di David Zebuloni
“Il mio obiettivo è che nel 2025 tutte le armi del paese siano esclusivamente nelle mani dello Stato”, ha dichiarato il presidente del Libano, Joseph Aoun, annunciando di aver raggiunto un’intesa con il capo del parlamento libanese sul disarmo di Hezbollah. “Ora resta solo da definire il meccanismo per attuare questa misura – qualcosa che avverrà attraverso un dialogo diretto con i leader di Hezbollah”, ha aggiunto, precisando: “Non integreremo Hezbollah come unità indipendente all’interno dell’esercito libanese. I suoi miliziani potranno essere assorbiti solo dopo corsi di formazione e addestramento specifici”.
Il canale di notizie saudita Al-Hadath ha riportato che, secondo una fonte diplomatica dell’America Latina, recentemente Hezbollah avrebbe trasferito circa 400 comandanti, assieme alle loro famiglie, in vari Paesi del Sud America, tra cui Brasile, Colombia, Venezuela ed Ecuador. Secondo la fonte, questa decisione deriverebbe dalla consapevolezza che la struttura militare dell’organizzazione terroristica sta per essere smantellata, e i dirigenti temono di essere colpiti da Israele o arrestati da servizi segreti locali o internazionali.
La domanda sorge dunque spontanea: si può davvero affermare che l’era di Hezbollah in Libano sia finita? Il gruppo terroristico realmente rinuncerà al suo potere e si ritirerà in modo definitivo? Secondo gli esperti, risulta ancora troppo presto per dirlo con certezza. “Sta succedendo qualcosa di grande, l’organizzazione è in grave difficoltà, ma Hezbollah possiede ancora moltissime armi, e anche se in Parlamento si parla di disarmo, non è affatto un compito semplice da realizzare”, ha spiegato in un’intervista a Makor Rishon il generale Gershon HaCohen, ex comandante del corpo d’armata dell’esercito israeliano.
“Il possesso delle armi da parte di Hezbollah è legato prima di tutto a una concezione religiosa e ideologica: il credente islamico deve ogni giorno trovare una nuova via per combattere”, prosegue HaCohen. “È chiaro che l’organizzazione riconosce di attraversare un momento di debolezza, ma anche se sembra disposta a discutere del proprio disarmo, non è una vera apertura sostanziale. In questo momento, Hezbollah ha più bisogno di denaro che di armi. Deve ancora saldare i pagamenti promessi alla sua rete di combattenti, sia durante che prima della guerra”.
Anche Noam Bennett, ricercatore esperto di comunicazione visiva nel mondo arabo, non crede che Hezbollah sia pronto a rinunciare ai suoi asset strategici. “La vera domanda è se il governo e l’esercito libanese abbiano la forza per imporre il disarmo all’organizzazione”, ha sottolineato, sempre in un’intervista a Makor Rishon. “Hezbollah ha subito colpi durissimi nell’ultimo anno, è vero, ma è ancora lì. Esiste. È al punto più basso degli ultimi decenni, non c’è dubbio, ma non lo vedo rinunciare facilmente al suo arsenale”.
Bennett cita poi alcuni segnali del profondo malessere interno a Hezbollah. “Negli ultimi due giorni, in diversi villaggi del Libano, i residenti hanno rimosso le immagini di figure sciite prominenti come l’ex segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e Moussa al-Sadr, fondatore del movimento Amal”, racconta. “Questi sono a mio parere dei segnali non meno significativi delle ultime esternazioni del presidente Aoun”.
Tuttavia, lo stesso Bennett mette in guardia da aspettative troppo ottimiste. “Non credo che il presidente Aoun, che fino a poco tempo fa era il comandante dell’esercito e sa bene cosa sia la guerra, voglia realmente dare inizio a un conflitto interno. I libanesi hanno il terrore di una nuova guerra civile come quella avvenuta negli anni 1975-1990. E con la situazione economica odierna, nessuno sembra avere né il desiderio né le risorse per un altro scontro fratricida”.
La guerra civile libanese, in tutte le sue fasi, causò infatti circa 150.000 morti, 200.000 feriti e oltre 17.500 dispersi, poi dichiarati deceduti. “Non credo che ci siano forze interne al Libano pronte a combattere”, conferma l’ex generale HaCohen. “Non vedo l’esercito libanese o le comunità cristiane dichiarare una guerra aperta a Hezbollah. Ci potranno essere forse degli sporadici scontri localizzati, ma non una vera guerra. Credo ci siano abbastanza persone in Libano che ricordano bene perché una nuova guerra civile sarebbe un disastro da evitare per il bene della nazione”.
Nonostante le difficoltà, Hezbollah è tutt’altro che estinto. “All’organizzazione terroristica manca oggi il sostegno popolare, ma la sua leadership non si è completamente sgretolata”, conclude HaCohen. “Una delle caratteristiche del mondo credente musulmano è la capacità di affrontare i momenti di crisi militare attraverso la fede. Hezbollah vede nella sua sconfitta una fase temporanea da superare. I terroristi credono davvero che si riapriranno per loro le porte del paradiso, e che l’organizzazione tornerà presto ai giorni di gloria”.
Foto in alto: Joseph Aoun (Wikimedia Commons)