di Davide Cucciati
Gli ebrei tedeschi, la crisi economica e il dopo elezioni. Il partito Alternative fur Deutschland (AfD) ha raggiunto il 20,8% alle elezioni di fine febbraio, diventando così la seconda forza politica del paese. Quali prospettive per il futuro?
Le elezioni tedesche del 23 febbraio 2025 hanno segnato una svolta profonda. La CDU di Friedrich Merz è tornata a essere il primo partito con il 28,5%, seguita da un risultato storico per Alternative fur Deutschland (AfD), salita al 20,8% e diventata così la seconda forza politica. L’SPD è crollata al 16,4%, mentre i Verdi si sono fermati all’11,6%.
L’estrema destra è fortemente radicata soprattutto nella parte orientale della Germania: in Turingia, Sassonia e Brandeburgo, l’AfD ha, infatti, superato il 30%. Nei territori dell’ex Germania Est, colpiti da spopolamento e marginalizzazione economica, l’AfD ha intercettato un disagio profondo, attribuendolo alla presenza di migranti, all’Unione Europea e a una presunta “élite globalista”.
Il cuore della propaganda del partito è stato il concetto di “remigrazione”: l’idea di rimpatriare un numero significativo di persone con un retroterra migratorio. Secondo quanto riportato dal Guardian, durante la campagna elettorale, alcuni esponenti di AfD hanno distribuito a Karlsruhe dei volantini, simili a biglietti aerei, indirizzati a “immigrati illegali”. Il volantino riportava lo slogan: “Solo la remigrazione può ancora salvare la Germania”. La polizia ha aperto un’indagine per istigazione all’odio razziale. Gli stessi volantini, ha ricordato il Guardian, ricordano quelli distribuiti nel 2013 dal partito neonazista NPD per scoraggiare i candidati di origine straniera dal presentarsi alle elezioni. Entrambe le campagne evocano i cupi appelli nazisti agli ebrei affinché lasciassero la Germania, offrendo “biglietti gratuiti per Gerusalemme…senza ritorno”.
L’attuale piattaforma elettorale dell’AfD sembra voler concentrare l’attenzione sul tema del terrorismo, proponendo il rimpatrio sistematico di “criminali, estremisti e islamisti antisemiti”, la revoca dei permessi temporanei, sanzioni ai Paesi che non collaborano e l’abolizione dell’asilo ecclesiastico (Kirchenasyl). Si parla esplicitamente di una “offensiva di rimpatrio” (Ruckfuhrungsoffensive) come obiettivo politico prioritario. Ma c’è molto di più. Limitarsi a denunciare l’antisemitismo importato o a colpire il fondamentalismo islamico rischia di oscurare una realtà documentata da anni. Secondo un rapporto del 2020 dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (BfV), citato dall’AGI, l’85% degli atti di violenza antisemita registrati nel 2019 in Germania è stato attribuito all’estrema destra. La relazione segnala la presenza di “schemi mentali antisemiti” anche in esponenti della cosiddetta “nuova destra”, tra cui Bjorn Hocke, capogruppo dell’AfD in Turingia. L’allora presidente del BfV, Thomas Haldenwang, aveva ammonito: “L’antisemitismo è sempre stato un elemento in comune tra i diversi nemici della democrazia”, invitando a combatterlo con determinazione.
Eppure, nel proprio documento programmatico, l’AfD si presenta come paladina della vita ebraica in Germania. Denuncia l’antisemitismo “importato dall’Islam politico”, chiede la messa al bando dell’Al-Quds Day, l’inasprimento delle pene per insulti e aggressioni antisemite e il divieto di finanziamenti stranieri alle moschee. Tuttavia, questa narrativa, osservano critici e osservatori (tra cui il Times of Israel), non cancella le ambiguità e le ombre interne al partito.
