Se il “cinguettio” è molesto

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Leggi locali e libertà di espressione: a quanto pare il social network di San Francisco, nella vecchia europa si trova a dibattersi fra questi due poli. Se la legge di uno Stato prevede che certe espressioni e certi simboli (neonazisti) siano illegali, che ne è della libertà di espressione? Che ne è di quello che fino a ieri era stato uno dei cavalli di battaglia di Twitter rispetto a Facebook?

Da ieri (18 ottobre) in Germania l’account Twitter del gruppo neonazista “Besseres Hannover” (Hannover Migliore) è stato bloccato; in Francia invece l’associazione degli studenti ebrei non è riuscita ancora a far nulla di concreto per fermare gli innumerevoli tweet che da giorni circolano con l’ashtag #unbonjuif.

Ancora una volta come sempre più spesso accade, a suscitare il dibattito – e poi ad attirare l’attenzione dei media – è il tema dell’antisemitismo, dell’esaltazione in rete dei simboli e degli slogan nazisti.

In Germania gli amministratori di Twitter sono intervenuti su richiesta della polizia, applicando per la prima volta all’account del gruppo neonazista di Hannover la norma per il blocco dei contenuti, introdotta lo scorso gennaio.

Il gruppo di Hannover tuttavia è stato bandito solo in Germania dove la legge proibisce l’uso di simboli e slogan neonazisti. Subito dopo la comunicazione della notizia, fra gli utenti del social network, come era facile attendersi, si è aperto il dibattito: alcuni vorrebbero chiuso ovunque l’account e plaudono all’iniziativa; altri si allarmano e protestano contro un provvedimento inedito per Twitter.

In Francia invece, le cose stanno andando diversamente. Lanciato venerdì scorso, l’ashtag #unbonjouif è diventato prestissimo il terzo argomento più discusso fra gli utenti di Twitter:  una valanga di “cinguettii” antisemiti e battute di pessimo gusto uno dietro l’altro, uno peggio dell’altro (“Un buon ebreo è al gusto di bruciato“, “assomiglia a un mucchio di cenere“, “è quello morto“, “conta sempre le monete quando riceve il resto”, “sa come ottenere il numero di telefono di un’ebrea, tirandole su la manica”).

Di fronte alla dimensione che il fenomeno stava assumendo i giovani dell’associazione studenti ebrei di Francia (UEJF) hanno deciso di intervenire. Si sono rivolti innanzitutto agli amministratori di Twitter, senza ottenere alcuna risposta, e poi martedì al Tribunale di grande istanza di Parigi al quale hanno chiesto “la chiusura dell’hashtag e la comunicazione dei dati personali degli autori dei tweet più violentemente antisemiti, così da poterli perseguire”.

Dal Tribunale al Ministero della Giustizia francese il passo è stato breve e la dichiarazione del ministro Christiane Taubira non si è fatta attendere: “I messaggi a connotazione razzista o antisemita sono puniti dalla legge, Sono in contraddizione con i valori fondamentali della Repubblica e non sono accettabili.”
“Il canale virtuale non rende meno reali gli atti dei quali si rendono colpevoli gli autori, che possono essere resi comunicati ai tribunali” si legge alla fine del comunicato.
Ma, come hanno fatto notare quelli di San Francisco intervenendo sull’Huffington Post francese, “Twitter non prevede la moderazione dei contenuti e possono presentare denuncia solo le persone direttamente colpite e coinvolte dalle offese”. Per ora dunque, nonostante il comunicato del Ministro della Giustizia in persona, poco si può fare.  Se dovesse essere avviata un’azione legale, le autorità francesi potrebbero pretendere dalla società con base a San Francisco, gli indirizzi IP degli utenti che hanno lanciato messaggi offensivi; ma visti i numeri, e soprattutto visto che si entrerebbe nel campo del diritto internazionale, i tempi potrebbero essere molto, molto lunghi. E chissà quanti altri ashtag simili, nel frattempo, potrebbero essere lanciati…