Israele e l’Onu, un rapporto difficile

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In genere cerco di capire la geopolitica come scienza che studia il comportamento di tutti gli attori del sistema internazionale e non soltanto Israele e il vicini in Medio Oriente.

Non è in discussione il mio affetto e interesse per lo Stato Ebraico, ma credo che per trovare una soluzione a qualunque conflitto bisogna trascendere dai propri sentimenti e scavare nella realtà complessa ed estremamente razionale quale è la politica internazionale.

Secondo questo approccio dunque ogni stato è un attore che deve essere trattato alla stessa maniera nel senso che ci deve essere una completa imparzialità soprattutto da parte delle istituzioni internazionali. Purtroppo cosi non è e per quanto io faccia lo sforzo di pensare a Israele nella maniera più critica possibile, mi trovo di fronte attori che cosi non si comportano.

Non si possono giudicare le Nazioni Unite come organizzazione separata dagli Stati, perché sono proprio gli Stati membri i veri protagonisti delle discussioni, raccomandazioni e decisioni dell’Onu.

Cosi funziona nell’Assemblea Generale, cosi funziona nel Consiglio Economico e Sociale e cosi, purtroppo, funziona nel nuovo Consiglio dei Diritti Umani a Ginevra. I Diritti Umani dovrebbero unire gli uomini oltre i confini geopolitici, ma la realtà è che i delegati seguono gli orientamenti dei blocchi geografici, formalmente riconosciuti dalla carta, e quelli politici, applicati nella pratica . Gli Stati Arabi votano in blocco e, da soli, costituiscono un terzo dei membri del Consiglio dei Diritti Umani. Ciò significa che hanno la possibilità di sottoporre al Consiglio risoluzioni non modificabili (è infatti necessario un terzo dei membri per proporre il testo delle risoluzioni), ma solo votabili. Non è un caso che in 4 sessioni ordinarie e 4 straordinarie che hanno avuto luogo nel primo anno di vita di questo organo, siano state sottoposte a votazione 8 risoluzioni che vedevano Israele protagonista di violazioni dei diritti umani. La questione preoccupante non è che Israele venga accusato di violare lo jus in bello, perché trovandosi in una situazione di conflitto, mi pare inevitabile che uno stato violi alcune norme del diritto internazionale.

Ciò che è grave e che mostra una mancanza di equilibrio è che in queste risoluzioni l’unica parte ad essere presa in considerazione e accusata di violazione del diritto umanitario è Israele, non vi è infatti fatta menzione delle attività terroristiche e provocatorie di Hezbollah e i terroristi in generale. Inoltre in 4 sessioni straordinarie del Consiglio, 3 hanno visto protagonista Israele e soltanto una il Darfur, regione in cui è in atto un vero e proprio genocidio.

Purtroppo questo Consiglio non sta dimostrando una grande forza rispetto alla screditata Commissione dei Diritti Umani di cui è sostituto. In questa sede gli Stati si comportano allo stesso modo in cui agiscono in altre sedi e il tema dei diritti umani passa in secondo piano.

Israele potrebbe certamente impegnarsi di piu nella cooperazioni in aree che riguardano meno la politica internazionale, come ambiente, tecnologie etc, campi in cui Israele è all’avanguardia. Cosi facendo potrebbe giocare meglio le sue carte quando si tratta della situazione Israelo-Palestinese, nell’ambito della diplomazia multilaterale. L’ambasciatore d’Israele a Ginevra mi ha assicurato che lo Stato Ebraico è fortemente impegnato in queste aree, ma io non ne sono cosi convinta anche perché tutti gli altri stati hanno due delegazioni indipendenti a Ginevra, una per la Conferenza sul Disarmo e una per le altre Organizzazioni Internazionali, Israele invece ne ha soltanto una per entrambe le aree.

Margherita Sacerdoti