I Giusti: l’etica ebraica in un mondo indifferente

Italia

di Redazione

Il primo fu Abramo che mercanteggiò col Padreterno la salvezza di Sodoma. Uomini e donne mai disposti a cedere la propria coscienza e senso di umanità per il piatto di lenticchie dell’interesse personale o dell’ideologia. Come nel caso dei quattro Giusti nominati oggi a Milano, testimoni dell’urgenza di agire e di un’Europa e Africa tra indifferenza e responsabilità. Ecco le riflessioni
e le cronache della Giornata

Quattro figure a loro modo speciali, quattro personaggi fuori dagli schemi, quattro Giusti dalla storia semplice e insieme sorprendente. Alla loro tavola, pane e coraggio, pane e responsabilità. Non più, cartesianamente, Cogito ergo sum; quanto, piuttosto, ebraicamente: Reus ergo sum, responsabile quindi sono. Questo il senso profondo che ha guidato la scelta dei quattro personaggi nominati Giusti a marzo 2019. «In un momento in cui l’identità politica e culturale del nostro continente è messa in forse e riaffiorano odio e antisemitismo, abbiamo scelto come esempi da onorare Simone Veil, ebrea francese sopravvissuta alla Shoah, paladina dei diritti umani, della dignità delle donne e del ruolo dell’Europa per la pace, prima Presidente del Parlamento europeo, e István Bibó, intellettuale ungherese, coscienza critica della nazione sulle collusioni del Paese con il nazismo e vicino a Imre Nagy durante la rivoluzione del ’56 a Budapest. Accanto a loro vogliamo onorare chi in Africa si è battuto e si batte per la tutela dell’ambiente, la democrazia e la pace, come Wangari Maathai, attivista e ambientalista keniota, prima donna africana a ricevere il Premio Nobel per la Pace; e Denis Mukwege, medico congolese, che da anni dedica la sua vita ad assistere le donne vittime dello “stupro come arma di guerra”, nonostante le minacce subite dai gruppi armati del suo Paese». Gabriele Nissim, presidente Gariwo – Il giardino dei Giusti, spiega così la scelta di queste quattro figure esemplari, due europee e due africane, da ricordare in occasione della Giornata dei Giusti dell’Umanità, quest’anno dedicata al tema Europa e Africa, tra indifferenza e responsabilità: perché sia in Europa – vecchia signora stanca, che dimentica le sue ragioni e le sue radici – sia in Africa – continente dalla demografia giovane in cui persistono problemi antichi e scenari sanguinosi e deflagranti – di Giusti, di impegno personale, di autentico coraggio, c’è oggi un estremo bisogno.
Mancanza di democrazia e sfruttamento delle risorse sono i mali endemici che il neocolonialismo alimenta ancora oggi e di cui l’Europa, con la miopia di un suicida inconsapevole, subisce e subirà, sempre di più, le conseguenze.
Razzismo, odio e intolleranza sono onnipresenti nel linguaggio della gente comune come pure tra i politici, populisti e sovranisti, in Italia e in diversi Paesi europei e nel mondo. Smascherare e combattere questi fenomeni, queste ideologie infette, è la battaglia di Gabriele Nissim che quest’anno, in occasione dell’annuale Giornata dei Giusti dell’Umanità, ha organizzato diverse iniziative, alcune delle quali assolutamente inedite.

