Rav Kanievsky

Ci ha lasciati il “Principe della Torah”: Rav Chaim Kanievsky

di David Zebuloni

All’età di 94 anni, è venuto a mancare venerdì 18 marzo, poco prima dell’entrata dello Shabbat, Rav Shmaryahu Yosef Chaim Kanievsky: considerato da molti la maggiore autorità spirituale della comunità ultraortodossa in Israele e nel mondo, specie della corrente litaita-ashkenazita. Appartenete ad un’importante famiglia di studiosi, Rav Kanievsky, nominato da molti anche il “Principe della Torah”, era il figlio di Rav Yaakov Yisrael Kanievsky e di Miriam Karelitz, genero di Rabbi Yosef Sholom Eliashiv e nipote di Rabbi Avraham Yeshayahu Karelitz.

Poco carismatico e notoriamente schivo, il Rav in questione ha dedicato la sua intera vita allo studio della Torah in tutte le sue sfumature. Chiuso nel suo piccolo studio nel cuore di Bnei Barak, Kanievsky usciva di casa raramente, tanto che le sue apparizioni pubbliche negli ultimi anni si possono contare sulle dita di un mano. Tuttavia, seppur egli fosse circoscritto alle quattro mura di casa, non vi era decisione religiosa, civile o politica nella quale egli non venisse coinvolto. Bastava una sua parola, talvolta un cenno del dito, affinché milioni di fedeli obbedissero rigorosamente.

I politici desiderosi di ottenere il voto dei suoi numerosi seguaci, infatti, lo incontravano prima delle elezioni. Netanyahu in persona è venuto a visitarlo più e più volte. Il partito ultraortodosso Yahadut HaTorah portava sui manifesti il suo saggio volto. All’inizio della pandemia, quando i cittadini di Bnei Barak e dintorni parevano non comprendere a fondo il pericolo del virus e non rispettavano le indicazioni del governo, il Premier in carica ha chiesto immediatamente di incontrarsi con Rav Kanievsky, conscio che bastava la sua approvazione affinché i cittadini in questione cominciassero a rispettare le norme stabilite. Così è stato. Prima con il lockdown, poi con i vaccini. Milioni di ultraortodossi hanno eseguito alla lettera ciò che la loro guida spirituale chiedeva loro.

Oggi, domenica 20 marzo, questi fedeli rimasti orfani hanno accompagnato il loro padre ideale per l’estremo saluto. Il funerale, avvenuto a Bnei Barak, ha contato più di un milione di partecipanti ed è stato nominato ufficialmente l’evento pubblico più grande della storia dello Stato d’Israele. Prima di esso, l’evento al quale avevano partecipato più israeliani, era stato il funerale di Rav Ovadia Yossef: il corrispettivo sefaradita di Rav Kanievsky. Durante l’elogio funebre tenutosi oggi, il figlio del Maestro scomparso, Rav Shlomo, ha dichiarato: “Sei stato il mio papà, ma anche il papà di tutti gli ebrei che venivano da te in casa a chiedere una benedizione”.

Un ricordo personale

Anch’io, il 15 agosto del 2019, mi recai a Bnei Barak per incontrare il grande Maestro e chiedere una benedizione. Centinaia di persone attendevano sulle strette scale della vecchia casa nella quale abitava, impazienti di essere convocati. Il caldo cocente non sembrava scalfire il loro entusiasmo, nemmeno sotto le lunghe barbe e i grossi cappelli neri che alcuni di loro indossavano. Quando finalmente arrivò il mio turno, venni fatto entrare nello stanzino nel quale il noto Rabbino decise di trascorrere la sua gloriosa vita. Ciò che vidi mi soprese più di quanto mi aspettassi: quattro mura ricoperte interamente da libri, un vecchio tavolo di legno al centro e una poltrona di pelle sgualcita. Nulla di più. Rav Kanievsky era lì seduto, piccolo e docile nei suoi novant’anni suonati, lo sguardo rivolto verso un libro. Intorno a lui, una manciata di seguaci che lo assistevano con premura. Mi chinai per stringergli la mano, ma feci in tempo appena a sfiorarla e i nostri sguardi si incrociarono per un istante, prima che venni spinto ed invitato ad uscire, per lasciare spazio a chi vi era dopo di me. L’incontro durò esattamente cinque secondi (arrotondati per eccesso) e mentirei se dicessi che sembravano essere durati un’eternità. No, sembravano essere durati esattamente cinque secondi. Brevi e decisamente deludenti, specie dopo la lunga e calda attesa. Poi vidi uscire dallo stanzino una signore che, come me, aspettò ore prima essere stato accolto. Vidi nel suo viso un bagliore particolare. E dopo di lui un altro ancora, e ancora, e ancora. Tutti avevano lo stesso sguardo estasiato. Tutti grati di aver condiviso cinque secondi, tre secondi, sette secondi, due secondi con quell’uomo straordinario chiamato Rav Kanievsky. D’un tratto compresi la grandezza della guida spirituale che oggi tutti compiangono. In quell’istante capii che, la sicurezza che il Maestro della nostra generazione trasmetteva in chi credeva nelle sue virtù e nella sua mente illuminata, sono il motivo per il quale oggi tutti si sentono orfani dello stesso padre.

(Foto: Wikimedia Commons)