Addio a Carl Djerassi, padre della “pillola” (e della liberazione sessuale)

di Marina Gersony

Carl DjerassiLa notizia della sua morte, avvenuta il 30 gennaio a San Francisco all’età di 91 anni, è passata più o meno inosservata, almeno in Italia: qualche lancio di agenzia, articoli frettolosi e sintetici, eppure è stato un grande personaggio poliedrico che meriterebbe ben altra attenzione.  Carl Djerassi – professore universitario, scienziato, chimico, scrittore, drammaturgo, poeta, imprenditore e collezionista (tra i maggiori collezionisti di Paul Klee) -, è anche soprattutto autore di grandi scoperte scientifiche, dagli antistaminici agli antibiotici ma soprattutto è uno dei «padri» della pillola anticoncezionale: all’inizio degli anni ‘50, nei laboratori della Syntex a Città del Messico, ha scoperto insieme al messicano Luis Miramontes e al messicano-ungherese George Rosenkranz il norestirone, base della pillola contraccettiva che cominciò ad essere venduta negli Stati Uniti nel 1957 e poi in tutto il mondo.  («Il padre della pillola? Semmai sono la madre della pillola. I chimici sono la madre, i biologi il padre. La scienza è un fatto d’équipe. Non mi piace che si dica che sono l’inventore della pillola. Io sono stato uno degli inventori», ipse dixit).

La sua storia parte da lontano: Carl nacque a Vienna nel 1923 da una famiglia ebraica. Entrambi i genitori erano medici. Sua madre, Alice Friedman, era un’ashkenazita austriaca, suo padre, Samuel Djerassi, un sefardita bulgaro. Il piccolo Carl  visse insieme ai genitori in Bulgaria nei primi anni della sua vita. A cinque anni si trasferì a Vienna con la madre dove intraprese i primi studi. Dopo il divorzio dei genitori visse prima con l’uno e poi con l’altro fino a quando, nel 1938, i cambiamenti politici in Austria convinsero la coppia a risposarsi per sfuggire al regime nazista. Una vita sempre in movimento quella di Carl e la sua famiglia, tra le incognite del presente e un clima sempre più incerto. Giunse negli Stati Uniti nel 1939 con soltanto 20 dollari in tasca. Aveva sedici anni.

Da lì è iniziata la sua carriera sempre in ascesa: una laurea all’Università del Wisconsin, un lavoro per la CIBA dove ha sviluppato anche insetticidi ormonali efficaci contro molti insetti senza creare danno ai raccolti e all’ambiente naturale. In seguito ha collezionato una sfilza di incarichi prestigiosi e di riconoscimenti come autore di importanti ricerche di chimica organica, tra le quali l’analisi conformazionale di steroidi, la sintesi del cortisone da materie prime vegetali, la struttura degli antibiotici di origine naturale, ma l’elenco sarebbe ben più lungo.

Dopo anni di ricerca, intorno alla sessantina, Djerassi ha intrapreso una seconda carriera anche questa volta con successo: ha scritto romanzi, racconti, opere teatrali e ha fondato un genere letterario, la science-in-fiction, ossia la “scienza narrata”, un modo per divulgare e rendere accessibile a tutti il mondo della scienza e degli scienziati. Tra i suoi libri più importanti ricordiamo Il seme di Menachem; Calcolo; Operazione Bourbaki; Dalla pillola alla penna; Il dilemma di Cantor, quest’ultimo un giallo nel quale uno scienziato è pronto a tutto pur di ottenere fama e consenso della comunità scientifica (questi libri sono stati pubblicati in Italia da Di Renzo Editore). Merita una segnalazione anche la commedia Quattro ebrei sul Parnaso, una conversazione immaginaria tra Walter Benjamin, Theodor W. Adorno, Gershom Scholem e Arnold Schoenberg in cui ha analizzato l’identità ebraica e gli abissi psicologici e umani di questi quattro grandi pensatori.

Versatile, curioso e vitale, Carl Djerassi ha conservato uno spirito libero fino a tarda età. A proposito della sua identità ebraica, in un’intervista ha dichiarato: «La mia identità ebraica? Per me è un qualcosa di molto dinamico. A Vienna, ai tempi di Hitler, essere ebreo significava qualcosa di diverso rispetto a essere un ebreo immigrato in America che ambiva all’assimilazione; significava qualcosa di diverso rispetto a un ebreo americano adulto. E significa qualcosa di completamente diverso quando ho iniziato a ritrovare le mie radici europee. Ero comunque sempre un ebreo».