Il sindaco di New York Bill De Blasio

Coronavirus, New York esorta le sinagoghe ancora attive a chiudere per l’emergenza

Mondo

di Ilaria Ester Ramazzotti
“Capisco quanto sia importante la fede delle persone e quanto possiamo aver bisogno della nostra fede in questo momento di crisi, tuttavia non abbiamo bisogno di riunioni che mettano in pericolo le persone”. Così il sindaco di New York Bill de Blasio ha esortato le comunità ebraiche del territorio e tutte le confessioni religiose a chiudere i templi ancora aperti o sospendere le preghiere pubbliche o di gruppo che ancora vi si svolgono. Pena, la chiusura definitiva dei luoghi di culto che non adempiono alle regole contro l’emergenza sanitaria dovuta al diffondersi del coronavirus.

Alcune sinagoghe della città, nonostante le ordinanze emanata in materia, proseguono infatti le preghiere pubbliche che richiedono la presenza di un minyan, di almeno dieci uomini. “Abbiamo avuto un supporto straordinario dai rabbini di tutte le diverse componenti della comunità ebraica e lo stesso vale per le altre fedi”, ha detto De Blasio lo scorso 27 marzo, come riportano The Jewish Press e il Jerusalem Post, tuttavia “un piccolo numero di comunità religiose, specifiche chiese e particolari sinagoghe non stanno purtroppo prestando attenzione alle linee guida”.

“Voglio dire a tutti coloro che si preparano per il potenziale dei servizi religiosi questo fine settimana: se vai nella tua sinagoga, se vai nella tua chiesa e provi a svolgere i servizi religiosi dopo che è stato detto così tanto di non farlo, i nostri agenti non avranno altra scelta che chiudere quei servizi religiosi”, ha ammonito il sindaco di New York subito prima degli scorsi Sabato e Domenica. Qualora non bastassero gli avvisi e gli ammonimenti, ha sottolineato, le autorità potrebbero “intraprendere ulteriori azioni fino al punto di dare delle multe multe e potenzialmente di chiudere in via definitiva l’edificio” religioso non in regola.

A New York sembra che siano rimaste aperte soprattutto alcune sinagoghe ortodosse e ultra-ortodosse, nelle cui comunità si è registrato un significativo numero di contagi da Covid-19.