“Il Colore Viola”, per tutti ma non per Israele

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“Sono cresciuta sotto l’apartheid statunitense, e quella israeliana è di gran lunga peggiore”. E’ questa una delle frasi che la scrittrice americana Alice Walker ha scritto alla casa editrice israeliana Yedioth Books, negando con essa i diritti per la traduzione in ebraico del suo romanzo più famoso, “Il colore Viola”.

Premiato nel 1982 con il premio Pulitzer, “Il colore Viola” da cui Steven Spielberg ha tratto l’omonimo film, racconta la storia di una giovane donna di colore in lotta contro la cultura bianca razzista e al contempo contro quella nera patriarcale.

La motivazione addotta dalla Walker è che  la situazione attuale in Israele non è propizia ad accogliere un libro come il suo. “Non è possibile per me dare il permesso di traduzione in questo momento per il seguente motivo: come forse saprete, lo scorso autunno in Sud Africa, il Tribunale Russell sulla Palestina ha stabilito che Israele è colpevole di apartheid e della persecuzione del popolo palestinese, sia all’interno di Israele che nei Territori palestinesi occupati”. “Mi piacerebbe tanto sapere che i miei libri vengono letti dal popolo del vostro paese, soprattutto dai giovani e dai coraggiosi attivisti israeliani per la giustizia e la pace (ebrei e palestinesi) con i quali ho avuto la gioia di lavorare al loro fianco. Mi auguro che un giorno, forse presto, questo possa accadere. Ma ora non è il momento”.

Attivista filopalestinese, la scrittrice americana nel 2009 ha preso parte alle manifestazioni di Gaza contro la politica israeliana in Medio Oriente.