Berlinale (Wikipedia. Autore: Maharepa - https://www.flickr.com/photos/fotokurse-berlin/386712672/?addedcomment=1#comment72157602799951317, CC BY 2.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3014660)

Berlinale 2025: in un clima politico incandescente tra cinema e proteste, palestinesi e antisemitismo dominano il dibattito in Germania verso le elezioni

Mondo

di Anna Coen
Sullo sfondo di questo evento culturale, la Germania si prepara alle elezioni federali del 23 febbraio per il rinnovo del Bundestag, proprio l’ultimo giorno del festival, con l’ascesa dell’estrema destra dell’AfD che scatena manifestazioni in tutto il Paese. Mentre crescono le tensioni fra i manifestanti che paragonano Gaza alla Shoah e la polizia (la banalizzazione dell’Olocausto è un reato).

 

La 75ª edizione del Festival Internazionale del Cinema di Berlino si è aperta giovedì 13 febbraio con il suo consueto entusiasmo, ma anche in un clima di tensione senza precedenti. Mentre le luci della ribalta illuminano il tappeto rosso, le strade della capitale tedesca ribollono di proteste e preoccupazioni politiche. Sullo sfondo di questo evento culturale, la Germania si prepara alle elezioni federali del 23 febbraio per il rinnovo del Bundestag, proprio l’ultimo giorno del festival, con l’ascesa dell’estrema destra dell’AfD che scatena manifestazioni in tutto il Paese.

Berlino tra cinema e tensioni politiche

Nel weekend precedente l’apertura del festival, oltre 200mila persone hanno manifestato a Monaco contro l’avanzata dell’AfD. A Berlino, tra anteprime cinematografiche e conferenze stampa, il freddo invernale non ha fermato le proteste. Una dimostrante, come riporta Yahoo News, ha recitato ad alta voce: «Vedo qualcosa che tu non vedi. È un Olocausto», riferendosi a Gaza. Pochi secondi dopo, la polizia l’ha fermata, sollevando interrogativi sullo spazio per la libertà di espressione in Germania. La dimostrante, che ha voluto rimanere anonima, ha espresso quello che molti appartenenti alla grande diaspora palestinese tedesca dicono criticando Israele, usando parole come “genocidio”, “pulizia etnica”, “sfollamento forzato” e “Olocausto”. Secondo la legge tedesca, l’intervento della dimostrante potrebbe costituire il reato di banalizzazione dei crimini nazisti, ma per molti presenti era un grido di dolore e una richiesta di attenzione alla crisi in Medio Oriente.

 

Berlinale, politica e censura

La Berlinale è sempre stata un festival che si è dichiarato attento ai temi sociali e politici, e quest’anno non fa eccezione. Tuttavia, lo scorso dicembre, la nuova direttrice Tricia Tuttle aveva espresso preoccupazioni in un’intervista a The Guardian sul rischio che il dibattito polarizzato sulla guerra in Medio Oriente potesse limitare la libertà di espressione degli artisti. Il timore principale? Che criticare Israele potesse essere automaticamente etichettato come antisemitismo. La questione non è solo teorica. Nel 2024, alcuni giurati e premiati della Berlinale avevano usato il palco per chiedere un cessate il fuoco a Gaza e denunciare le azioni israeliane come “genocidio” e “apartheid”, scatenando forti reazioni. La direzione del festival ha cercato di rassicurare tutti, ribadendo che la Berlinale resta un luogo di pluralismo e confronto aperto. Tuttavia, il clima politico di questi giorni in Germania suggerisce che certe prese di posizione potrebbero avere conseguenze pesanti.

La Germania tra elezioni e proteste

Intanto, mentre si avvicinano le elezioni del 23 febbraio, i sondaggi vedono il leader conservatore Friedrich Merz in vantaggio. Il suo partito, la CDU, ha annunciato misure più severe contro quello che definisce Israelhass (odio verso Israele), un concetto che in Germania non ha equivalenti ufficiali per altri Stati. Tra le proposte avanzate vi sono la criminalizzazione della messa in discussione della statualità israeliana e la possibilità di deportare migranti accusati di antisemitismo.
Riguardo a Israele, dal 7 ottobre, Merz, come quasi tutti i membri della CDU, ha espresso un incrollabile sostegno a Israele e al suo diritto all’autodifesa. Come riporta Ynetnews, in più occasioni ha affermato che «il rapporto della Germania con Israele è unico, senza se e senza ma».

