di Davide Cucciati
Il mondo della cultura israeliana è scosso da un acceso confronto pubblico che vede contrapposti, da una parte, molti artisti firmatari di una petizione contro la guerra in corso a Gaza e, dall’altra, voci come quella dell’attore e cantante Idan Amedi.
Secondo quanto riportato da Ynet il 4 agosto 2025, più di mille artisti israeliani, tra cui la cantante Nurit Galron, hanno sottoscritto una dichiarazione intitolata “Fermate l’orrore a Gaza”, in cui si afferma che “ci troviamo, contro la nostra volontà e i nostri valori, complici, come cittadini israeliani, degli eventi orribili che stanno avvenendo a Gaza: l’uccisione di bambini e civili, la fame, lo sfollamento della popolazione e la distruzione insensata delle città gazawi”. Il testo chiede esplicitamente ai leader politici e militari israeliani di “non dare né eseguire ordini illegali”, di non “abbandonare la moralità umana e i valori etici dell’ebraismo”, e conclude con un appello: “Fermate la guerra. Liberate gli ostaggi”.
La petizione ha suscitato dure reazioni. Il ministro della Cultura Miki Zohar, citato anch’egli da Ynet, ha definito il testo “delirante” e ha accusato i firmatari di umiliare l’intera collettività israeliana, dai riservisti ai soldati caduti. In un post su X, Zohar ha scritto: “In uno sforzo maldestro di compiacere una piccola parte della società israeliana, nel nome di una moralità distorta, avete infangato e umiliato un intero popolo. Ritirate le vostre firme vergognose. Prendete esempio da Moran Atias e Idan Amedi, che rappresentano la sanità mentale e il patriottismo che voi avete tristemente perso”.

Proprio Idan Amedi ha reagito con forza, commentando la notizia direttamente sulla pagina Instagram del giornalista che l’aveva diffusa. Sempre Ynet riporta che Amedi ha definito i firmatari “disconnessi dalla realtà e diffusori di fake news”. Ha scritto: “Ogni casa a Gaza è piena di propaganda antisemita e anti-ebraica, dai ritratti dei ‘martiri’ agli adesivi con scritto: ‘Con il sangue e il fuoco conquisteremo Gerusalemme’. Un gruppo di privilegiati che riecheggia stupidità, ignoranza e menzogne. Non esiste al mondo un altro esercito che operi in un’area così densamente popolata provocando così pochi danni collaterali. È un fatto. Andate a controllare”.
In precedenza, Amedi aveva già pubblicato un post su Facebook nel quale criticava il tempismo della petizione, diffusa proprio nei giorni in cui erano emerse le immagini drammatiche degli ostaggi israeliani Evyatar David e Rom Breslavski nelle mani di Hamas. “Nel giorno in cui vediamo i nostri fratelli nel 2025 ridotti come Muselmanner (termine usato nei campi di concentramento per indicare i prigionieri ridotti allo stremo da fame e disperazione ndr), sottoterra a scavarsi la fossa, fate un giorno in un tunnel, combattete come decine di migliaia di riservisti, poi firmate petizioni. Siete patetici. Ne abbiamo abbastanza”.
Il 4 agosto, nel corso della presentazione del suo nuovo film su Keshet, Amedi è tornato sull’argomento, assumendo toni più concilianti. Infatti, egli ha dichiarato: “C’è stata un po’ di tempesta ieri. Sono consapevole della strumentalizzazione che ha provato a far passare le mie parole come se stessi aprendo la strada a una guerra senza fine. Ma io odio la guerra”. Inoltre, l’artista ha ricordato il suo impegno personale per il ritorno dei rapiti anche nei momenti in cui l’opinione pubblica sembrava disinteressarsene: “Tutta la mia vita adulta l’ho dedicata a riportare a casa i rapiti, anche quando erano solo quattro. Non c’è nulla di più importante del riportare a casa i nostri fratelli, vivi o morti”.
Amedi, che a gennaio 2024 è stato gravemente ferito a Gaza durante il servizio di riserva nell’unità del Genio di Tzahal, ha difeso con decisione l’operato dell’esercito: “I miei genitori mi hanno cresciuto nell’amore per Israele, e con quello sguardo io e mio fratello guardiamo il mondo. Non posso stare zitto quando i miei fratelli e sorelle vengono accusati di crimini di guerra. I soldati che hanno corso verso il fuoco il 7 ottobre non sono criminali di guerra. Sono il nostro scudo, fisico e morale. Anche per chi firma petizioni contro di loro”.
Nel suo discorso, l’artista ha rivolto un appello ai colleghi firmatari della petizione: “Non abbiamo bisogno di prediche. Abbiamo bisogno di una società che ci sostenga e che creda che stiamo facendo del nostro meglio per proteggere tutti. Fidatevi di noi: il nostro cuore è al posto giusto”. Amedi ha concluso la serata sottolineando che l’attenzione dovrebbe rimanere sul destino dei rapiti: “Spero che tutti riusciremo a concentrare le nostre forze su ciò che conta davvero: riportare a casa i nostri fratelli. È questa la cosa più importante”.