Nel 2017, l’AfD chiedeva esplicitamente il divieto assoluto della macellazione rituale (kasher e halal), sostenendo che fosse incompatibile con gli standard tedeschi di protezione animale. Il documento citava come modelli le normative in vigore in Danimarca, Norvegia, Svezia e Svizzera, dove tali pratiche sono vietate o fortemente limitate. Una proposta che colpiva direttamente la libertà religiosa di ebrei e musulmani. Nel programma elettorale del 2025, il tema non è più menzionato esplicitamente. Tuttavia, si legge che “la macellazione secondo riti religiosi (Schachten) deve essere consentita solo previo stordimento sufficiente e duraturo”, un requisito che, nella sostanza, non apre alla macellazione kasher. Vale la pena ricordare che le norme della kasherut prevedono che l’animale sia sano e che il taglio recida in un solo gesto trachea ed esofago, provocando una perdita di coscienza quanto più rapida possibile e senza stordimento. Non solo: l’AfD, notoriamente ostile alle politiche ambientali e contraria alla transizione ecologica, ha adottato in questo caso il lessico animalista probabilmente in funzione di un attacco ai diritti delle minoranze. Il nuovo tono sembra meno aggressivo ma la sostanza resta immutata. Un’ambiguità, forse, strategica, anche per tendere la mano alla Comunità ebraica in cerca di sicurezze.
Anche la visione di AfD relativamente a Israele non è esente da ambiguità. Nel 2019, il partito si era fatto promotore del bando del movimento BDS; nel 2023, dopo la strage del 7 ottobre, ha espresso solidarietà allo Stato ebraico. Tuttavia, si sono aperte spaccature interne. Ad esempio, il co-presidente Tino Chrupalla ha attaccato Olaf Scholz per la fornitura di armi a Israele, accusandolo di “accettare la disumanizzazione di tutte le morti civili da entrambe le parti” e di “gettare benzina sul fuoco”. Ha inoltre denunciato le “dichiarazioni esclusive di solidarietà” verso Israele e le “posizioni di partito unilaterali”. Nello stesso intervento ha comunque dichiarato di sostenere il diritto di Israele all’autodifesa. Le parole di Chrupalla hanno suscitato contestazioni interne: secondo il Times of Israel, vari dirigenti anonimi dell’AfD hanno parlato di “nonsense pacifista” e di un preoccupante allineamento con “le posizioni russe”. La co-leader Alice Weidel ha ribadito una linea diversa. In un’intervista con Elon Musk, ha dichiarato il proprio sostegno allo Stato di Israele e ha poi cercato di smarcare l’AfD dall’accusa di continuità storica col nazismo, sostenendo che “Hitler era un comunista” per via delle politiche economiche stataliste attuate durante il Terzo Reich. Una semplificazione fuorviante, che ignora il fatto che comunisti e socialisti tedeschi furono tra i perseguitati, incarcerati e deportati dal regime nazista.
Il curriculum del partito sul fronte dell’antisemitismo è lungo. Un episodio emblematico è rappresentato dal famigerato discorso di Dresda pronunciato nel 2017 da Hocke, figura centrale dell’ala più estrema del partito. Hocke definì il Memoriale per l’assassinio degli ebrei d’Europa a Berlino come “un monumento della vergogna” e aggiunse: “I tedeschi sono l’unico popolo al mondo che ha piantato un monumento della vergogna nel cuore della sua capitale”. In seguito, cercò maldestramente di correggere il tiro, affermando che il termine si riferiva alla Shoah stessa, non al monumento. Hans-Thomas Tillschneider ha invece affermato che il Consiglio Centrale degli Ebrei in Germania “sta usando l’Islam per creare relazioni multiculturali”. Egli è ancora membro del parlamento regionale della Sassonia-Anhalt e ha recentemente paragonato i metodi di Israele nella guerra contro Hamas alla Shoah. Nel frattempo, il BfV ha compilato un dossier di 52 pagine sugli episodi antisemiti all’interno dell’AfD, classificando la corrente Der Flugel, guidata da Hocke, come “estrema destra certificata” e “minaccia all’ordine democratico”. Lo stesso giudizio è stato esteso al gruppo giovanile del partito, la Junge Alternative fur Deutschland, da cui il vertice AfD ha preso le distanze solo nel 2025.
