Trump a Netanyahu: “Controlleremo Gaza e la faremo rinascere, diventerà la Riviera del Medio Oriente”

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di Anna Balestrieri
Dopo un incontro alla Casa Bianca con Donald Trump, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha tenuto una conferenza stampa con circa 200 giornalisti, durante la quale ha illustrato i punti chiave della loro discussione. L’incontro ha toccato temi cruciali come il conflitto a Gaza, il ruolo dell’Iran e il futuro della regione, evidenziando un forte allineamento tra i due leader.

Netanyahu ha elogiato l’ex presidente americano, definendolo “il più grande amico che Israele abbia mai avuto alla Casa Bianca”, e ha ricordato i successi della sua prima amministrazione, tra cui l’uscita dall’accordo sul nucleare iraniano, gli Accordi di Abramo e lo spostamento dell’ambasciata USA a Gerusalemme.

Netanyahu ha sottolineato che, in sole due settimane dal suo ritorno in politica, Trump ha già revocato sanzioni contro i coloni israeliani in Cisgiordania , bloccato i finanziamenti all’UNRWA e riattivato la pressione massima sull’Iran. “Se ha fatto tutto questo in due settimane, immaginate cosa potrà fare in quattro anni,” ha dichiarato il premier israeliano.

La guerra a Gaza e l’asse Israele-USA 

Parlando del conflitto in corso, Netanyahu ha ribadito che Israele sta “cambiando il volto del Medio Oriente” e che “la vittoria di Israele sarà la vittoria dell’America”. Ha promesso di portare a termine la guerra per garantire che Hamas non rappresenti più una minaccia e ha sottolineato come l’eliminazione del gruppo terroristico sia un passo necessario per costruire un futuro di pace nella regione, incluso un possibile accordo con l’Arabia Saudita. Ha anche sostenuto la linea dura di Trump sull’Iran: “siamo entrambi impegnati a fermare l’aggressione iraniana e a impedire che ottenga un’arma nucleare”.

L’ipotesi di un ruolo USA a Gaza 

Uno dei punti più sorprendenti dell’incontro è stato l’accenno alla proposta di Trump di un possibile coinvolgimento americano nella gestione di Gaza, prevedendo una “proprietà a lungo termine” della Striscia.

“Saremo responsabili dello smantellamento di tutte le pericolose bombe inesplose e di altre armi presenti nel sito, della rimozione degli edifici distrutti, del livellamento, della creazione di uno sviluppo economico che fornirà un numero illimitato di posti di lavoro e di alloggi alla popolazione della zona”, ha dichiarato Trump. “Dobbiamo fare qualcosa di diverso. Non si può tornare indietro. Se si torna indietro, finirà nello stesso modo in cui è stato per 100 anni”, ha detto, aggiungendo che altri leader della regione hanno appoggiato la sua idea. “Non dovrebbe subire un processo di ricostruzione e di occupazione da parte delle stesse persone che… hanno vissuto lì e sono morte lì e hanno vissuto un’esistenza miserabile lì”, ha detto Trump a proposito di Gaza. Ha aggiunto che intende visitare l’enclave, così come Israele e l’Arabia Saudita, senza specificare quando.

“Gaza è un inferno in questo momento. Lo era prima che iniziassero i bombardamenti, francamente, e noi daremo alle persone la possibilità di vivere in una bella comunità che sia sicura e protetta”, ha detto. “Non voglio fare il carino, non voglio fare il saputello”, ha detto Trump e poi ha definito Gaza come potenzialmente ‘la Riviera del Medio Oriente’. Potrebbe essere qualcosa di così magnifico”.

Non è la prima volta che l’ex magnate immobiliare parla del territorio palestinese in termini di immobili, affermando in ottobre che potrebbe essere “meglio di Monaco”.

Netanyahu l’ha definita un’idea che “può cambiare la storia” e che merita di essere approfondita. Ha spiegato che il suo obiettivo resta garantire che Gaza non rappresenti più un pericolo, ma che Trump sta guardando a una soluzione di più ampio respiro. Ha poi citato un leader di Hamas che, durante il cessate il fuoco, ha dichiarato di voler ripetere il 7 ottobre “su scala ancora maggiore”, ribadendo che non ci potrà essere pace se Hamas non verrà distrutto.

Il ruolo dell’opposizione e le proteste in Israele 

L’ex premier Ehud Barak, in un editoriale su Haaretz, ha invece espresso preoccupazione per la direzione politica del paese e per il rischio che Israele perda la sua identità democratica. Ha definito le proteste pubbliche “l’unica forza” in grado di contrastare la deriva autoritaria del governo Netanyahu, pur riconoscendo le difficoltà di organizzare manifestazioni in un momento in cui il paese è in guerra. Secondo Barak, Netanyahu è in grave difficoltà politica: Hamas è ancora al potere a Gaza e il premier deve gestire il ritorno degli ostaggi, la ripresa della guerra, la legge sulla coscrizione, il bilancio statale e la pressione per istituire una commissione d’inchiesta. Tutti elementi che potrebbero minare la stabilità del suo governo. L’ex premier ha esortato l’opposizione a non entrare nella coalizione e a fornire un sostegno esterno all’accordo saudita, senza però smettere di combattere contro la riforma giudiziaria. Infine, ha invitato a prepararsi per una disobbedienza civile su larga scala per far cadere Netanyahu prima che il governo trasformi Israele in una “autocrazia messianica e corrotta”.