Non solo ha vietato in Egitto Lolita e le opere di Milan Kundera, Zorba il greco e La lista di Schindler, i romanzi del premio Nobel egiziano Nagib Mahfouz e ha detto di voler «bruciare personalmente i libri israeliani e sionisti» (per quest’ultima affemazione si è poi scusato). Contro Farouk Hosni, ministro della Cultura dell’Egitto e principale candidato a direttore generale dell’Unesco (dopo la prima fumata nera, potrebbe essere eletto già martedì), l’agenzia Onu per la cultura, ora c’è anche l’accusa di essere stato una spia dei servizi segreti del Cairo e di aver partecipato in qualche modo al dirottamento della nave Achille Lauro.
L’accusa viene dal sito online arabo Elaph.com e viene ripresa dal blog del filosofo e giornalista francese Bernard-Henri Lévy (Bhl) a firma Liliane Lazar. Negli anni Settanta Farouk Hosni era all’ambasciata egiziana in Francia dove, per sua stessa ammissione, collaborò con l’intelligence del Cairo per «spiare e denunciare gli studenti (egiziani, ndr) che deviavano».
Nel 1985 era all’ambasciata a Roma dove, pare, svolse un ruolo nell’affare Achille Lauro. In particolare, una volta falliti le trattative con l’Italia, come direttore accolse nell’Accademia d’arte egiziana a Roma, protetta dall’immunità diplomatica, i dirottatori palestinesi, impedendo il loro interrogatorio. Inoltre organizzò il loro trasferimento in Egitto sfuggendo alla giustizia italiana e internazionale. Bhl dice che già il 4 settembre il giornale egiziano Al-Dostor ammise che la carriera di Farouk Hosni è dovuta «in parte ai suoi contatti nei servizi» e che ha svolto un ruolo «centrale» nel «soffocamento» degli intellettuali egiziani. Il ruolo del diplomatico nell’affare Achille Lauro non è nuovo: venne infatti reso noto il 10 settembre 2007 dal quotidiano egiziano filo-governativo Al-Ahram, ma all’epoca nessuno ci fece caso.