Proteste a Tripoli contro la riapertura delle sinagoghe

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Una proteste di piazza si è svolta ieri, 6 ottobre, a Tripoli contro la riapertura delle sinagoghe in Libia.

Un gruppo di circa 15 persone si è riunita per protestare contro la presunta autorizzazione data dal Consiglio nazionale di Transizione alla riapertura dei luoghi di culto ebraici. “Noi, rivoluzionari del 17 febbraio, rifiutiamo che vengano edificati dei templi ebrei sulla terra libica”, si legge nel comunicato distribuito dal gruppo dei manifestanti. Il Consiglio Nazionale di Transizione, a sua volta, ha smentito di avere concesso qualsiasi autorizzazione.

La notizia giunge a pochi giorni da quella che ha visto protagonista David Gerbi, i cui lavori per la riapertura della sinagoga di Tripoli, sono stati bloccati dalla polizia del governo di transizione libico.

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David Gerbi è fuggito dalla Libia nel 1967, quando aveva 12 anni. Insieme alla sua famiglia faceva parte di quei 38.000 ebrei che Gheddafi espulse dal paese all’indomani della Guerra dei 6 giorni.
Ora, dopo 44 anni di esilio e una carriera affermata da psicoterapista, Gerbi ha deciso di far ritorno in Libia. Quest’estate, seppur con molte difficoltà è riuscito ad ottenere i permessi per rientrare a Tripoli. Sta tentando anzi di entrare a far parte del Consiglio Nazionale di transizione che guida il paese in questi mesi di incertezza sulla sorte del colonello Gheddafi.
Domenica scorsa Gerbi aveva cominciato a lavorare per riaprire la vecchia sinagoga di Dar al-Bishi e cominciare così a recuperare le poche tracce rimaste dell’ebraismo libico. E’ un sogno che coltivo da almeno dieci anni, dice Gerbi, da quando il fuo che ho visto uscire dalle Torri Gemelle mi ha fatto ricordare improvvisamente quello che io stesso avevo visto a Tripoli nei giorni dell’espulsione”.

Quel sogno sembrava sul punto di potersi realizzare, ma le cose non sono andate come Gerbi sperava.
Pronto a cominciare i lavori, Gerbi infatti è stato bloccato: guardie armate di fucile, riferisce al Reuters, gli hanno impedito di entrare nella vecchia sinagoga.
La gente del posto gli ha spiegato che non era per niente sicuro rimanere lì; anzi, che se avesse insistito nel suo scopo, prima o poi sarebbe stato ucciso.

“Mi chiedo cosa intenda diventare la Libia, se uno stato libero o uno stato razzista”, ha detto Gerbi. “La porta è stata chiusa ancora una volta, ma io non mi arrenderò”