Massimo Della Pergola, ebraismo e sport

È mancato a Milano il 12 marzo Massimo Della Pergola. Giornalista sportivo e grande appassionato di sport, è stato segretario generale dell’Associazione internazionale della Stampa Sportiva dal 1977 al 1988 e ha contribuito a più di 65 testate quotidiane e periodiche, a trasmissioni radiofoniche e televisive e agenzie di stampa.
Ha seguito da cronista 14 Olimpiadi e 11 Campionati mondiali di calcio.
Nominato Grande ufficiale della Repubblica italiana, insignito dell’Ambrogino d’oro, coniò il termine “Universiadi” per i campionati sportivi universitari.

Triestino, figlio di rabbino, sionista convinto, si è adoperato per molti anni a diffondare con le Maccabiadi quello spirito sportivo che doveva contribuire a far conoscere, tramite la presenza degli atleti israeliani, lo Stato d’Israele nel mondo, anche in quello più politicamente ostile. Dal 1960 è stato presidente della Federazione italiana Maccabi e dal 1961 al 1989 è stato l’organizzatore della squadra italiana Maccabi che ha partecipato alle Maccabiadi in Israele.
Ma Massimo Della Pergola è anche noto come l’inventore del Totocalcio.
Il Totocalcio nacque infatti in Svizzera, nel campo di internamento di Pont de la Morge, quasi sulle rive del Rodano, nel quale si trovava nel 1944 il giornalista. Massimo Della Pergola, in quanto ebreo, era infatti dovuto fuggire dall’Italia in seguito alle persecuzioni razziali. “Nel campo”, raccontava Della Pergola in una vecchia intervista di alcuni anni fa, “ero solo un numero, il 21.915 ed ero addetto ai lavori di sterro”. Così, per dimenticare la sua situazione, cominciò a lavorare con la mente attorno a un fantastico “progetto”: creare un’organizzazione capace di assicurare allo sport italiano i finanziamenti necessari alla sua rinascita e al suo sviluppo. Alla base dell’iniziativa ci sarebbe stato quel piccolo demone, la scommessa.
Appunti, intuizioni, calcoli cominciarono così a gonfiare una cartellina con sopra una grossa “P”. Il progetto prendeva le mosse da alcuni concorsi pronostici già esistenti in Inghilterra, Svezia e Svizzera, ma le caratteristiche del gioco furono modificate per renderlo più aderente al tipo di campionato che si sarebbe dovuto svolgere in Italia e anche alla mentalità particolare dei giocatori italiani. Si trattava, in definitiva, di prevedere il risultato di 12 partite scrivendo su una schedina i fatidici segni 1-X-2.
Nell’estate 1945, finita la guerra, Massimo Della Pergola ritornò in Italia con il suo Progetto pronto fin nei minimi particolari e la ferma determinazione a realizzarlo. Il primo grosso ostacolo fu quello di trovare i fondi necessari per dare l’avvio all’iniziativa. “Chiesi dei prestiti e cercai eventuali soci”, raccontava Della Pergola “ma invariabilmente mi veniva risposto che ero matto. Gli industriali a cui mi rivolgevo mi mettevano alla porta dicendo di non aver tempo da perdere. Tenni duro e fondai la SISAL (Sport Italia società a responsabilità limitata, senza la erre che rendeva la sigla poco orecchiabile)”.
Suoi soci divennero Fabio Jegher e Geo Molo, due giornalisti svizzeri che Della Pergola aveva conosciuto durante il suo internamento in Svizzera. Capitale iniziale della società: 300.000 lire, 100.000 a testa. Vinta anche la battaglia della carta bollata con i ministeri dell’Interno e delle Finanze che dovevano rilasciare il permesso per la gestione del gioco, il 17 gennaio 1946 fu firmato un contratto di appalto tra il CONI e la SISAL e il 5 mggio 1946 fu lanciato il primo concorso pronostici. C’erano voluti circa quattro mesi per mettere a punto la complessa rete organizzativa (dieci uffici di zona interregionali e una cinquantina di succursali provinciali, tranne che in Sicilia e Venezia Giulia, dove furono istituiti l’anno successivo).

Per le ricevitorie si pensò ai bar, che da sempre per gli italiani erano centri di discussione e polemiche sulle partite, e in un bar venne il suggerimento del prezzo della schedina: 30 lire a colonna, quanto un aperitivo. “Non fu determinato in base a un calcolo economico”, spiegava Della Pergola “gli italiani, pensai, potranno comprare la speranza al prezzo di un vermut”.
La prima settimana di gioco l’incasso delle giocate fu di 1.908.360 lire. Vinse Emilio Biasetti, impiegato milanese poco più che trentenne, che aveva giocato nel Bar Si, in Galleria, la schedina 1, 1, X, X, X, X, X, X, 2, 1, 1, 1 (vincita 463.846 lire, l’intero monte premi). A lui seguirono ogni settimana centinaia di vincitori, alcuni anche milionari. Anzi, le grosse vincite divennero abbastanza usuali e Totocalcio divenne sinonimo di milioni (nel luglio 1948, allo scadere del contratto di gestione tra CONI e SISAL, lo Stato affidò la gestione del concorso al CONI cambiandone il nome in Totocalcio, e nel 1951 le partite da indovinare divennero 13.

Massimo Della Pergola, l’inventore di questo concorso era fuori dall’organizzazione ma la sua idea era stata tanto geniale da essere stato ricordato, anche oggi che è mancato, come colui che per primo ha invitato gli italiani a sognare. Un sogno di un uomo fondamentalmente ottimista che neanche la discriminazione razziale e la fine della sua libertà personale erano riusciti a piegare.