Sergio Della Pergola e il dopo-elezioni israeliane

Israele

“Quella di Sharon – commenta Sergio Della Pergola – è in ogni caso una scommessa vinta”. Lo studioso, protagonista di una serata straordinaria nella sede dell’Adei milanese, invitato dal Nuovo Convegno, ha offerto ai presenti un commento a caldo sugli esiti delle elezioni israeliane. Della Pergola ha dato un contributo determinante alla nascita di Kadima consigliando Ariel Sharon sulle strategie sociali e demografiche, ha trascorso con il primo ministro israeliano le ultime ore prima dell’ictus che lo ha colpito e ha una lunga consuetudine di lavoro con Ehud Olmert, il suo successore e prossimo primo ministro, avviata per definire il futuro di Gerusalemme quando il nuovo leader era primo cittadino della capitale, vede nel voto israeliano un segnale confortante. Figlio di Massimo Della Pergola, il mitico giornalista triestino recentemente scomparso che inventò il Totocalcio, coordinatore del Rapporto strategico sul futuro del popolo ebraico che ha fatto da guida a Sharon, lo studioso insegna all’università Ebraica di Gerusalemme e alla Brandeis di Boston ed è considerato uno dei massimi esperti mondiali di dinamiche demografiche.

Anche ora che il vecchio leader è relegato in un letto d’ospedale?

“Il giorno in cui il primo ministro è stato colpito da un ictus, prima del malore era sereno e lucido. Ho verificato con lui la possibilità di avviare nuove politiche sociali che consentano alle famiglie israeliane di avere i figli che desiderano.

Lei crede nelle campagne nataliste?

Per nulla, ma sono convinto che nel mondo occidentale ci sia un divario importante da colmare far il desiderio delle famiglie di avere un certo numero di figli e la loro effettiva possibilità di raggiungere questo obbiettivo.

Anche Sharon se ne sentiva convinto?
Certo, tanto che abbiamo avviato un progetto di politiche sociali destinato a partire dalla prossima estate. E che gli ho chiesto scherzando se poi era tanto sicuro che sarebbe stato ancora lui, dopo la prova elettorale, a raccogliere i frutti di questo lavoro. Sharon si è limitato a sorridere. Poco dopo ho appreso del suo malore e mi è venuto da pensare che aveva perso la sua scommessa. Oggi capisco che mi sbagliavo.

Perché?

La sua iniziativa si è dimostrata coraggiosa e riuscita. Ha cercato di dare risposte concrete ai grandi temi delle difesa e della crescita economica, senza trincerarsi in risposte rigide, precostituite e dettate dall’ideologia, come ha fatto Netanyahu.

Come può essere inquadrata la situazione demografica in Israele?

Sulla terra dell’ex mandato britannico (Israele e Palestina) vivono circa 10,5 milioni di persone. Gli ebrei rappresentano circa il 50 per cento di questa popolazione. Gli arabi israeliani sono circa 1,3 milioni, mentre nei territori vivono circa 3,3 milioni di palestinesi. Con la tendenza demografica attuale nel 2050 gli ebrei sarebbero il 35 per cento del totale. Dobbiamo capire che Israele non potrà essere contemporaneamente grande (e quindi esente dalle concessioni territoriali), ebraico e democratico. Sarà necessario rinunciare almeno a una di queste tre prerogative. Per questo il nuovo Governo è orientato a fare delle concessioni territoriali.

Che altro ha significato, questa prova elettorale israeliana?

L’alto numero degli indecisi ha finito per favorire una reazione ingenua e la nascita di nuovi movimenti qualunquisti. Anche in questo caso credo sia bene vedere il lato positivo del fenomeno: dare vita a un partito dedicato alle esigenze dei pensionati, per esempio, non risolverà certo i problemi complessivi, ma concede all’elettorato quelle piccole intemperanze superficiali comuni a tutta l’Europa, che una volta non si sarebbero considerate acconcie a un popolo costretto a difendersi da oltre mezzo secolo. E’ un modo per dire che anche gli israeliani sono dei normali cittadini che vivono in una democrazia progredita. Questi voti sono sfuggiti tutti a Kadima, perché se Olmert è stato molto abile portando a casa gli obbiettivi di fondo che Sharon si era dato, la campagna elettorale ha comunque dovuto fare a meno del ruggito del vecchio leone capace di chiamare a raccolta gli indecisi.

La sconfitta della vecchia destra ideologica e nazionalista e la nascita di un nuovo partito, realistico, trasversale, agile nell’identificare nuovi obbiettivi, capace di chiamare a raccolta tutti i moderati, cosa significa?
Il sogno di Sharon oggi è una realtà concreta. Il mito della grande Israele è stato liquidato dall’elettorato attraverso un superamento e non una sconfitta. Essere capaci di uscire dalla stasi era una delle finalità del vecchio leader.

