Djerba: una settimana dopo l’attentato, una faticosa ripresa. E non mancano le polemiche

Mondo

di Roberto Zadik
Sono giorni intensi per la comunità ebraica tunisina, che, a nemmeno due settimane dall’attentato alla sinagoga di Djerba, cerca di riprendersi nonostante il clima attorno ad essa sia decisamente inquieto. Le notizie si susseguono, in rapida successione, fra testimonianze contrastanti e stati d’animo di vario tipo.

Il sito Jewish Telegraphic Agency, lo scorso 11 maggio, ha raccontato che il giorno dopo l’attentato, in cui hanno perso la vita cinque persone, nella stessa sinagoga, La Ghriba, una delle più antiche del Maghreb, vi è  stata una circoncisione. Canti, balli e gioia si sono riversati attorno a quel piccolo, a otto giorni dalla sua nascita, con il Rabbino Isaac Choua che ha celebrato la ricorrenza, come sempre. Secondo il Rav, attualmente residente a New York, è stata la risposta a quell’orrore, accaduto poche ore prima, e intervistato dal sito, al Congresso Ebraico Mondiale degli ebrei del Medio Oriente e del Nord Africa, ha detto” hanno voluto celebrare lo stesso la circoncisione  dopo tutto quello che era successo, il giorno prima, durante la festa del Lag Baomer che, ogni anno,  attira nelle sale della Ghriba migliaia di visitatori da tutto il mondo, molti dei quali di origini tunisine.”

L’antica sinagoga della Ghriba a Djerba

Ripercorrendo la recente storia di questa sinagoga, il Rabbino ha ricordato l’attacco del 2002 che,  perpetrato dai terroristi di Al Qaeda, aveva ucciso venti persone.  Stando all’articolo l’attentato di martedì scorso risulta particolarmente spiazzante, visti gli sforzi della Tunisia e del suo governo in materia di tolleranza e accoglienza delle diversità. Nonostante questa difficile situazione, speranza e forza morale contraddistinguono i membri della piccola Comunità di Djerba che, come ha evidenziato Yaniv Salama, amministratore delegato della Fondazione Salamanca, “ha forti legami con le autorità e il mondo esterno ed è necessario rafforzare le relazioni fra le comunità ebraiche ed i paesi arabi; Djerba rimane un’oasi di coesistenza”.

Il Rabbino Choua ha messo in luce come “gli ebrei tunisini sono resilienti, non si sentono scoraggiati dopo questo attentato e stanno visitando, anche in questi giorni, con le loro famiglie , i luoghi di pellegrinaggio”. In tema di reazioni, Salama ha espresso la propria costernazione, riguardo a questo attacco, dicendo “non mi aspettavo che una comunità di poco più di millequattrocento ebrei fosse colpita da questo attentato”. Come hanno sottolineato i vari interventi e ha confermato anche Salama gli ebrei tunisini “sono atterriti da queste violenze ma stanno cercando di andare avanti e di stringere i denti”. L’attentato ha lasciato un profondo choc nella Comunità locale e, in merito a quanto accaduto martedì 9 maggio per ragioni ancora oggi ignote,  il sito tedesco DW, venerdì 12 maggio, ha pubblicato l’interessante racconto di Michael Hanna, scampato in extremis all’attentato. Nell’articolo, firmato da Tarak Guizani e Cathrin Schaer, viene evidenziata la sua incredulità nell’essersi salvato miracolosamente. Hanna ricorda quando uno sconosciuto ha aperto il fuoco contro i presenti. Ancora impaurito ha affermato “i visitatori erano stipati dentro la sinagoga ma nessuno era stato ferito; mia moglie si era sentita male poco prima ed era tornata  a casa, ed io volevo raggiungerla per riposare assieme a lei e ai miei due figli ma, improvvisamente, ho visto le pallottole volare, in ogni direzione, e una di esse ha colpito la bottiglia di birra che tenevo in mano; pensavo di stare per morire ma, miracolosamente, sono sopravvissuto”. Ricordando il sacrificio dei due agenti, morti nell’attacco, l’ex Ministro del Turismo Renè Trabelsi, come ha riportato la TAP, agenzia giornalistica tunisina, ha elogiato le forze della sicurezza che “hanno sacrificato la vita per salvare altre vite umane” evidenziando che” il loro intervento, che è stato molto efficace, ha impedito che la strage si aggravasse”.

