di Nathan Greppi
Nell’aprile 2018, la giovane era un’allieva dell’Aeronautica Militare Italiana, ma è stata vittima di violenza da compagni di corso, in un presunto “rito di iniziazione”. Partita volontaria a combattere in Ucraina, dove ha conosciuto e sposato un soldato ebreo israelo-ucraino, Victor Frydman, oggi vive in Israele al confine con Gaza. Qui il suo racconto del viaggio che dal Veneto l’ha portata sui due fronti di guerra più dibattuti del nostro tempo.
Nell’aprile 2018, la giovane Giulia Schiff era un’allieva dell’Aeronautica Militare Italiana, e aspirava a diventare una pilota. Ma quel suo sogno è stato stroncato quando i suoi compagni di corso, in un presunto “rito di iniziazione”, l’hanno immobilizzata per poi prenderla a frustate. Costretta a lasciare l’Aeronautica Militare dopo aver denunciato il fatto, anni dopo la Schiff è andata come volontaria a combattere in Ucraina, dove ha conosciuto e sposato un soldato ebreo israelo-ucraino, Victor Frydman.
Oggi la Schiff, i cui colleghi incriminati di violenza privata sono stati recentemente assolti dal Tribunale di Latina “perché il fatto non sussiste”, vive in Israele con il marito e il figlio Nathan Loris, vicino al confine con la Striscia di Gaza. Proprio in collegamento da Israele, ci racconta del viaggio che dalla sua città natale, Mira (in provincia di Venezia), l’ha portata sui due fronti di guerra più dibattuti del nostro tempo.
In un’intervista al “Corriere della Sera”, hai detto che farai appello.
In quell’articolo ci sono delle imprecisioni. C’è scritto che sono stata espulsa per “inettitudine militare” quando era “inattitudine”, e per provvedimenti disciplinari. Gli imputati e l’Aeronautica hanno cercato di veicolare un’immagine distorta di me, come di una persona inaffidabile e che non si atteneva alle regole. In realtà, non è andata così: avevano provato ad espellermi per motivi disciplinari, ma non ci erano riusciti. Certo faremo appello in sede civile, ma il giudice si è preso 90 giorni per dare motivazioni della sentenza e questi terminano due giorni dopo la prescrizione.
La prescrizione che scade prima del deposito motivazioni viola il principio di ragionevole durata del processo e lede il mio diritto alla difesa effettiva, e ciò comporta una violazione degli Art. 24 e 111 della Costituzione. Per questo è mia intenzione sollecitare il PM ad impugnare la sentenza sulla base di una derubricazione da lesioni a percosse, a mio parere ingiusta a priori senza CTU.

Tu hai combattuto in Ucraina, dove hai conosciuto tuo marito. Cosa ti è rimasto maggiormente impresso di questa esperienza?
In Ucraina ho scoperto il vero significato del patriottismo, qualcosa che in Italia non esiste più. Nella loro cultura non esiste solo l’amor proprio, ma anche un amore collettivo, della patria, della terra e delle tradizioni. Questo mi ha fatto molto riflettere, ed ha plasmato la persona che sono oggi. Dimostrano un orgoglio nazionale che l’Italia ha dimostrato solo quando è arrivata in finale ai Mondiali di Calcio. Mio marito dice spesso di essere “italiano di moglie”, ma io non dico di essere “ucraina di marito”, perché mi sento “ucraina di cuore”. Anche se sono lontana, il mio cuore resta in Ucraina.
Tu ora vivi in Israele, vicino a Gaza. Come è nata la decisione di trasferirsi lì?
Da luglio dell’anno scorso a gennaio di quest’anno avevamo già vissuto a Krayot, appena sopra Haifa, poi ad Ashkelon. Ma Victor era già arrivato prima per una scelta dovuta: così come allo scoppio della guerra in Ucraina è partito per difendere il suo paese, allo stesso modo in seguito all’attacco del 7 ottobre ha mollato tutto ed è andato a combattere per difendere Israele, anche se non era un riservista.
Ho terminato il mio servizio in Ucraina per problemi di salute. Avevo due vertebre con fratture da compressioni che non guarivano e il medico disse che, se avessi continuato a servire, avrei rischiato danni permanenti. Non ho smesso subito dopo il referto, anche se il mio comandante voleva che mi ritirassi dal fronte seduta stante per evitare che la situazione peggiorasse. Ero il pilota del mio team e senza di me sarebbero dovuti rientrare tutti al quartier generale.
Quindi che cos’hai fatto?
Ho scritto una lettera in cui affermavo di essere disposta a prendermi piena responsabilità per la mia salute per il resto della mia permanenza al fronte, finché non mi avrebbero trovato un sostituto che avrei formato personalmente. Così sono rimasta al fronte per un altro mese, finché il nuovo pilota non è stato pronto a prendere il mio posto.
Complessivamente, quanto tempo sei rimasta in Ucraina?
Ho combattuto per tutto il 2022, poi nel 2023 mi sono occupata principalmente di portare aiuti umanitari al fronte con mio marito in convalescenza. A fine 2023 sono tornata al fronte, e ci sono rimasta fino a luglio 2024.
Vivendo vicino alla Striscia, come ti senti a stare nuovamente così vicina alla guerra?
