Niente di nuovo – pare – nel dopo Fidel

Mondo

Gli ebrei a Cuba.

Il messaggio di Fidel Castro nel quale annunciava il suo ritiro dal governo è stato dal 19 febbraio e per vari giorni l’argomento unico della televisione cubana (l’unica a disposizione di tutti, tranne qualche sprazzo di CNN), riletto da speaker commosse, con la sottolineatura delle frasi principali, commentato da leader locali e soprattutto da quelli dell’America Latina che con Cuba hanno un particolare rapporto; uno di questi, il Venezuela, in cambio di petrolio, utilizza per i suoi cittadini la sanità cubana (una delle due “eccellenze” del regime, insieme all’istruzione).

L’entusiasmo delle televisioni straniere (tutte visibili solo nei grandi alberghi frequentati dagli stranieri, come del resto l’uso di internet) non trovava però riscontri immediatamente visibili nella popolazione comune.
A Cuba esistono infatti due mondi separati: da una parte, quello dei turisti, con la loro moneta (i pesos convertibili), i loro pulman (forniti dalla Cina) con aria condizionata e le spiagge esclusive e, dall’altra, quello di chi aspetta per ore autobus scassati, compra con tessere e cuc (la moneta solo per cubani) in poveri mercati e si arrangia facendo più mestieri al giorno pur di sopravvivere.

La Casa de la Comunidad Hebrea de Cuba con annesso il grande Templo Beth-Shalom, da noi visitato, non mostra preoccupazione per il proprio futuro: da ormai 10 anni, soprattutto dopo la visita del Papa, nell’isola c’è libertà di culto; lo stesso Castro ha visitato la nuova struttura ebraica, non esiste antisemitismo né c’è pericolo di attentati e la Comunità si sente perfettamente integrata nella società locale.
Per il futuro dunque non dovrebbero esserci sorprese: Fidel Castro ha lasciato da ormai un anno e mezzo il bastone del potere al fratello Raul, pur continuando a essere presente con messaggi pressoché quotidiani, consigli e murales.
Del resto dopo 49 anni il mito di Fidel, insieme a quello del Che (che forse è ancora più forte e generalizzato), ha inciso profondamente nella vita del Paese e nella cultura delle persone e, se ci sarà una svolta, occorrerà tempo. E il tempo, a Cuba, sembra avere un valore diverso che da noi.