Israele: superati i 10 milioni, 35.000 ebrei hanno fatto l’Aliyah dopo il 7 ottobre

Israele

di Michael Soncin
Provengono da 100 paesi diversi e un terzo di loro ha un’età compresa tra i 18 e 35 anni. Dei 35.000 ebrei immigrati in Israele dopo il pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023, sono 31.000 [alcune stime parlano di 32.800] quelli che si contano per il 2024. È quanto si legge da Algemeiner, secondo i dati pubblicati nei giorni scorsi dell’Agenzia ebraica per Israele. Un fenomeno che non si è fermato nonostante la guerra, ma c’è anche chi lascia per trasferirsi all’estero e chi torna.

Molti gli israeliani emigrati

Pur essendoci stati molti ebrei che nel 2024 si sono trasferiti in Israele, in contemporanea è alto il numero degli israeliani che nello stesso anno sono emigrati in altri paesi. Ne parla il Times of Israel, dove secondo l’Ufficio centrale di statistica sarebbero 82.700 i cittadini dello stato d’Israele, conteggiati come trasferiti all’estero (considerati tali anche coloro che hanno trascorso la maggior parte del periodo fuori dal paese). La causa sarebbe da imputare oltre che per la guerra anche per i vari disordini politici interni. L’anno precedente gli abitanti che sono emigrati erano 55.000. Invece, nel decennio scorso sono in media 35.000 all’anno.

Inoltre, il superamento dei 10 milioni di cittadini, un episodio che si registra per la prima volta nella storia dello Stato Ebraico, sarebbe anche dovuto all’inclusione nel conteggio dei cittadini stranieri che si sono fermati nella nazione per soggiorni a lungo termine: dato che era stato omesso dai precedenti conteggi.

Dei 10 milioni, 7,7 milioni sono registrati come ebrei o “altri”, ovvero cristiani arabi o coloro che non rientrano in nessuna categoria etnica presente nei documenti officiali, mentre gli israeliani arabi sono all’incirca 2,1 milioni. Dei 181.000 bambini nati in Israele nel 2024, il 76% è nato da madri ebree e il restante 24% da madri arabe.

Questa non è però una partenza di massa

Pur essendo stato alto il numero di chi ha lasciato il paese rispetto agli anni precedenti, bisogna fare una riflessione concreta attraverso i numeri. Diversi media l’hanno addirittura definito un esodo, ma così non sarebbe. A dirlo è Neil Seeman, Senior Fellow al Massey College dell’Università di Toronto, su Algemeiner.

Seeman spiega, da un’altra prospettiva, che oltre allo storico traguardo dei 10 milioni di cittadini, nel conteggio, assieme al record dei 82.700 israeliani emigrati nel 2024, «la migrazione netta sarebbe di 26.100 individui, se si considerano i 32.800 nuovi immigrati e i 23.800 israeliani che sono tornati a casa nonostante la guerra, a testimonianza del fascino duraturo della nazione».

Nelle stime del 2024 sulla migrazione netta, riportati dal CIA World Factbook, Israele non comparare nei primi 50 paesi. Ci sono invece nazioni come Indonesia, il Qatar, Pakistan, Perù, Turchia e Marocco. Per questo motivo Seeman invita ad riflettere sul racconto propalato dei media di “fuga da Israele”.

Già il Guardian nel dicembre 2023 aveva parlato di “esodo di massa”, Reuters, sempre in quel periodo di “israeliani che cercano rifugio all’estero”, mentre circa due settimane fa l’Associated Press ha scritto che “le informazioni indicano un’ondata di israeliani che se ne vanno”. Dati che risulterebbero fuorvianti e dipingono un’immagine un po’ diversa dalla realtà.

Un pregiudizio di conferma

Tra l’altro, analizzando il quarto trimestre del 2023, l’immigrazione in Israele ha visto un aumento del 25 per cento. Tutto questo dopo i massacri del 7 ottobre.

Interessante la citazione fatta da Seeman di due psicologi cognitivi israeliani, Daniel KahnemanAmos Tversky, che avrebbero chiamato il caso “pregiudizio di conferma”, dove gli osservatori interpretano le informazioni con lo scopo di confermare le convinzioni preesistenti, in questo caso sulla loro presunta e inesorabile fine di Israele.

Sostegno paritario tra gli ebrei della diaspora e quelli israeliani

C’è chi lascia, chi arriva e chi ritorna, ma lungo questo flusso di via e vai c’è un intreccio fatto di solidarietà. Tra gli ebrei della diaspora e quelli residenti in Israele c’è stato un aiuto reciproco. Oltre 11.000 famiglie israeliane colpite dal terrorismo sono state aiutate dagli ebrei degli altri paesi attraverso donazioni per la ricostruzione, per un totale che equivale a circa 20 milioni di euro.

Al contempo, vista la vertiginosa crescita dell’antisemitismo in tutto il mondo, l’Agenzia ebraica si è impegnata per rafforzare la sicurezza delle comunità ebraica fuori di Israele, investendo una cifra pari a 5 milioni di euro, attraverso l’invio di 2300 agenti in 65 paesi.

«L’impegno reciproco tra gli ebrei del mondo e Israele è un raggio di luce in uno dei periodi più difficili della nostra storia comune. Abbiamo lavorato insieme per rafforzare Israele all’ombra della guerra e la sicurezza delle comunità ebraiche in seguito alle ondate di antisemitismo in tutto il mondo. L’Agenzia ebraica continuerà a costruire la partnership strategica tra gli ebrei della diaspora e Israele e consentirà a ogni ebreo nel mondo di prendere parte alla costruzione del nostro futuro comune ». Ad affermarlo è stato Yehuda Setton direttore dell’Agenzia ebraica.

Tra i gesti di solidarietà ed unione c’è stato anche un impegno nel sostegno allo Stato Ebraico, sensibilizzando l’opinione pubblica per rilascio degli ostaggi.