concerto nel Duomo
Nella città capofila delle celebrazioni del 6 marzo 2019, il grande Concerto per l’Europa dei Giusti dell’Umanità ha aperto la settimana di eventi, alla presenza di quasi 1500 cittadini milanesi e autorità. Le note toccanti dei canti ebraici risuonano e commuovono sotto le volte gotiche: è lo struggente Respondemos in lingua giudaico-spagnola, il judezmo o ladino, un’invocazione sefardita cantata dagli ebrei in fuga, all’indomani del Gherush Sefarad, la cacciata degli ebrei di Spagna nel 1492 decisa da Los Reyes Catolicos, Isabella e Ferdinando. “Rispondici, Respondemos, Dio di Abramo, tu che rispondi nell’ora di grazia, nell’ora dell’angoscia, rispondici Padre misericordioso…”: così canta Antonella Ruggiero, una delle voci più intense del panorama italiano, ospite d’onore del concerto, ricordando il dolore di chi affronta la persecuzione e l’esilio col cuore straziato. La vocalist ha poi intonato il Kinder Yorn, Anni d’Infanzia, composto in yiddish da Mordechai Gebirtig e adattato in italiano da Antonella Ruggiero. Gebirtig fu ucciso dai nazisti a Cracovia nel 1942 e fu un musicista autodidatta tra i più celebri della musica e poesia in lingua yiddish. Un programma musicale misto e coinvolgente, dal Kol Nidrei di Max Bruch all’Ave Maria di Charles Gounod… «Milano come Gerusalemme, città dei Giusti tra le nazioni da cui si origina un moto di riconoscenza e riconoscimento verso chi ha saputo fare il Bene in tempi avversi e oscuri, battendosi contro le pulsioni genocidarie delle società in cui vivevano, esponendo se stessi e i propri cari, in prima persona, per salvare altre vite; in nome della propria coscienza e di una idea di umanità che si stava perdendo». Un concerto per la città, per onorare tutti coloro capaci di andare contro un mainstream oblioso e indifferente, quello della maggioranza della popolazione incurante dell’orrore che accade per le strade e nella porta accanto. Queste in estrema sintesi le parole inaugurali e di benvenuto di Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, organizzatore dell’evento e vicepresidente dell’Associazione per il Giardino dei Giusti.
Milano città aperta, la Milano del diritto e della giusta accoglienza, Milano come autentica città internazionale, capace di rilanciare le sfide dell’Europa e dell’Italia: così ha aggiunto nel suo discorso di apertura Giuseppe Sala, sindaco di Milano e Presidente del Giardino dei Giusti di Milano. E anche l’intervento di Monsignor Mario Delpini, Arcivescovo di Milano, ha messo l’accento sulla questione dei perseguitati e dei migranti, sul “grido del sangue di Abele” che va raccolto e ascoltato.