Olmert ha già chiarito che l’esperimento dell’abbandono della striscia di Gaza sarà moltiplicato con altri ritiri unilaterali dai territori occupati. Sono solo gli ideali nazionalistici a dover andare in soffitta?
No, il superamento mette fuori gioco tutte le ingenuità delle vecchie ideologie. Fra i due poli pace a tutti i costi e guerra inevitabile ci sono molte strade da percorrere. Il compito dei politici di valore, in definitiva, è quello di andarle a cercare.

Guido Vitale (direttore@mosaico-cem.it)

Ecco la cronaca della serata milanese

Paola Sereni, presidente del Nuovo Convegno, che il 30 marzo ha fatto gli onori di casa, lo ha detto a nome di tutti: eravamo tutti molto desiderosi di sentire un’opinione di prima mano sui risultati delle elezioni israeliane, prima di essere invasi dai commenti dei nostri giornali, e Sergio Della Pergola non ci ha deluso fornendoci degli eccellenti spunti di riflessione sull’esame del voto.

Ha parlato della normalità della situazione israeliana, che contrasta con l’immagine “sparata” che ne danno i giornali italiani, che hanno un atteggiamento verso quello Stato nel bene e nel male troppo appassionato e troppo esigente: da Israele si pretende sempre qualcosa di più. La nostra stampa ha riservato all’evento un’attenzione che non viene data ad altre elezioni e la “normalità” con cui si è svolto l’evento è diventato quindi un fatto “anormale” per gli standard di Israele.

L’oratore ci ha fatto capire la valenza di quella rivoluzione, quella metamorfosi avvenuta nella politica israeliana con la creazione di Kadima e ha ricordato la svolta di Sharon che risale al 2002, e la creazione di questo partito di centro che – a differenza di quanto era avvenuto con analoghe operazioni politiche del passato che si erano concluse con fallimenti e perdita secca di consensi – è riuscito a imporsi e a diventare il primo partito politico. Le elezioni hanno sancito il consenso alla svolta il cui punto forte è il disimpegno dalla Cisgiordania. Le prove generali erano avvenute durante il ritiro da Gaza, alla cui vigilia Sharon aveva riconosciuto che il passo doloroso era necessario per il bene del paese, implicitamente prendendo le distanze dalla rigidità di parte del suo quasi ex-partito Likud. Il paese lo aveva seguito, gli “arancioni” ossia quelli assolutamente contrari al ritiro, coloni e non, si erano dimostrati una minoranza controllabile (10%). E quindi la nascita di Kadima, e soprattutto la sua tenuta elettorale (Sharon-Olmert si sarebbero accontentati di una percentuale assai inferiore al 28%, circa la metà, per potersi fare ago della bilancia in future coalizioni), anticipata anche se in maniera non esattamente corretta, stando a Sergio Della Pergola, dai sondaggi.

Poi, rispondendo alle domande del pubblico, ha raccontato della matematica elettorale, ha fatto un esame delle percentuali ottenute da ciascun partito, compreso il “partito” degli astenuti, le possibili alleanze, l’analisi del sorprendente risultato del partito dei Pensionati, che è stato anche un voto che esprime insoddisfazione, sfiducia nei partiti tradizionali (sembra che moltissimi dei voti ottenuti provengano da giovani), gli altri punti del programma di Kadima (attenzione per la Diaspora, crescita e distribuzione della ricchezza).

E il problema di Hamas? Anche in quel caso la vittoria strepitosa è dovuta a sfiducia verso il partito di Arafat, che non ha saputo raccogliere le istanze né rispondere ai bisogni della gente. Ora si tratta per loro di gestire principalmente l’emergenza economica, gravissima, il che potrebbe indurre a maggior pragmatismo i dirigenti eletti. Mentre nei rapporti con Israele, è presumibile che si creino dei contatti sotterranei anche con l’aiuto di intermediari non ufficiali.

L’ultimo dei problemi affrontati è stato quello di Gerusalemme, che andrà risolto nell’ambito del piano di ridimensionamento dei confini municipali e che prevede di rinunciare al controllo di parte della città, quella araba, anche tenendo conto di elementi demografici: si tratta di un antico progetto presentato da Della Pergola a Olmert quand’era sindaco di Gerusalemme. Il tema non è entrato negli argomenti particolarmente trattati in campagna elettorale data la difficoltà e delicatezza. La città potrebbe venir divisa in una parte ebraica e una parte araba. E la zona del Monte del Tempio? Secondo l’avvocatessa Ruth Lapidot, massima esperta in materia, la gestione di tutta l’area dovrebbe essere affidata al Creatore.

Lia Sacerdote