La sinagoga in Myanmar

Il destino degli ultimi ebrei del Myanmar

Mondo

di Francesco Paolo La Bionda
Lo scorso primo febbraio le forze armate birmane, collettivamente note come il Tatmadaw, hanno deposto con un colpo di stato il governo civile guidato dal Premio Nobel Aung San Suu Kyi, posta agli arresti domiciliari. I militari non hanno mandato giù la vittoria del partito di Suu, la Lega Nazionale per la Democrazia, alle elezioni dello scorso novembre, a scapito del loro raggruppamento, il Partito dell’Unione, della Solidarietà e dello Sviluppo.

L’esercito ha così messo fine decennio di esperimento democratico, avviato dopo mezzo secolo di dittatura militare. Suu aveva boicottato le prime elezioni del 2010 per poi correre e vincere alla successiva tornata del 2015, conquistando un’ampia maggioranza dei votanti. Le forze armate hanno però continuato a mantenere una notevole influenza nella società birmana, sia perché i generali hanno costruito vasti imperi economici personali sia perché il Myanmar – denominazione ufficiale della Birmania a partire dal 1989 – resta in preda a un conflitto interno pluridecennale.

Il paese ospita 135 gruppi etnici riconosciuti ma l’etnia dominante sono i bamar, che ammontano al 68% della popolazione. Sin dall’indipendenza, le milizie delle etnie minoritarie hanno combattuto contro il governo centrale per ottenere l’indipendenza o l’autonomia. Una guerra ancora in corso in diverse aree del paese.

Sono presenti poi altre minoranze etniche non ufficialmente registrate, come i musulmani royingha, divenuti internazionalmente noti a causa della pulizia etnica condotta ai loro danni dall’esercito nel 2017. E come gli ultimi ebrei birmani, una ventina di persone che rappresentano le vestigie di una comunità che prima della Seconda Guerra Mondiale contava 2.500 membri.

La sinagoga di Yangon resta aperta

Secondo quanto riportato da The Times of Israel, il leader della comunità ebraica birmana Sammy Samuels ha definito il colpo di stato “un giorno triste per il Myanmar”, ricordando di aver visto in prima persona la brutalità dei militari nel reprimere le proteste del 1988 e di aver pensato dopo le elezioni del 2015 che la possibilità di una dittatura militare fosse stata finalmente relegata al passato.

Samuels ha rappresentato la comunità nei summit interreligiosi nazionali e ha incontrato spesso Suu per discutere di dialogo interconfessionale. Laureato alla Yeshiva University di New York e già dipendente dell’American Jewish Congress, oggi Samuels gestisce l’agenzia di viaggi Myanmar Shalom, specializzata in tour dei monumenti religiosi del paese.

È anche il custode della sinagoga Musmeach Yeshua (nella foto), l’unica rimasta nel paese e situata nella vecchia capitale Yangon.  Fondata nel 1854 e ricostruita nel 1896, la ben curata sinagoga è un sito storico riconosciuto della città, e conserva due ultimi rotoli della Torah. Vi si celebrano ancora cerimonie religiose, solitamente in occasione della visita di turisti ebrei o dei dipendenti di fede mosaica delle ambasciate israeliane e americana. Samuels organizza anche festeggiamenti di pubblici di hanukkah, a cui partecipano centinaia di ospiti comprese figure dell’amministrazione pubblica locale e nazionale. Esiste anche un cimitero ebraico, in cui sono sepolte circa 600 persone, che versa però in stato di abbandono.

Ascesa e declino della comunità ebraica birmana

Il primo ebreo di cui si abbia memoria nella storia del Myanmar è stato Solomon Gabirol, che servì come comandante nell’esercito del re Alaungpaya nel XVIII secolo. La nascita di una vera propria comunità risale alla seconda metà del secolo successivo, quando il paese venne annesso al dominio coloniale britannico. Centinaia di ebrei iracheni in fuga dalle persecuzioni si stabilirono nell’allora provincia della Birmania, prevalentemente nelle città di Yangon – allora Rangoon – e Mandalay. A loro si unirono anche Bene Israel ed ebrei di Cochin provenienti dall’India. Nel corso dei decenni successivi la comunità ebraica prosperò nel commercio e nell’amministrazione e crebbe numericamente. A Yangon, capitale provinciale, furono aperte una seconda sinagoga oltre alla Musmeach Yeshua e una scuola ebraica. Candidati ebrei furono eletti sindaci di Rangoon e di Pathein.

Il secondo conflitto mondiale segnò l’inizio del declino. I giapponesi si impadronirono della Birmania nel 1941 e la maggior parte degli ebrei scelte di fuggire in India con le forze inglesi in ritirata. Solo trecento rimasero nel paese, dove gli occupanti li trattarono con sospetto in quanto ritenuti possibili spie britanniche. Dopo la fine del conflitto, altre duecento persone ritornarono ma trovarono case e negozi distrutti. Quando nel 1962 il generale Ne Win salì al potere e nazionalizzò l’economia, la popolazione ebraica si era ridotta a centocinquanta persone, che scelsero quasi tutte di andarsene definitivamente.

Israele e Myanmar: due amici di vecchia data

Nonostante il rapido declino postbellico della popolazione ebraica birmana, il paese ha una storia di solide relazioni diplomatiche con Israele. La Birmania fu il primo stato del Sud-Est asiatico a riconoscere lo stato ebraico e il primo ministro birmano U Nu, amico personale di David Ben-Gurion, fu il primo capo di stato straniero a visitare Israele nel 1955. I rapporti sono rimasti cordiali anche nei decenni di governo della giunta militare birmana, nonostante pubbliche dichiarazioni di sostegno ad Aung San Suu Kyi da parte israeliana. Israele è inoltre uno dei principali fornitori militari del Tatmadaw, ruolo che ha attirato su Tel Aviv numerose critiche in occasione della persecuzione e dell’esodo forzato dei rohingya da parte dei soldati birmani nel 2017.

Quale destino per gli ebrei del Myanmar?

Tornando a Sammy Samuels, si avvicina ai quarant’anni ed è ancora l’ebreo birmano più giovane di tutti. Una demografia preoccupante per le prospettive di sopravvivenza della comunità locale, tuttavia Sammy si è impegnato a tenere la presenza mosaica attiva in quest’angolo di mondo finché sarà in vita: “Mentre mio padre era in fin di vita in ospedale, gli ho promesso che avrei tenuto in vita lo spirito ebraico in Myanmar, e che avrei tenuto aperta la nostra sinagoga”.