Il 9 aprile 2025, dopo settimane di trattative, è stato raggiunto un accordo di coalizione tra la CDU di Friedrich Merz e l’SPD. Secondo quanto riportato da Reuters, la coalizione punta a rilanciare la crescita economica e a rafforzare la sicurezza nazionale, in un contesto globale segnato dalla guerra commerciale avviata dagli Stati Uniti. Il patto prevede tagli fiscali, nuove spese in difesa, incentivi all’industria dell’auto elettrica e un inasprimento delle politiche migratorie, con l’introduzione del respingimento dei richiedenti asilo alle frontiere e con l’abrogazione della naturalizzazione accelerata. Proprio in coincidenza con l’annuncio dell’accordo, è stato diffuso un sondaggio Ipsos che ha rilevato l’AfD come primo partito con il 25%, davanti alla CDU ferma al 24%: un segnale che forse riflette il clima di incertezza politica delle settimane successive al voto, durante le quali l’estrema destra ha continuato a guadagnare consensi. L’AfD ha smussato alcune posizioni radicali: il linguaggio è meno esplicito, le formule più istituzionali. Resta il dubbio se si tratti di una svolta reale o di una strategia tattica in vista di un futuro ingresso nel governo. Lo stesso vale per l’ambigua apertura verso l’“Europa delle patrie”, che si traduce in proposte che ostacolano il progetto europeo più che riformarlo.
Vi è, inoltre, l’elefante nella stanza rappresentato dai rapporti tra la Russia e l’AfD. L’8 febbraio 2024, il Parlamento europeo ha condannato “fermamente i fatti allarmanti rivelati da autorevoli organi di informazione tedeschi secondo cui un impiegato affiliato al partito Alternative fur Deutschland e associato a un deputato al Bundestag tedesco è stato identificato come persona di contatto del Servizio federale di sicurezza russo”. Come documentato da Politico Europe, Bruxelles e Berlino accusano Mosca di aver promosso campagne di disinformazione a sostegno dell’AfD.
Friedrich Merz, per ora, rappresenta l’alternativa di centrodestra, forse capace anche di fornire risposte in merito alla sicurezza del cittadino medio, un tema spesso menzionato dalla propaganda dell’AfD. In una recente dichiarazione riportata dalla stampa internazionale, Merz ha sottolineato con forza l’urgenza di un’Europa capace di difendere i propri interessi sulla scena globale: “If you make yourself appear like a dwarf, you will be treated as a dwarf”, “Se ti presenti come un nano, sarai trattato come un nano”, ha affermato, riferendosi alla necessità che l’Unione Europea non arretri né sul piano diplomatico né su quello strategico. È un approccio opposto a quello dell’AfD: chiusa nei confini nazionali, ostile all’integrazione europea e incline a una retorica che guarda con simpatia a Mosca. L’idea di Merz è invece quella di una Germania protagonista, capace di guidare un’Europa assertiva e non ignorata. Nel 2025, lo Stato tedesco, citando Il Sole 24 Ore, ha voltato “le spalle al totem del rigore dei conti” e si prepara a una gigantesca iniezione di investimenti pubblici in difesa, tecnologia e infrastrutture. Considerando il virtuoso rapporto debito/PIL, Berlino potrebbe tornare a essere il motore dell’Europa. La tenuta del sistema dipenderà anche dalla capacità di contenere chi lavora per destabilizzarlo.
Josef Schuster, presidente del Consiglio Centrale degli Ebrei in Germania, ha affermato a Judische Allgemeine: “Se un partito come l’AfD arrivasse al governo, la vita ebraica in Germania sarebbe in pericolo”. La posta in gioco non riguarda solo chi governerà Berlino: è urgente chiedersi quale Germania emergerà e quale Europa ne seguirà.