Sapendo cos’è la guerra e come gestire situazioni critiche di questo tipo, non mi fa né caldo né freddo. Ad essere un problema serio, per me, è invece che non voglio che mio figlio sappia cosa sono le sirene antimissile e il suono delle esplosioni. È questo che mi turba.
Visto il clima che stiamo vivendo dopo il 7 ottobre, come è stata recepita dalle persone a te vicine la tua decisione di trasferirti in Israele?
Quasi nessuno mi ha supportata o ha speso parole di buon auspicio. È stata una scelta assai sofferta e portata avanti con fatica soprattutto nella mia famiglia e in particolare con mia nonna paterna, che è egiziana. A causa della propaganda molti credono alle falsità che girano su Israele e non posso neanche biasimare la gente che in Italia ci crede. Tutto ciò che raccontano nei giornali, telegiornali e social è estremamente manipolato e distorto. Io ho scelto di schierarmi con la verità scomoda e poco trendy, e sono convinta che la soluzione a due Stati del mandato Britannico sia già stata generosamente adempiuta dal Memorandum di Trans-Giordania del 1922 e approvata dalla Società delle Nazioni.
Hai ricevuto degli attacchi per questa tua scelta?
Oltre all’ondata di odio che ho ricevuto, ho anche perso il 25% del seguito che avevo sui social. Ho fatto questa scelta anche a mio danno. Ma in fondo, meglio pochi ma buoni. Bisogna avere coraggio a schierarsi con le minoranze e in questo caso lo è Israele, attaccata da Gaza, Libano, Siria, Cisgiordania, Yemen, Iran. Hamas ha incluso ufficialmente nello statuto il genocidio degli ebrei ed è peggio di ISIS e Boko Haram perché ha esplicitamente detto che i civili palestinesi sarebbero stati martiri sacrificabili nella lotta contro Israele.
Stando ai sondaggi di YouGov, l’Italia è il paese dell’Europa occidentale con l’opinione pubblica più filopalestinese e filorussa. Secondo te, in Italia si ha una percezione distorta delle dinamiche delle guerre a Gaza e in Ucraina?
Il problema dell’Italia, secondo me, è che arriva da un pregresso di fascismo ed è nota per aver cambiato bandiera a seconda di come tirava il vento. A causa di questa propaganda becera e ignorante, nonché del politicamente corretto e della cultura woke in cui siamo annegati come nelle sabbie mobili, siamo finiti in queste statistiche assai tristi e miserabili, e siamo diventati lo zimbello del mondo. È un peccato, perché così verremo ricordati come quelli che cantavano “Bella Ciao” inneggiando ai fascisti di Hamas e ai fascisti russi.
Per le tue posizioni su Israele, hai ricevuto attacchi solo dai filorussi o anche dai filoucraini?
È vero che ci sono tanti filo-putiniani, però ci sono anche persone pro-Ucraina che si schierano dall’altra parte. Questo, secondo me, è dovuto al fatto che la gente, per empatia, si schiera dalla parte del più debole. Nel caso di Russia e Ucraina è stato abbastanza semplice, ma nel caso di Israele e Palestina gli italiani l’hanno visto come lo Stato evoluto contro il francobollo sulla mappa. Invece è il contrario, perché a mio parere la Palestina sta a Israele come i separatisti del Donbass stanno all’Ucraina: gente che è stata manipolata da paesi più forti di stampo terroristico per destabilizzare lo Stato vittima e farlo passare da vittima a carnefice.
A differenza della maggioranza degli italiani, tu hai visto la guerra in faccia. Che cosa hai imparato da questa esperienza?
Ho potuto appurare che dove c’è guerra c’è un ritorno a quei valori che non esistono o vengono totalmente distorti in Italia: la famiglia, l’amore, l’amicizia, la fratellanza, la libertà e la democrazia. Oggi in Italia la gente va in strada a fare proteste, ma non è come una volta, quando scendevano in piazza per la democrazia e lo Stato di diritto. Oggi la gente va per strada per cose di cui non gli importa davvero, come i palestinesi, perché manifesta soprattutto una minoranza rumorosa di anarchici e gente dei centri sociali, che non hanno voglia di lavorare e sfogano contro il sistema i loro rancori repressi danneggiando infrastrutture pubbliche e creando disagi per la gente perbene. Lo dimostra il fatto che nessuno di loro protesta quando Hamas rifiuta il cessate il fuoco o uccide i palestinesi stessi.
Come è stato entrare nel mondo ebraico a cui appartiene tuo marito?
Oltre a parenti partigiani e staffette, mio nonno paterno era ebreo. Tramite lui sono imparentata con la suffragetta Paolina Schiff, che fu tra le prime professoresse donne in Italia, e l’aviatore Massimo Teglio, dirigente della DELASEM che salvò migliaia di ebrei falsificandone i documenti e aiutandoli a fuggire in Svizzera. La lotta che ho intrapreso contro la violenza istituzionale e di genere e come attivista per la libertà mi ha fatto sentire di fare parte di qualcosa di più grande di me. Tornare sui passi della mia famiglia mi ha permesso di “collegare tutti i puntini”. Per me è stato più di un ritorno alle origini, è stato comprendere che sono come sono perché ce l’ho nel sangue.