 

Il mondo arabo in Germania: «Anche noi abbiamo la nostra guerra a Berlino»

Per molti arabi e musulmani in Germania, queste posizioni, da qualunque parte arrivino, rappresentano una minaccia diretta. I timori di stigmatizzazione sociale, arresto e persino deportazione incombono sui palestinesi di Berlino, che temono che le loro richieste di una patria vengano erroneamente interpretate come un sostegno al terrorismo e all’odio verso gli ebrei.

Sempre nell’articolo di Yahoo News, è riportato, tra l’altro, come molti membri della comunità palestinese di Berlino affermano che, anziché suscitare simpatia, vengono messi a tacere dalla polizia e usati come capri espiatori in un discorso politico che incolpa gli arabi di «antisemitismo importato».  Non mancano le testimonianze di chi non si sente più al sicuro in Germania: «Anche noi abbiamo la nostra guerra a Berlino – dice Wafaa Saied, una cantante di Gaza che lavora anche al servizio clienti per la catena sportiva Decathlon –Tutto deve essere combattuto, sostiene». Osserva a sua volta Saied: «Sia nel procurarci i documenti, sia nell’esprimere liberamente la nostra identità indossando la kefiah, sia nell’unirci alle manifestazioni, sia nell’esprimere la propria opinione su qualcosa al lavoro o all’università. Ti senti sempre come se non potessi parlare liberamente perché hai solo paura di quello che potrebbe succedere dopo», ribadisce Saied, che inizialmente ha esitato a parlare apertamente con un giornalista per paura che la sua residenza in Germania potesse essere a rischio. Infine, quando gli viene chiesto come vive a Berlino, Abdul, un siriano-palestinese che vive in Germania da 10 anni e che ha preso parte a una protesta contro Israele, dice che la sua più grande paura è che la Germania possa spostarsi a destra.

In questa confusione ideologica, slogan come “Palestina libera” ricorrenti in più manifestazioni, sono stati paragonati a frasi naziste, e le autorità tedesche hanno registrato un aumento dei crimini politici legati alla guerra a Gaza, con oltre 926 episodi di antisemitismo nel 2024. Dopo l’attacco terroristico di Hamas del 7 ottobre e l’intensificarsi del conflitto in Medio Oriente, l’odio verso gli ebrei in Germania rimane spaventosamente alto. Nel 2024, sono stati registrati oltre 5.000 crimini antisemiti, la maggior parte dei quali attribuibili a due ideologie principali.

Restrizioni alle proteste e libertà di espressione

In conclusione, la polizia di Berlino ha adottato un atteggiamento sempre più rigido nei confronti delle manifestazioni pro-palestinesi. Recentemente ha vietato l’uso di canti e tamburi in arabo durante un corteo, mentre altre proteste sono state cancellate o confinate in aree specifiche. Per il ricercatore Benz, l’emarginazione dei palestinesi è un modo per alleviare la coscienza tedesca. «È così piacevole e confortevole, ci libera dalla nostra coscienza, dai nostri sentimenti di vergogna e colpa», afferma. Secondo Benz, l’eredità dell’Olocausto perseguiterà la Germania per le generazioni a venire. «E se abbiamo un gruppo di persone contro cui puntare il dito e condannare come antisemiti, allora stiamo andando alla grande.» Questa affermazione, che può suonare provocatoria, riflette una visione critica, secondo cui, accusando altri di antisemitismo, la Germania può “liberarsi” del peso della propria responsabilità storica

Nel frattempo, la Berlinale continua a fare da specchio a queste tensioni. Mentre il festival ribadisce il suo impegno per il pluralismo, così come cerca di rassicurare la direttrice Tricia Tuttle, la realtà fuori dalle sale sembra raccontare una storia diversa (le sue dichiarazioni nella prefazione al programma 2025 del festival).

In un contesto dove la politica si intreccia sempre più con la cultura, la vera domanda rimane: è ancora possibile parlare liberamente di certi temi in Germania senza incorrere in censure o conseguenze legali? La Berlinale prosegue, ma il dibattito è tutt’altro che chiuso.

 

(Foto: Wikimedia Commons. Autore: Maharepa)