La Libia libera vuole il sostegno di Israele

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Tripoli da tre giorni ormai è nella mani degli insorti e dopo i ripetuti  bombardamenti degli aerei Nato sul compound di Gheddafi, da ieri pomeriggio i ribelli si sono impadroniti anche del bunker del rais. Questi intanto, da un luogo ancora sconosciuto,  è tornato a far sentire la sua voce. Prima al telefono con un funzionario russo al quale avrebbe detto di non volersi arrendere, di voler lottare fino alla morte; poi alla radio avrebbe parlato di “ritirata tattica”.

Nel frattempo da Londra un portavoce dei ribelli, Ahamd Shabani, ha rilasciato una inattesa dichiarazione.  Secondo il sito Haaretz. com, infatti Shabani, sentito telefonicamente, avrebbe detto: “la Libia ora ha bisogno del sostegno della comunità internazionale, compreso quello di Israele”. “Chiediamo ad Israele di usare la sua influenza all’interno della comunità internazionale per mettere fine al regime tirannico di Gheddafi e della sua famiglia”.
Shabani, figlio di un ex ministro del gabinetto del re, detronizzato nel 1969 da Gheddafi, è il  fondatore del Partito Democratico della Libia.

Non è chiaro il ruolo che Shabani abbia nella nuova situazione politica, ma negli ultimi mesi è apparso di frequente sui media occidentali come portavoce per l’opposizione.

Quando a Shabani viene chiesto se un governo democraticamente riconoscerà Israele, risponde: “E’ una questione molto delicata. La domanda è se Israele riconoscerà noi”.

Secondo Shabani, il  passaggio alla nuova Libia dovrà avvenire con il supporto di un’organizzazione delle Nazioni Unite che vigili sulle elezioni democratiche. Shabani in particolare auspica un comitato di riconciliazione sul modello del Sud-africa, per evitare atti di vendetta o una nuova guerra civile.