolore in un’ondata inarrestabile di emozioni, suggestioni e turbamenti che esprime una forte spinta alla condivisione.

Un interessante articolo del Jewish Chronicle ha evidenziato questo fenomeno in crescita in Israele. Craig Dershowitz, CEO di Artists 4 Israel, ha dichiarato che, da quando l’organizzazione è stata fondata 13 anni fa, non hanno mai assistito a un fenomeno così potente ed elaborato come quello durante questa guerra. «Stiamo vedendo gli artisti fare passi avanti, stiamo vedendo emergere collettivi di artisti. È davvero incredibile», ha sottolineato Dershowitz.

L’arte, del resto come noto, ha sempre giocato un ruolo centrale nell’elaborazione dei traumi, offrendo un ruolo terapeutico tanto più importante quanto più profonda è la ferita inferta dal trauma stesso. Questa forma di arte post-traumatica contribuisce positivamente a metabolizzare e elaborare sia per l’artista che per il fruitore.

Il sito di Artists 4 Israel raccoglie numerose e straordinarie iniziative artistiche durante questo periodo di conflitto. L’obiettivo è prevenire la diffusione del pregiudizio anti-israeliano, aiutando le comunità e le persone colpite dal terrorismo e dall’odio.

Tra i nuovi progetti emersi in Israele in risposta agli eventi ci sono il teatro di strada, i graffiti, l’arte di strada e il tatuaggio. Ad esempio, un murale israeliano porta il messaggio: «Riportateli a casa adesso», fungendo da grido di battaglia per coloro che lo vedono.

Queste espressioni artistiche israeliane rappresentano di fatto un modo potente per affrontare e condividere il dolore, dando voce al trauma e contribuendo alla guarigione individuale e collettiva.

Tra gli artisti, l’ucraino-israeliana Zoya Cherkassky che ha usato il suo talento per comunicare gli eventi attraverso l’arte. Cherkassky ha adottato uno stile modernista per rappresentare il massacro e la sofferenza, sorprendendosi di usare l’arte come terapia per mantenere la salute mentale in situazioni così traumatiche.

 Davida Klein ha invece creato la campagna Let My Children Go per attirare l’attenzione sui bambini in ostaggio, invitando artisti a creare opere d’arte ispirate a ciascun bambino. Le opere sono pubblicate sul sito insieme a dettagli personali dei bambini per sensibilizzare sull’importanza di riportarli a casa.

Marian Boo, un’artista israeliana, ha trasformato La Danza di Matisse in un dipinto scioccante, ispirato al massacro al Festival Nova. Il dipinto rappresenta un’immagine distorta della gioia, evidenziando la tragedia dell’attacco. Boo ha condiviso l’opera su vari social media, ottenendo una forte reazione.

Chani Judowitz, conosciuta per il suo fumetto settimanale su Mishpacha Magazine, ha dipinto Am Echad ispirandosi a un momento toccante tra un soldato israeliano e un uomo haredi. Il dipinto è diventato virale, raccogliendo sostegno e fondi per le famiglie colpite dalla guerra.