Le dichiarazioni del presidente tunisino, bufera di reazioni e indignazione dopo il suo attacco a Israele

A surriscaldare l’atmosfera sono arrivate le controverse esternazioni del presidente tunisino Kais Saied che, secondo quanto ha riportato giovedì 18 maggio la versione francese del Times of Israel, ha affermato che “la Tunisia è un paese tollerante ma bisogna dividere l’ebraismo dal sionismo”. Stando alle ricostruzioni di vari siti, mercoledì 17, egli avrebbe dovuto incontrare gli esponenti delle tre grandi religioni, il gran rabbino di Tunisia Haim Bittan, il mufti Hichem ben Mahmoud e l’arcivescovo di Tunisi, Ilario Antoniazzi. Inizialmente egli ha definito l’evento “un incontro storico fondamentale che dimostra l’apertura della Tunisia verso la convivenza fra culture”. Successivamente egli ha assicurato che l’inchiesta della polizia andrà avanti per ricercare i mandanti dell’attentato e, secondo quanto rivela il sito Times of Israel, nel suo articolo realizzato assieme all’agenzia di stampa tunisina, quattro persone collegate all’autore del gesto sono state arrestate.

Le autorità tunisine però, nonostante abbiano denunciato l’attentato come “un gesto criminale”, hanno evitato  di definire l’autore del gesto come un “terrorista” e di inquadrare come antisemita il suo attacco. Oltre a questo, nel suo discorso Saied, ha confermato la gravità dell’accaduto che “danneggia la stabilità della Tunisia portando divisione e rancore”. La parte più problematica è stata quando,  rivolgendosi ai membri della Comunità ebraica al suo cospetto, ha detto “potete vivere in pace e garantiremo la vostra sicurezza ma bisogna distinguere ebraismo e sionismo e mettere fine alla tragedia del popolo palestinese”. Nonostante ciò, il Rabbino Bittan si è definito soddisfatto dell’incontro e del sostegno governativo per impedire che quanto accaduto si ripeta.

Il presidente tunisino Kais Saied (Fote: Wikimedia Commons, Autore: Houcemmzoughi)

L’indignazione della storica Deborah Lipstadt:”Saied antisemita”

Subito dopo che queste parole hanno girato il mondo,  è arrivata la replica dell’autorevole storica ebrea americana Deborah Lipstadt, inviata della Casa Bianca sull’antisemitismo, riportata mercoledì 17 maggio dal sito algemeiner. Nel testo dell’articolo, firmato da Andrew Bernard, la Lipstadt ha definito “antisemita” il discorso di Saied. Ricordando la sua visita il giorno prima dell’attentato, ella ha espresso  la sua costernazione riguardo all’assenza di qualsiasi condanna di Saied, nel descrivere l’odio antiebraico dell’attentato, definendo questa omissione come “scoraggiante e irritante”.I commenti indignati della storica arrivano in un momento di sconvolgimento fra gli ebrei tunisini per le dichiarazioni di Saied.

Uno dei membri della Comunità, che per evitare problemi ha mantenuto l’anonimato, ha ribadito “ho sentito l’intero discorso del presidente e mi è sembrato che per lui sia molto difficile pronunciare la parola “ebrei”. Senza dubbio, Saied non solo odia Israele ma è anche antisemita”. Come ha evidenziato il sito, il presidente non è nuovo a condotte ostili verso gli ebrei perché, nel 2021, aveva tenuto un discorso in cui accusava gli ebrei di “essere responsabili dell’instabilità del Paese” anche se egli ha poi negato di aver fatto queste affermazioni. Ricordando le parole del presidente palestinese Mahmud Abbas che una volta, davanti alle Nazioni Unite,  accusò Israele di “mentire come Goebbels” la Lipstadt ha sottolineato la gravità di queste dichiarazioni soprattutto in un periodo in cui “a livello mondiale le violenze antisemite sono in aumento”.