Fotoreporter o complici di Hamas? L’inchiesta di HonestReporting

Israele

di Sofia Tranchina
Cosa ci fanno dei fotogiornalisti di rinomate agenzie d’informazione sul confine tra Gaza e Israele in un tranquillo sabato mattina? Come si sono trovati casualmente a documentare il più grande pogrom antisemita dal ’48, circondati da terroristi, mentre il mondo ancora non sapeva cosa stesse succedendo? A queste domande ha cercato di rispondere l’inchiesta di HonestReporting.

Il mestiere di fotoreporter è un mestiere che pone continui dilemmi etici a chi lo pratica. Spesso, il fotoreporter si ritrova a dover documentare atrocità di ogni genere senza poter intervenire: la macchina fotografica e la penna sono le sue uniche armi. E non è affatto inusitato che un giornalista si ritrovi al posto “giusto” al momento “giusto” per poter documentare eventi senza preavviso” (benché certamente non ci sia nulla di giusto nel massacro del 7 ottobre), e anche nella sua capacità di improvvisare un reportage davanti a fatti improvvisi sta la sua bravura.

Tuttavia, nelle documentazioni mediatiche del 7 ottobre risultano alcune preoccupanti coincidenze, che sono state indagate da HonestReporting e riprese da altri giornali.

«È ormai evidente che Hamas aveva pianificato l’attacco del 7 ottobre contro Israele da molto tempo: la sua portata, i suoi obiettivi brutali e la sua massiccia documentazione sono stati preparati da mesi, se non da anni. Tutto è stato preso in considerazione: gli schieramenti, i tempi, nonché l’uso di bodycam e video di telefoni cellulari per condividere le atrocità».

Infatti, è apparso chiaro da subito che i terroristi volevano documentare e diffondere il più possibile le sadiche atrocità compiute, nel tentativo di influenzare il pubblico e allargare la jihad.

Quattro nomi spiccano tra i crediti delle foto del 7 ottobre: Hassan Eslaiah, Yousef Masoud, Ali Mahmud e Hatem Ali.

Eslaiah, un fotografo e giornalista freelance palestinese che lavora anche per la CNN, è entrato in Israele il 7 mattina e ha scattato foto di un carro armato israeliano in fiamme e degli infiltrati palestinesi che entravano nel Kibbutz Kfar Aza.

Su X (ex Twitter) ha postato un video di sé stesso davanti al carro armato, senza né giubbotto stampa né casco, con la didascalia “in diretta dall’interno degli insediamenti della Striscia di Gaza”: «tutti quelli che erano all’interno di questo carro armato sono stati rapiti poco tempo fa dalle Brigate al-Qassam, come abbiamo visto con i nostri occhi» (traduzione dall’arabo di Ynet). Inoltre, è emersa una foto che mostra Eslaiah in uno dei rifugi con il leader criminale di Hamas Hajia Sinwar, la mente dietro al massacro del 7 ottobre, che lo abbraccia e lo bacia sulla guancia.

Hassan Eslaiah (a destra) con Hajia Sinwar

 

Si è ingrandito così il dubbio che alcuni dei fotogiornalisti fossero stati avvisati in anticipo dell’imminente attacco, e che abbiano deciso di tacere il pericolo agli organi di sicurezza per riservarsi il vantaggio mediatico che avrebbero avuto essendo gli unici a trovarsi sul posto.

«Cosa facevano lì così presto, in quello che normalmente sarebbe stato un sabato mattina tranquillo? Era tutto coordinato con Hamas? Le rispettabili agenzie di stampa, che hanno pubblicato le loro foto, approvavano la loro presenza in territorio nemico, insieme agli infiltrati terroristici?» chiede il rapporto.

Anche Yousef Masoud, che lavora anche per il New York Times, era lì «giusto in tempo per mettere piede in territorio israeliano e scattare altre foto dei carri armati»; Ali Mahmud ha ripreso il camioncino che trasportava il corpo del tedesco-israeliano Shani Louk; Hatem Ali ha filmato diversi rapimenti di israeliani a Gaza; Abu Mustafa ha scattato foto di una folla che linciava e brutalizzava il corpo di un soldato israeliano che veniva trascinato fuori dal carro armato.

«Quando le agenzie di stampa internazionali decidono di pagare per materiale mediatico catturato in circostanze così problematiche, i loro standard potrebbero essere messi in discussione e il loro pubblico merita di saperlo. E se i loro uomini sul campo collaborassero attivamente o passivamente con Hamas per ottenere gli scatti, dovrebbero essere chiamati a ridefinire il confine tra giornalismo e barbarie», si legge nell’inchiesta.

Resta sospesa la possibilità che i loro datori di lavoro, ovvero le testate giornalistiche, fossero state informate dai reporter e abbiano preso parte all’omertà. In particolare, l’inchiesta ha accusato la CNN, l’Associated Press, Reuters, e il New York Times.

La CNN ha reagito sospendendo tutti i legami con Eslaiah: «siamo a conoscenza dell’articolo e della foto riguardanti Hassan Eslaiah, un fotoreporter freelance che ha lavorato con numerosi organi di stampa internazionali e israeliani. Anche se in questo momento non abbiamo trovato motivo di dubitare dell’accuratezza giornalistica del lavoro che ha svolto per noi, abbiamo deciso di sospendere ogni legame con lui».

L’Associated Press ha risposto che «non era a conoscenza degli attacchi del 7 ottobre prima che accadessero. Il ruolo dell’AP è quello di raccogliere informazioni sugli eventi dell’ultima ora in tutto il mondo, ovunque accadano, anche quando quegli eventi sono orribili e causare vittime di massa. AP utilizza immagini scattate da freelance in tutto il mondo, inclusa Gaza».

Anche Reuters ha negato le accuse: «Reuters nega categoricamente di essere a conoscenza dell’attacco o di aver coinvolto giornalisti con Hamas il 7 ottobre. Reuters ha acquisito fotografie di due fotografi freelance con sede a Gaza che erano al confine la mattina del 7 ottobre, con i quali non ha una relazione precedente. Le fotografie pubblicate da Reuters sono state scattate due ore dopo che Hamas ha lanciato razzi sul sud di Israele e più di 45 minuti dopo che Israele ha dichiarato che uomini armati avevano attraversato il confine».

Il New York Times, invece, non ha ancora risposto alle richieste dei media di commentare.

La Direzione della Diplomazia Pubblica israeliana presso l’ufficio del Primo Ministro ha affermato che considererà severamente il fenomeno dei giornalisti che coprono le atrocità di Hamas, qualora venisse verificato che erano «complici dei crimini contro l’umanità». La stampa di Gerusalemme ha chiesto di aprire un’indagine approfondita sull’argomento.