La cerimonia a Monte Stella
Nella mattina del 14 marzo, al Giardino dei Giusti di tutto il mondo, nell’area verde del Monte Stella a Milano, si è svolta la cerimonia che ha onorato i Giusti dell’Umanità. Hanno partecipato i membri della comunità ebraica e armena; tra i presenti vi erano anche ex sindaci di Milano, da Letizia Moratti a Giuliano Pisapia. «Siete voi ragazzi e ragazze i veri protagonisti di questa giornata ed è la vostra presenza a rendere questa giornata ancora più bella», ha dichiarato il sindaco Giuseppe Sala, rivolgendosi con particolare attenzione agli oltre seicento giovani presenti. Per Sala, il Giardino dei Giusti è il simbolo della Milano più autentica, la Milano antifascista, medaglia d’oro della resistenza, ma anche di una città pragmatica e generosa, che si rimbocca le maniche e offre accoglienza a chi sfugge da una guerra e che lungo ventisei secoli di storia è sempre stata un modello di apertura al mondo. «Questa cerimonia – ha detto – è dedicata a chi ha salvato vite umane e aiutato migliaia di persone, vittime di persecuzioni; nasce come momento di ricordo e riflessione, ma è anche una giornata di festa, perché celebra la capacità dell’uomo di scegliere il bene. Si tratta di un’occasione per lanciare alle nuove generazioni un messaggio di fiducia e ottimismo». E sui Giusti afferma che: «Il loro insegnamento di altruismo e di responsabilità verso il prossimo è un esempio per tutti noi».
Per Gabriele Nissim lo spirito che guida Gariwo è molto semplice, poiché ogni individuo, nel suo piccolo, può sempre fare qualcosa per porre un margine all’odio, all’antisemitismo e al razzismo. Anticipa inoltre che per l’anno prossimo, accogliendo l’invito del presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del sindaco di Milano, vorrebbe lanciare in tutto il Paese un tema fondamentale, quello dei “Giusti per l’ambiente”. «Noi crediamo – afferma Nissim – che il pianeta sia in pericolo e che se non ci occupiamo del pianeta, assisteremo a migrazioni spaventose, e forse a nuovi genocidi. Da una parte l’Italia, dall’altra Gerusalemme, da questi due centri nasce il messaggio mondiale sui Giusti dell’Umanità… L’Europa è il futuro, perché se abbiamo vissuto un tempo di pace senza trincee e abbiamo visto la caduta dei totalitarismi, lo dobbiamo a tutti coloro che hanno creduto nei valori europei. Abbiamo bisogno di Giusti in Europa anche oggi».
Tra i Giusti onorati nella cerimonia c’è István Bibó, intellettuale ungherese, e il figlio ha voluto portare la propria testimonianza: «Mio padre – afferma – era spesso considerato “ingenuo”, perché credeva che mantenere i principi della morale non fosse solo auspicabile in politica, ma a lungo termine indispensabile per una “vera” politica; pensava che l’onestà politica e la moralità fossero concetti necessari per la propria vita. Il suo impegno era indipendente dalla possibilità di un esito positivo o meno». István Bibó era considerato un idealista per essere stato dalla parte dei perseguitati, degli ebrei nel 1944, quando Bibó forniva loro documenti falsi per cercare di salvarli. Un atto eroico, per il quale fu arrestato e obbligato poi a nascondersi. Secondo Nissim, il personaggio di Bibó può essere un esempio per tutti noi perché ha avuto il coraggio di assumersi le responsabilità del suo Paese in epoca di collaborazionismo. La resistenza morale di Bibó dovrebbe diventare la resistenza morale di tutta l’Europa verso ogni forma di populismo perché, dichiara Nissim: «Quando partono i nazionalismi, si arriva poi alle guerre, alle contrapposizioni, nasce l’odio e si sviluppa la cultura del nemico».
Di Simone Veil ha parlato il Console generale francese Cyrille Rogeau: «È stata una lavoratrice infaticabile, un esempio per tante persone e tanti francesi, un modello da seguire; la triste storia della Shoah che ha massacrato sei milioni di ebrei non è però riuscita a rubarne l’identità e ancor meno a cancellare il loro ricordo. Per noi europei questo punto della storia è un motivo di grande vergogna». Una grande signora, provata dalla durezza della vita, ma che ha saputo uscirne con la forza e il coraggio. Nel 2019 la Repubblica francese ha istituito il Premio “Simone Veil” con lo scopo di premiare il coraggio e l’impegno femminile. Wangari Maathai, la prima donna africana a essere insignita, nel 2004, del premio Nobel per la pace, è stata celebrata dall’amica Rahab Mwatha: «È una forte figura di leadership, esempio per tutti noi». Significativo è il suo impegno a favore dell’ambiente, contribuendo a far piantare più di 30 milioni di alberi, in numerosi paesi africani tra cui il Kenya, attraverso il Green Belt Movement. Nonostante la prigionia e le violenze subite, non si è mai arresa, lottando a favore dei diritti umani, mostrando particolare attenzione verso la componente femminile e giovanile del genere umano.
«L’ospedale ha aiutato più di 55.000 vittime, ma per noi anche una sola vittima è importante» ha dichiarato Christine Amisi Notia, venuta a parlare per conto di Denis Mukwege, chirurgo congolese, Nobel per la pace nel 2018. A lui il merito, nonostante le ripetute intimidazioni, di aiutare le donne, vittime di “stupro di guerra”, senza trascurare oltre alle cure mediche anche una riabilitazione di tipo psicologico, fondamentale per il reinserimento nella sfera sociale. (Michael Soncin)

