Tensioni tra Libano e Israele per raid su infrastrutture Hezbollah, mentre a Tel Aviv continuano le proteste

Israele

di Anna Balestrieri

Le autorità libanesi hanno duramente condannato i recenti attacchi aerei israeliani condotti su obiettivi nella periferia sud di Beirut, accusando Tel Aviv di aver infranto in modo palese la tregua stabilita a fine novembre. Secondo quanto riportato da fonti ufficiali, i raid hanno preso di mira strutture sotterranee collegate alla produzione di droni di Hezbollah, proprio alla vigilia della festività musulmana di Eid al-Adha.

Le reazioni dal Libano

Il presidente libanese Joseph Aoun ha definito l’azione israeliana “una flagrante aggressione” e una violazione delle intese internazionali, sottolineando con amarezza il tempismo dell’attacco: “Alla vigilia di una ricorrenza religiosa sacra, il Libano è stato colpito con disprezzo per ogni norma diplomatica e umanitaria.”

Anche il primo ministro Nawaf Salam ha diffuso una nota di ferma condanna, ribadendo che l’offensiva israeliana compromette gravemente l’accordo di cessate il fuoco siglato il 27 novembre 2024, che aveva l’obiettivo di porre fine a oltre un anno di scontri tra l’esercito israeliano e Hezbollah, gruppo armato filo-iraniano.

Secondo quanto riportato dalla stampa locale, gli attacchi si sono concentrati su impianti sotterranei ritenuti cruciali per le capacità operative del movimento sciita. Il governo libanese ha sollecitato una risposta internazionale e richiesto il rispetto della sovranità nazionale, accusando Israele di destabilizzare ulteriormente la regione in un momento già segnato da forti tensioni.

I fatti si inseriscono in un contesto di crescente instabilità al confine israelo-libanese, dove si susseguono scambi di fuoco, evacuazioni di civili e operazioni militari mirate. Il ritorno alle ostilità su vasta scala appare sempre più probabile, mentre la fragile tregua siglata sei mesi fa sembra vacillare di fronte a nuove provocazioni e ritorsioni.

Migliaia in piazza contro il governo: stop alla guerra, liberazione degli ostaggi e nuove elezioni

Migliaia di persone si sono radunate ieri sera, 5 giugno 2025, a Rabin Square, nel cuore di Tel Aviv, per partecipare a una nuova manifestazione contro il governo. I manifestanti chiedono la fine immediata delle operazioni militari nella Striscia di Gaza, il rilascio degli ostaggi ancora detenuti da Hamas e lo svolgimento di elezioni anticipate.

Il corteo, organizzato da movimenti pro-democrazia e da familiari degli ostaggi, ha visto sventolare cartelli e bandiere israeliane, in un clima carico di rabbia e frustrazione. Gli slogan rivolti al governo Netanyahu denunciano l’incapacità di porre fine al conflitto in corso e di riportare a casa i rapiti.

“Non si può continuare a combattere senza una strategia chiara e senza responsabilità politica,” ha dichiarato una manifestante, mentre altri invocavano il ritorno dello Stato alla normalità democratica, con un governo che rispecchi la volontà popolare.

Il raduno di Tel Aviv si inserisce in una più ampia ondata di proteste settimanali che si susseguono in diverse città del Paese da mesi, segnando un malcontento crescente nella società israeliana.

Netanyahu ammette: «Attivate milizie familiari palestinesi a Gaza per combattere Hamas»

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato giovedì, in un messaggio diffuso sui social, che Israele ha “attivato” alcune famiglie palestinesi a Gaza nella lotta contro Hamas. Si tratta della prima ammissione pubblica del sostegno israeliano a gruppi armati locali all’interno della Striscia, basati su reti familiari influenti.

Le milizie tribali, che storicamente detengono un certo controllo su porzioni di territorio a Gaza, hanno spesso avuto rapporti tesi o addirittura conflittuali con Hamas. Alcuni di questi gruppi sono stati accusati da residenti e operatori umanitari di atti criminali e furti di aiuti umanitari. Diverse famiglie hanno pubblicamente preso le distanze da tali episodi e negato ogni collaborazione con Israele.

L’annuncio di Netanyahu è arrivato poco dopo che un esponente dell’opposizione lo aveva criticato per aver armato gruppi non ufficiali di palestinesi. In un video pubblicato sul suo profilo X (ex Twitter), il premier ha spiegato che la decisione è stata presa su raccomandazione delle autorità di sicurezza, con l’obiettivo dichiarato di ridurre le perdite tra i soldati israeliani.

Un funzionario israeliano, rimasto anonimo, ha indicato tra i gruppi coinvolti le cosiddette “Forze Popolari” guidate da Yasser Abu Shabab, un capo clan di Rafah. Il gruppo ha recentemente dichiarato di essere impegnato nella protezione dei convogli umanitari diretti verso i nuovi centri di distribuzione supportati da Israele nel sud della Striscia.

La stessa famiglia Abu Shabab, tuttavia, ha preso pubblicamente le distanze da Yasser, dichiarando che lui e chiunque collabori con lui “non fa più parte della famiglia”, in aperta condanna del suo coinvolgimento con l’esercito israeliano.