Stonehenge sul Golan, 5.000 anni di mistero

Israele

di A. B.

Esoterici di tutto il mondo esultate! Fan-club di Stargate, tutti proiettati verso l’infinito e oltre, esultate alla notizia di un altro “cancello” magico, un sito pieno di magnetismo e di messaggi cifrati, codici simbolici da decifare e vecchie pietre misteriose da visitare. In una landa delle alture del Golan, brulla e battuta dal vento, fra mucche vaganti, campi minati e zone di addestramento per i blindati israeliani, viene custodito un segreto vecchio di cinque millenni. Un appartato “Stonehenge” del Medio Oriente, ignoto ai più.

È un sito, unico nel suo genere in tutta la Regione, che consiste di cinque cerchi concentrici di pietre impilate, tre dei quali con un notevole spessore. Presenta due aperture: una verso nord-est, l’altra verso sud-est. Al centro c’è un tumulo monumentale, dove nella notte dei tempi fu sepolto un personaggio di spicco. Ma millenni dopo, ladri avidi di reliquie lo svaligiarono, trafugando per sempre ogni residua traccia della sua identità.

In arabo si chiama Rogem-Hiri, il Tumulo del Gatto Selvatico: se c’era una spiegazione, è andata persa nei secoli. In ebraico è noto invece come Gilgal-Refaim, la Ruota dei Giganti. Potrebbe avere a che fare col biblico Og, monarca del Bashan: un personaggio che aveva messo radici in quelle terre e che – si narra – lasciò esterrefatti gli israeliti per la sua altezza smisurata. Il testo biblico lascia aperta la possibilità che fosse della stirpe del gigante Golia.

Oggi, sull’origine di Rogem-Hiri – quella che qualcuno ha già ribattezzato “la Stonehenge del Golan” – aleggiano pochi dati concreti e una lunga lista di supposizioni contraddittorie. Il sito è composto da pietre di basalto, disposte lungo cerchi concentrici, il più largo dei quali ha un raggio di 150 metri. In tutto furono impiegate 42 mila tonnellate di basalto. Cinque millenni fa – ha calcolato l’archeologo Yonathan Mizrahi – una squadra di 100 manovali, che avesse lavorato otto ore al giorno, sei giorni la settimana avrebbe potuto completare l’opera – e chissà con quali mezzi – in sei anni. Dietro tanto impegno, si presume, c’era una società non più nomade, organizzata gerarchicamente.

All’alba d’ogni 21 giugno, giorno del solstizio d’estate, il primo raggio di sole illuminava il centro del cerchio, attraverso l’apertura nord-orientale. Da Rogem-Hiri, inoltre, la vicina vetta del Monte Hermon si staglia a segnare esattamente il nord. Gli autori del progetto, dunque, avevano presumibilmente familiarità con le scienze astronomiche. Ma cosa fu quel sito? Forse un sepolcro, azzarda qualcuno. Diversi studiosi tuttavia lo escludono, poiché il tumulo centrale appare essere posticcio, elevato molto tempo dopo la costruzione dei cerchi concentrici. E contrappongono altre suggestioni: quella di una specie di calendario di pietra o magari di una stazione d’osservazione celeste, come lascia pensare l’apertura di nord-est. La seconda apertura, quella sud-orientale, resta d’altra parte un arcano. E così c’è chi immagina che Rogem-Hiri fosse piuttosto un luogo di culto di massa, anche se all’interno dei cerchi il passaggio è impedito da solide pareti.

Gli scarsi oggetti recuperati nell’area (in prossimità del tumulo), sono in ogni modo esposti nel vicino museo archeologico di Katzrin: poche frecce bronzee e tre orecchini d’oro della tarda età del bronzo.

Da qualche anno, il 21 giugno, appassionati israeliani di New Age hanno preso intanto a darsi appuntamento presso il Tumulo del Gatto Selvaggio per trascorrere la nottata in attesa del primo roseo raggio di sole. Poco conta che in 5.000 anni la disposizione planetaria sia cambiata di mezzo grado: l’importante, per loro, è avvertire un fremito d’infinito. Per il momento, spiegano i responsabili del museo, non si tratta di un fenomeno di massa. “La fortuna di Rogem-Hiri – aggiungono con una punta di sollievo e di malizia – è che si trova oggi in una zona d’esercitazioni militari, dove spesso è vietato l’ingresso ai civili”. Un modo per contribuire a tenerne al riparo l’integrità e i misteri.