La cerimonia a Palazzo Marino
«Milano si conferma capitale morale del movimento culturale dei Giardini dei Giusti che Gariwo ha costruito in Italia e nel mondo. Lo spirito che guida questo movimento è che ogni individuo può sempre porre un argine all’odio, all’antisemitismo, al razzismo ed evitare che si ripetano nuovi genocidi, totalitarismi e atrocità contro gli esseri umani». Sono le parole di Gabriele Nissim per celebrare la Giornata dei Giusti insieme alle istituzioni e a un folto gruppo di cittadini, tra cui moltissimi giovani. L’obiettivo è di avvicinare soprattutto loro, le nuove generazioni, a queste figure capaci di risvegliare le coscienze, combattere l’indifferenza ed essere d’esempio per promuovere l’impegno civile e l’assunzione personale di responsabilità. Dopo la cerimonia del mattino a Monte Stella, nel pomeriggio del 14 marzo, presso la Sala Alessi di Palazzo Marino, sono state consegnate le pergamene per dieci nuovi Giusti del Giardino Virtuale di Monte Stella – Adélaïde Hautval, Andrea Angeli, Maria Bertolini Fioroni, Don Nino Frisia, Gherard Kurzbach, Guido Ucelli e Carla Tosi Ucelli, Ludwig “Luz” Long, Mons. JP Carroll Abbing, Giandomenico Picco, Suor Leonella Sgorbati -, figure d’esempio morale e umano che ci ricordano come sia sempre possibile reagire a un’ingiustizia anche nelle situazioni più pericolose e difficili. La consegna delle pergamene è stata preceduta dagli interventi del console onorario d’Armenia e co-fondatore di Gariwo, Pietro Kuciukian, del presidente del Consiglio comunale, Lamberto Bertolé, e del vicepresidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, Giorgio Mortara.
«La figura dell’Uomo Giusto, lo Tzaddik, è presente sin dagli albori in tutta la letteratura ebraica, dalla Torà al Talmud sino alla saggistica e ai romanzi di testimonianza come l’Ultimo dei Giusti di Schwarz-Bart – ha osservato Giorgio Mortara -. Nel libro di Genesi si parla per la prima volta dei Giusti nel famoso episodio della distruzione di Sodoma e Gomorra». Mortara ha quindi spiegato che anche se Abramo non riuscì a salvare le due città, un risultato comunque lo ottenne nel celebre faccia a faccia con Dio: il farsi strada nella coscienza individuale dell’uomo del senso della responsabilità personale di ciascuno nei confronti dell’intera collettività umana, la consapevolezza che in capo a ogni uomo sta un dovere di solidarietà collettivo e che esso va oltre le appartenenze, le convenienze personali e le logiche di gruppo. «I Giusti, secondo i Profeti – ha rilevato Mortara – sono coloro che, anche a prezzo della propria vita, praticano solidarietà e accoglienza, soccorrono deboli e oppressi, non cedono all’idolatria, cioè all’adorazione di cose materiali». Praticare il Bene per un’umanità migliore vuol dire anche saper misurare le parole. Perché le parole hanno un grandissimo potere, costruttivo o distruttivo. Oggi vengono usate con troppa leggerezza e superficialità, spesso con lo scopo di manipolare, destabilizzare, seminare rancore o incitare all’odio, rappresentando una vera minaccia del nostro presente.
«Nel Krapar, l’armeno antico, la parola pan significa anche “fatto” o “cosa” – spiega Pietro Kuciukian –. È anche un concetto di azione (agire) ossia, quando una parola viene espressa in un determinato momento, provoca inevitabilmente una conseguenza nel tempo. Sono molte le parole che nell’arco della storia hanno sbloccato una situazione. Nel Male ma anche nel Bene». (Marina Gersony)