Open see

La Memoria: arma contro il pregiudizio e via per l’integrazione

Italia

"Open see"I giovani ebrei sentono di avere un ruolo rispetto alla società contemporanea che non è solo quello di trasmettere alle future generazioni la memoria di Auschwitz, ma anche di lottare contro le condizioni che produssero Auschwitz.

Questo è stato il tema dell’incontro del 28 gennaio, al Circolo della Stampa di Milano, promosso dall’UGEI e dedicato a “Il ricordo della Shoah: i testimoni e la III generazione”. Insieme al consigliere UGEI, Victor Robiati Bandaud, erano presenti, il presidente della Comunità ebraica di Milano, Roberto Jarach, e il presidente del Consiglio Comunale di Milano, Manfredi Palmeri; il rabbino Giuseppe Laras, il consigliere UCEI Riccardo Hoffman e il consigliere UGEI Sharon Reichel.

Il dibattito si è imperniato sul confronto e sul diverso rapporto che le tre generazioni di testimoni (diretti e indiretti) della Shoah, vivono oggi con il concetto di “memoria”.

Da un lato si è posto il tema del ricordo dell’esperienza vissuta in prima persona; dall’altro quello della memoria di quel ricordo, “acquisito” e fatto proprio attraverso l’ascolto dei sopravvissuti allo sterminio. La conservazione e trasmissione di questo ricordo, è l’eredità di cui le terze generazioni – i nipoti dei sopravvissuti – si sentono in qualche modo, i portatori.

Ma, come è emerso dal dibattito, il compito delle terze generazioni sembra andare oltre la memoria della Shoah come momento tragicamente unico nella storia occidentale. Mantenere vivo il ricordo dell’esperienza di Auschwitz deve servire anche a non dimenticare gli altri genocidi della storia– quello degli armeni, quello dei Tutsi del Ruanda, o quello delle tribù del Darfur. “Se noi tutti, cittadini del mondo, non volteremo più la testa dall’altra parte di fronte al pregiudizio e all’intolleranza verso chiunque, né la Shoah, né altri stermini potranno più avvenire” ha affermato Riccardo Hoffman.

Combattere contro il pregiudizio e il razzismo per evitare che nuove Auschwitz si ripetano: questo il ruolo che i giovani ebrei sentono di rivestire nella società contemporanea come terza generazione di testimoni della Shoah. E proprio   questo è stato il punto di partenza della discussione che ha animato la Tavola rotonda della seconda parte dell’incontro del 28 gennaio.

Daniele Nahum, vicepresidente della Comunità ebraica di Milano, insieme a Manfredi Palmeri, presidente del Consiglio Comunale di Milano, Bruno Dapei, presidente del Consiglio Provinciale di Milano, a Dounia Ettaib dell’Associazione Donne Arabe d’Italia, a Pierfrancesco Majorino, capogruppo Partito Democratico del Consiglio Comunale di Milano, a Don Roberto Davanzo, direttore Caritas Ambrosiana, e Sharon Reichel, consigliere UGEI, hanno discusso infatti di “Razzismo oggi”.

Pregiudizio, razzismo, antisemitismo: sono tutti fenomeni con cui la nostra società si trova a dover fare i conti e che chi, come gli ebrei, ne ha subìto per secoli i tragici effetti, ha il dovere morale di combattere – osserva Daniele Nahum.

Come? Innanzitutto cancellando da tutti i testi di legge il termine “razza”, afferma Manfredi Palmeri. E poi trasformando l’ora di religione (cattolica) nelle scuole in un’ora di storia delle religioni.

Lo strumento più efficace per combattere il razzismo, dichiara ancora Nahum, è la conoscenza reciproca; e i giovani, come emerge da un rapporto dell’Unicef, sono tra coloro che finora hanno recepito meglio questo valore. A differenza degli adulti che tendono a trasferire nel comportamento “anomalo” dello straniero la causa del pregiudizio, i giovani tra i 14 e il 18 considerano la  conoscenza di chi ha tradizioni, costumi, storie diverse dalle nostre, lo strumento per superare il pregiudizio e fondare una società non tanto tollerante, quanto multietnica.

Il compito che gli ebrei, che le giovani generazioni di ebrei, devono assumersi, anche in nome della loro storia, conclude Nahum, è proprio quello di promuovere la lotta al razzismo e la costruzione di una società finalmente integrata.

L’immagine di copertina è tratta dalla mostra “Open see” del fotografo americano Jim Goldberg. “Open see” fa parte di un ampio progetto dal titolo “New Europeans” che documenta l’esodo verso l’Europa di migranti, rifugiati politici e vittime del tratta di esseri umani, nel sud del mondo (http://events.magnumphotos.com/exhibition/hcb-award-exhibition-jim-goldberg)